"Per quest'anno, non cambiare. Stessa spiaggia, stesso mare". Un pò per gioco, un pò per legarci ad una frase emblematica nel fotografare alla perfezione la sfida che si ripropone a distanza di otto anni e che ha segnato la nascita di un'epoca. Diciannove settembre duemilaotto, una data ben impressa nella mente dei tifosi del Napoli, difficile da dimenticare, che ha sancito l'inizio di una storia, quella europea, che la città all'ombra del Vesuvio mai si sarebbe auspicata essere così longeva e soprattutto duratura, continuativa, senza alcuna soluzione di sosta e che, tuttavia, stenta a riunire tutta la tifoseria sotto un'unica luce, un unico modo di vedere il calcio nel capoluogo campano. 

Già, perché otto anni dopo, al San Paolo torna di scena quel Benfica che diede la prima delusione amorosa e sportiva ai napoletani, paradossalmente in quell'avvio di avventura molto più affezionati alla squadra rispetto ad oggi. Eppure, dopo otto lunghissimi anni e dopo tantissima acqua passata sotto i ponti partenopei, c'è la sensazione a naso che di strada, quella squadra giovane e scapestrata, vergine di fatto agli appuntamenti di gala europei, ne avrebbe fatta. Parte dei quarantamila di questa sera, diventati improvvisamente snob, dal palato fino e dal curriculum plurititolato, attenderanno il Benfica al San Paolo potendo fare poco in confronto alla marea, vogliosa ed assatanata di successi, che diede il benvenuto alle aguias in quel giorno di metà settembre. 

Era un altro Napoli, era un altro Benfica - seppur un paio di protagonisti li ritroveremo con la stessa maglia anche questa sera - era un'altra atmosfera, un altro pubblico. Gli azzurri, al primo incontro importante, non mancarono l'appuntamento con la vittoria, ma l'inesperienza costò carissima al ritorno, quando i portoghesi ribaltarono la contesa e si qualificarono alla fase a gironi della Coppa UEFA. In otto lunghi anni di militanza europea il Napoli è cresciuto, diventato maturo e consapevole delle proprie potenzialità, abituato a calcare questi palcoscenici, ferito ma anche fortificato dalle tante delusioni che hanno contribuito a forgiare il carattere dell'attuale squadra di Sarri. 

Era il Napoli di un Hamsik, come di un Lavezzi in erba, così come lo era di Zalayeta ma anche dei reduci della cavalcata dalla serie C alla Serie A, dei Montervino e dei Vitale - andato in gol - come dei Rinaudo e Blasi. Sembra passato un secolo, un'eternità, ed invece oggi il Napoli di capitan Hamsik - sì, lo stesso slovacco di otto anni fa - si riscopre bello e vincente, relativamente nel computo delle coppe messe in bacheca in questo lasso temporale, bensì vittorioso nelle ambizioni, nella mentalità, nella sua stessa struttura. Discorso effimero, soltanto in apparenza, perché in sostanza è quanto di più importante si possa ambire.

Invece tale assunto non sembra proprio attecchire nelle menti di chi, in maniera insistente e paradossale, continua a criticare la gestione dell'affaire calcio a Napoli. Una contraddizione, l'ennesima, di un popolo sì focoso quanto spesso accecato dallo stesso ardore che ne annebbia la mente, ne offusca le capacità cognitive nel momento del riconoscimento dell'ovvio. Operazione difficile, non impossibile, alla quale la parte sana e razionale della tifoseria sembra aver fatto il callo, e continua a contestare i contestatori, fischiandoli non appena i cori di protesta si alzano nei confronti della dirigenza, rea di essersi imposta laddove non doveva o poteva. 

Nel frattempo, però, si gioca - e vivaddio - perché lo spettacolo più bello è e resta quello da ammirare sul manto erboso. Da Reja a Sarri, in un batter d'occhio, passando da Donadoni, Mazzarri e Benitez. Da Bucchi e Zalayeta a Higuain e Milik. Non basta, non ancora. Nel frattempo si torna in campo, stasera, con la voglia di vedere un altro successo, l'ennesimo, di un Napoli che continua a crescere, a dismisura, esponenzialmente. Nella speranza che, un giorno, l'idillio tra società, squadra e tifoseria torni ad essere una marcia in più e non un handicap. C'era una volta il Napoli brutto anatroccolo, che otto anni dopo si risveglia principe, bello e rigoglioso.