Alessandro Zampa, storico preparatore dei portieri dell'Udinese tra gli anni '90 e i primi del 2000, è stato contattato dal Messaggero Veneto. Ai microfoni del giornale ci racconta un po' l'esperienza da lui vissuta al Porto (2004) insieme all'attuale tecnico bianconero, Luigi Delneri. Avventura brevissima e finita male, ecco il perchè.
Zampa racconta il Delneri di allora: «Uno con cui ho fatto amicizia immediatamente. Ci ha sempre legati l’amore per la nostra terra, il Friuli, ci siamo stimati dal primo minuto. Eravamo entrambi ambiziosi e vogliosi di dimostrare il nostro valore. È sempre stato una persona per bene e preparata, uno dei primi che ha dimostrato con il lavoro che anche con squadre non di alta fascia si possono fare cose bellissime».
I due si erano già conosciuti negli anni '80, salvo poi perdersi, per ritrovarsi nel 2004 appunto, quando il tecnico gli chiese di seguirlo ad Oporto: «Dopo la parentesi alla Pro Gorizia ci siamo un po’ persi. È successo, poi, che nel 2004 mi ha telefonato. Io ero all’Udinese da dieci anni e avevo ancora una stagione di contratto, Gigi era stato chiamato al Porto e il suo preparatore dei portieri, Claudio Filippi, non poteva seguirlo, così mi ha chiesto se volevo andare con lui. Ci ho pensato un po’, e alla fine ho accettato: avevo già rifiutato di andare al Milan con Zaccheroni e il secondo treno che passava non potevo perderlo».
L'avventura però durò poco e finì male, Zampa spiega il perchè dell'insuccesso: «Il Porto aveva vinto tutto, la Champions, l’Intercontinentale... La mentalità lì, però, era totalmente diversa dalla nostra. Noi siamo arrivati con il bagaglio tipico degli allenatori italiani, innovatori e precisi tatticamente, ligi al lavoro, all’organizzazione e alla ricerca dei particolari come unica strada per ottenere i risultati. La realtà che abbiamo trovato in Portogallo era totalmente diversa, anche per i tempi di allenamento e la metodologia di lavoro. Insomma, due mentalità inconciliabili. Dopo due mesi ci mandarono a casa».
Il preparatore dei portieri racconta poi un aneddoto su quei due mesi: «Dopo la comunicazione dell’esonero, dovevamo attendere che ci consegnassero una carta scritta e non potevamo andare via, altrimenti avrebbero potuto dire che avevamo lasciato noi la squadra, così assieme agli altri due tecnici dello staff decidemmo di fare un pellegrinaggio. Andammo a Fatima. Abbiamo sempre usato la goliardia, la nostra lingua friulana, la schiettezza e agito in base ai valori della nostra terra, anche al Palermo qualche tempo dopo».
Chiosa finale sul Delneri di oggi, che sembra aver risvegliato l'Udinese: «È l’uomo giusto al posto giusto e potrà fare ancora meglio programmando con la società la prossima stagione. Ha messo ordine nella squadra dal punto di vista tattico e rinsaldato il rapporto con la gente, che in lui può identificarsi. Lui ci tiene ad allenare l’Udinese, che è ora in buone mani».