Non la miglior vittoria dell'era Sarri, probabilmente una delle più importanti, quella che serviva maggiormente al Napoli del tecnico toscano. A Crotone contava soltanto vincere, e così è stato, con i partenopei che hanno ritrovato certezze e - forse - fiducia. Fa bene l'allenatore a sottolineare l'importanza di questo successo, facendo sentire il giusto calore alla squadra dopo un periodo di gelo totale, in termini di risultati e - in parte - di gioco. Alcune note liete, altre decisamente meno, che però vengono parzialmente mitigate da quelli che sono i tre punti portati a casa al triplice fischio finale, obiettivo principe che di scontato e facile aveva ben poco.
Eppure le cose non sembravano essersi messe per il verso migliore, nonostante un predominio netto durato dal minuto uno a quello ottanta. Le due occasioni fallite da Hamsik e da Gabbiadini, in rapida successione, sembravano far tornare attorno all'Ezio Scida quegli stessi fantasmi che aleggiavano mercoledì sera al San Paolo, quando il Besiktas ha approfittato dei tanti errori di Mertens e compagni per mettersi in una condizione mentale di vantaggio. Poteva disunirsi, il Napoli, dopo l'espulsione di Gabbiadini, ed invece nel momento decisivo è emersa la voglia della squadra di venire a capo delle avversità, di non lasciarsi trascinare e offuscare dagli eventi, dagli episodi negativi che troppe volte ne hanno condizionato il carattere.
Certo, di fronte al Napoli c'era un modestissimo Crotone, che si è arrampicato come poteva nelle trame offensive, arrabattandosi in qualche discesa sulle fasce o qualche piazzato dai quali poteva nascere qualcosa. Nelle esultanze di Callejon e Maksimovic, smodate fin troppo pur non trattandosi di una finale di Champions, la voglia di scuotersi di un gruppo sì frustrato ma anche genuino e forse consapevole di avere un credito con la sorte e con gli ultimi risultati ottenuti. La reazione, di testa, d'orgoglio, c'è. Il Napoli lo dimostra nella concentrazione messa in una sfida che sulla carta doveva essere scontata e per lo stesso motivo rappresentava una delle peggiori insidie possibili.
Gli azzurri si affidano alla vivacità di Mertens, al cinismo di Callejon, ai muscoli di un Allan sontuoso e di un Diawara che giustifica l'investimento fatto in estate dalla società, stesso dicasi per Maksimovic. alla parata finalmente decisiva di Reina su Falcinelli che poteva riaprire il match molto prima del minuto ottantanove (e chissà come sarebbe andata a finire). I due innesti giocano una partita sopra le righe, sebbene valga il beneficio del dubbio per testare le loro qualità in gare di ben altro valore. Il serbo sembra già a casa accanto a Koulibaly, lucido e preciso, impeccabile in ogni intervento, meglio persino del più quotato e leggermente appannato compagno di reparto, il tutto al di là del gol del raddoppio. Il guineano invece dimostra di non soffrire affatto il peso della giovane età: scende in campo da leader, di testa, di pensiero, di volontà, e fa tutta la differenza del mondo. Sembra un predestinato Amadou Diawara, nelle giocate, nelle chiusure, nelle letture delle trame avversarie: era la partita ideale per lui alla vigilia, lo è stato confermato con il passare dei minuti, quando a cavallo tra la fase di gestione del punteggio e di fisiologico crollo, la mediana ha visto ergersi a protagonista assoluto un inesperto diciannovenne.
S'inserisce come un capello nella zuppa l'oramai solita nota dolente. Manolo Gabbiadini proprio non riesce a ritrovare tranquillità e serenità: l'episodio che a metà primo tempo lo vede protagonista è la fotografia perfetta del momento del bergamasco, fisico ma soprattutto mentale. Annebbiato, confuso, nevrastenico. Un peccato perché tutto sarebbe potuto essere diverso se quel piatto sinistro a colpo sicuro non avesse incontrato i piedi di Cordaz in clamoroso allungo. Adda' passa' 'a nuttat', diceva il grande Eduardo De Filippo: il Napoli per ora l'ha superata la notte, quella degli incubi. Adesso la speranza è che uno ad uno i protagonisti si sveglino da un pessimo sogno.