Posticipo bollente per la domenica della sesta giornata di Serie A: scavallato con una vittoria convincente il turno infrasettimanale, il Milan è atteso dalla trasferta del Franchi di Firenze. La Viola, invece, ha faticato mercoledì sera: solo 2-2 con rigore di Bernardeschi ad Udine. Tra i protagonisti più attesi c'è Riccardo Montolivo: il mediano classe 1995 è oramai da anni capitano del Milan, ma in passato ha ricoperto lo stesso ruolo anche nella Fiorentina. Nonostante questo, non torna a Firenze a raccogliere il vecchio affetto, anzi. Ma se esiste qualcuno abituato a vivere sotto pressione, questo qualcuno potrebbe essere proprio Montolivo.
Il suo viaggio inizia da lontano: addirittura dal settore pulcini, nel 1993, quando Riccardo aveva appena otto anni. Tanto lavoro, tanta gavetta, e la rapida scalata delle categorie: dopo dieci anni, tutti passati con l'Atalanta, arriva il primo tassello: l'annata 2003-2004 è quella dell'esordio in prima squadra, da neo-maggiorenne, l'11 settembre. Ben presto diventerà titolare trascinando la Dea alla tanto agognata promozione in Serie A. Sempre a settembre, ma stavolta il 12, arriva anche la prima presenza nella massima categoria del nostro sistema calcistico: si tratta di uno spettacolare 2-2 in quel di Lecce. A fine campionato le “caps” saranno 32, condite da 3 gol, ma i nerazzurri non riescono ad evitare la retrocessione all'ultimo posto.
Qui entra in scena la Fiorentina: gli occhi sempre aperti del nuovo DG Pantaleo Corvino non si lasciano sfuggire l'occasione, ed ecco arrivare prima la compartecipazione a circa tre milioni di euro, e, dopo una stagione di ambientamento, il riscatto definitivo del cartellino per altri due milioni. A questo punto Montolivo è al centro del progetto tecnico: Prandelli lo ritiene utile per il suo gioco e difficilmente rinuncia a lui quando vuole aumentare il tasso tecnico del fraseggio assieme a Liverani. La stagione 2006-07 è paradisiaca per i Viola, e nonostante il -15 inflitto da calciopoli alla classifica, i toscani centrano comunque la qualificazione in Coppa Uefa. Da lì in poi Montolivo diventerà una vera e propria bandiera del club, raggiungendo la semifinale proprio nella competizione europea "delle piccole", oltre alle due qualificazioni (con un ottavo di finale) in Champions. Dal gennaio 2010 rileva l'eredità di Dainelli e Jorgensen diventando capitano ufficiale in un idillio che sembra poter durare per sempre.
Da lì a poco, però, tutto si incrina: il suo fisico, inanzitutto, col crack della caviglia durante il Mondiale di Sudafrica che lo costringe ad un intervento di pulizia ed ad un riposo di due mesi. La stagione seguente, però, arriva il peggio: c'è un contratto da rinnovare, sembra una formalità, ma le parti sono lontane. Iniziano a girare le prime voci, si parla di un Montolivo scontento, di una società fredda con la sua bandiera, ma nonostante tutto ad inizio settembre sembra che le cose possano andare per il verso giusto. Invece, la doccia fredda arriva, eccome se arriva: Montolivo decide di non rinnovare il contratto per andare a cercare gloria in una squadra più blasonata.
Non la prende bene la società (“la farsa è finita” dirà a caldo il presidente Cognigni) ma ancor meno la curva: la stagione procede nel clima surreale di separati in casa. Montolivo gioca, perché Mihajlovic come i suoi predecessori non vuole rinunciarci, ma lo fa per un pubblico che non è con lui. Poche piazze riescono a raggiungere un livello totale di coinvolgimento tra città e squadra rappresentativa, e Firenze è una di queste: i supporters viola si sentono traditi, feriti nell'orgoglio, abbandonati dal loro capitano. Al Franchi compare l'eloquente striscione “Montolivo chi €??”. Ed infatti la fascia passa a Gamberini, addirittura l'emergente Stevan Jovetic è il vice. A fine stagione il saluto è a dir poco freddino, e la ferita con la tifoseria del Franchi è tuttora aperta.
Da quel momento infatti Montolivo veste la maglia del Milan, vivendo forse gli anni più brutti della gestione Berlusconi, ma lo stesso presidente lo designa capitano, anche se solo alla seconda stagione in rossonero, all'addio di Ambrosini. Fin dal primo giorno, Riccardo Montolivo è sempre stato una delle presenze più controverse a Milanello: criticato da tanti, autore di più di una prestazione non all'altezza, complice anche la ricerca della posizione più giusta (mezzala, mediano o addirittura trequartista?); ma al contempo tutelato da una piccola parte di tifosi - un sottoinsieme di quelli non interessati ai tagli bizzarri ed alle serate al night club - e sempre utilizzato da tutti gli allenatori per la sua leadership e la capacità di cucire le trame del gioco.
Per lui ogni ritorno al Franchi, quindi, aggiunge una sfida nella sfida: da un lato l'impatto emotivo della gratitudine di quanti ricordano ancora con affetto la sua esperienza a Firenze, dall'altro l'astio della maggioranza che non gli perdonerà mai l'atto (così definito) da mercenario del pallone. Se a tutto questo aggiungete la pressione, praticamente quotidiana, degli attuali tifosi milanisti sempre pronti a metterlo per primo sul banco degli imputati, avrete come soluzione una gara tutt'altro che normale, in cui la paura di sbagliare potrebbe farla da padrone.
A Firenze, con la maglia rossonera, l'ex più famoso della sfida ha giocato partite buone ed altre meno buone, ma con ogni probabilità anche diomenica sera lo vedremo al centro del campo, con la fascia cucita al braccio. Perché capitani si nasce, non si diventa. E se, a trentun'anni, hai avuto il merito di guadagnarti (con quella di domenica) ben 400 presenze in serie A, vestendo la fascia per due diversi club ed addirittura in nazionale, non sarà questo a farti paura. Soprattutto se ti chiami Riccardo Montolivo. Soprattutto se hai imparato come vivere sotto pressione.