Approfittando della sosta per le Nazionali, la Gazzetta dello Sport fa il punto della situazione sul Milan con una lunga intervista ad Alessandro Costacurta, bandiera dei rossoneri in cui ha militato per 20 stagioni, dal 1987 al 2007: “Il progetto italiano mi piace molto, è davvero interessante. E poi il Milan si è liberato di alcuni personaggi, come Ménéz e Mexés, che non avevano lo spirito che riconosco nella rosa attuale. Ecco, questo è lo spirito che potrebbe portare la squadra in Champions’ League”.

Riguardo a quest’ultima possibilità, la qualificazione alla coppa più prestigiosa, Costacurta dice così: “Questa non è una rosa da Champions’: ce ne sono altre maggiormente strutturate. Parlo di Juventus, Roma e Napoli, che ritengo superiori a livello tecnico, fisico e caratteriale. Se si fa un’analisi a tavolino, è utopia pensare al Milan in Champions’. Però ripenso alla mia esperienza e dico: con Zaccheroni nel 1998-99 eravamo da quarto-quinto posto, eppure abbiamo vinto lo Scudetto, nonostante non fossimo strutturati per vincere. E’ successo perché lui ha costruito una squadra, intesa come gruppo. Ed alla mia epoca si andava in Champions’ perché c’era qualità professionale”.

Ancora sui giocatori che compongono la rosa: “I cambi non sono all’altezza, e questo alla lunga può diventare un problema. Juventus, Roma e Napoli hanno seconde linee più forti, ma l’assenza di impegni europei gioca a favore del Milan. A gennaio possono bastare un paio di innesti, ma devono essere entrambi di esperienza. Un centrale difensivo ed un regista, anche perché a Locatelli non ci sono alternative. Da quello che sento, a gennaio il Milan sarà passato di mano: bene, se la classifica sarà ancora questa, è doveroso provare a rinforzare la squadra”.

La discriminante per il raggiungimento della qualificazione in Europa potrebbe essere l’allenatore Vincenzo Montella: “E’ lui il valore aggiunto. Grazie al suo culto del possesso palla, ha alzato il livello di personalità della squadra. Prima vedevo frenesia, adesso si nota una maggiore pazienza nell’impostazione. Non c’è più una richiesta continua di liberarsi del pallone. La ricetta funziona perché non ha portato chissà quali meraviglie, ma la semplicità. Mi pare un’ottima interpretazione, dal momento che non ha una rosa di grande qualità. Quando dai una direzione precisa, poi raccogli i frutti. E’ fortunato, ma la fortuna uno deve andarsela a cercare. Io ho avuto tecnici fortunati come Sacchi e Zaccheroni, ma era gente che azzardava ed è stata premiata. Ha saputo adattarsi ed adeguarsi al materiale che aveva, senza cadere nella tentazione di snaturarlo. Questo è indice di flessibilità ed intelligenza. Ed è la sua forza. La cosa paradossale è che Berlusconi si ritrova un tecnico capace di dargli soddisfazioni proprio nel momento in cui sta per uscire di scena”.

Grazie al tecnico napoletano la squadra ha sviluppato qualità che la rendono diversa dalle concorrenti come “La capacità di reazione, e soprattutto lo spirito. Ora il Milan è una squadra, un gruppo in cui c’è aiuto reciproco, una corsa in più per aiutare il compagno. Penso ad esempio al finale di Palermo: Abate era stanchissimo, ma quando Suso aveva palla provava comunque a salire, a dare un’opzione in più al compagno. Ecco, questi sono segnali importanti. Credo che in questo momento sia la differenza tra Milan e Inter. Là non si aiutano, è venuto a mancare questo spirito”.

Un pensiero anche sulla questione societaria e sulle trattative di cessione del club da parte di Silvio Berlusconi: “Direi che è troppo tardi per tornare indietro. Però sono sicuro di una cosa: sotto sotto [Berlusconi] spera che tutto vada a monte, perché questo è il Milan che lui aspettava di vedere da anni”.

Fonte La Gazzetta dello Sport, intervista di Marco Pasotto.