La scelta del Milan, la scorsa estate, di puntare su Vincenzo Montella per la propria panchina sembrava un modo per tornare a camminare nel solco profondo tracciato da 30 anni di gestione del club di Silvio Berlusconi. Cultore dell'estetica e del bel "giuoco", il presidente rossonero ha sempre chiesto una squadra che oltre a vincere, convincesse e facesse divertire anche i tifosi rossoneri in giro per il mondo.
La Fiorentina di Montella, da questo punto di vista, corrispondeva bene a questo tipo di profilo. Baricentro alto, tanti palleggiatori sparsi per il campo, massiccia presenza nella metacampo avversaria, ottima gestione del possesso palla e aggressione in avanti in fase di non possesso. Tutti elementi che si pensava sarebbero stati trasmessi da Montella anche a questo Milan per cercare di far uscire la squadra dalle sabbie mobili tecniche in cui era rimasta impantanata nelle ultime stagioni. Chi si aspettava un Montella oltranzista da questo punto di vista, però, è rimasto deluso. Il Milan non è quella Fiorentina a livello di organico e Montella se ne è accorto presto. Si è concesso due-tre partite per capire se certe idee fossero possibili, dopo di che è tornato sui suoi passi, in maniera tanto saggia quanto lodevole.
A Firenze il trio di centrocampo era composto da Aquilani-Pizarro-Borja Valero tutta gente, per così dire, abituata più a suonare il pianoforte che non a portarlo sulle spalle. Tradotto: al pallone davano del tu senza troppi problemi e tutti quei passaggi rapidi e rasoterra che si ispiravano al tiki taka erano piena espressione delle qualità tecniche di questi tre centrocampisti. Al Milan la situazione è un pizzico diversa, tanto è vero che uno come Kucka, non proprio un ricamatore con la palla fra i piedi, è fondamentale per gli equilibri di squadra. Necessità di non sbilanciarsi confermata anche dall'atteggiamento più prudente negli ultimi due mesi dei terzini e dalla richiesta di lavoro sfiancante per i due esterni d'attacco Suso e Niang. Il Milan non si vergogna a stare basso per non lasciare abbandonati a se stessi i centrali difensivi, nel tentativo poi di recuperare palla e ripartire con gli strappi soprattutto di Niang sulla sinistra.
Montella ha avuto l'umiltà di rendersi conto di che cosa aveva per le mani in questa stagione a Milanello. Una squadra discreta, bisognosa di certezze e risultati per provare a rendere al massimo delle proprie possibilità. Il percorso è ancora lungo, ma se non altro ora il Milan sembra stare iniziando ad acquisire quella famosa identità di cui tanto si parlava nelle scorse stagioni senza che mai ci fosse per davvero. Un passo avanti non da poco e di cui va riconosciuto il pieno merito a Montella e al suo staff di lavoro. Poche indicazioni, ma chiare, per una squadra quasi assuefatta alle batoste morali e psicologiche negli ultimi campionati. Un principio di lavoro notevole per l'ex tecnico della Fiorentina per cui ora viene forse la parte più difficile. Mantenere queste basi e se possibile integrarle e migliorarle per puntare a quell'Europa obiettivo dichiarato della stagione rossonera.