Molti, moltissimi, hanno fatto della facile ironia su Simone Scuffet. Il ragazzo, nato ad Udine nel 1996, ha passato sei mesi ad altissimo tasso di notorietà, dato che ha contribuito in modo decisivo alla salvezza dell'ultima Udinese di Guidolin, con tanto di rifiuto all'Atletico Madrid nella successiva estate. Poi un anno di panchina a causa dell'esplosione di Karnezis ed infine il prestito al Como in Serie B. Finita la stagione, molti lo hanno etichettato come bidone, senza minimamente considerare in che squadra fosse inserito. Esattamente come capitò a Perin alla fine del suo anno a Pescara (per la cronaca, gli abbruzzesi tornarono in B). Siccome però la storia agli italiani evidentemente non insegna, ora il giovanissimo Scuffet è chiamato a scrollarsi di dosso lo scetticismo che si è creato al di fuori dal Friuli, in loco invece è ancora amatissimo e, nell'intervitsta rilasciata al Messagero Veneto, parla di questo e molto altro. Si parte ovviamente con il paragone con il giovanissimo Donnarumma, che lo ha rimpiazzato nella corsa al titolo di "nuovo Buffon".

Dopo l’esplosione a 16 anni di Gigio Donnarumma che ha blindato la porta del pur traballante Milan, il baby-portiere di Remanzacco sembra invecchiato di dieci anni. È vero Scuffet? «Sì, l’esplosione di Donnarumma mi ha fatto diventare più vecchio, ma chi pensa che sia invidioso di lui o mi abbatta per questo si sbaglia di grosso. Anzi, proprio il grande esordio di Donnarumma mi ha responsabilizzato ancora di più. Dicono che sono un veterano? Bene, vuol dire che non posso più sbagliare molto, che ho maggiori responsabilità».

Restiamo a Donnarumma. Ha fegato il ragazzo, sopportare le pressioni di San Siro non è facile... «Sì e gliel’ho pure detto. Ci siamo allenati a lungo insieme in Under 21, oltre a essere un portiere di grande talento è pure un ragazzo con i piedi per terra. Reggere così la pressione in uno stadio come San Siro e in un momento complicato per il suo club ne aumenta i meriti».

Com’è stato il primo anno di Scuffet lontano da Udine? «È stato un anno difficile, ma necessario per la mia crescita. Per la prima volta sono andato a vivere lontano dalla mia famiglia, dal club in cui sono cresciuto. E quella è stata un’esperienza positiva».

Ma il Como è retrocesso... «È stata una brutta stagione perché è arrivata la retrocessione. Ma fino alla fine la squadra ha lottato e abbiamo pure giocato belle partite».

Il momento più difficile? «Ce ne sono stati tanti ma, ripeto, avevo chiesto espressamente all’Udinese di poter andare a giocare con continuità».

Quindi è lei che ha chiesto all’Udinese la scorsa estate di andare a giocare in B... «Certo, per me era fondamentale accumulare esperienza».

Con il senno di poi, forse l’anno in panchina dietro Karnezis con Stamaccioni è stato un anno buttato... «No, anche quell’anno sono migliorato. Certo, il mister ha fatto altre scelte, ma io ho continuato a lavorare per crescere e diventare un portiere da serie A».

Al suo amico Meret cosa consiglia? «Di giocare con continuità. È un amico, siamo cresciuti insieme, abbiamo sudato per crescere».

Le dicessero: tu e Alex vi giocherete il posto da titolare a Udine? «Aspettiamo che me lo chiedano, poi le risponderò».

Ma, insomma, tornerà a Udine per restarci o per andare a fare ancora esperienza? «Deciderà l’Udinese. Una cosa è certa: l’anno di Como mi ha insegnato che alla mia età accumulare esperienza e giocare è fondamentale. Comunque, a differenza di un anno fa, quando il via al campionati di B slittò per le scommesse, il mercato si farà prima. Quindi a inizio luglio spero di conoscere il mio destino».

Giocare da titolare all’Udinese è un suo obiettivo? «È il mio obiettivo e sto lavorando per questo».

E se Guidolin la chiamasse allo Swansea? «(Ride ndr)... Devo moltissimo al mister, che ho sentito diverse volte, ma non esageriamo».

Simone, l’ha vista la finale di Coppa dei Campioni? «Ho capito, dove vuole arrivare. L’ho vista, ma, giuro, non ho minimamente pensato che al posto di Oblak potevo esserci io a difendere la porta dell’Atletico Madrid. Due anni fa con la mia famiglia e l’Udinese decidemmo di non prendere in considerazione l’offerta dell’Atletico per poter crescere meglio in Friuli e non mi sono affatto pentito».

Iniziano gli Europei, lei due anni fa stava per essere convocato ai Mondiali. Ci pensa? «Sì, quei due stage di allenamento li ricordo, come ricordo che il mio nome era tra i possibili convocati. Bei ricordi e un obiettivo: tornare a respirare quell’aria. È capitato anche al mio amico Meret quest’anno ed è una cosa incredibile».

In cosa si sente migliorato da un anno di B a prendere tantissimi tiri in porta e valanghe di gol? «In tutto. Non in un fondamentale particolare, ma nel modo di stare in campo. Giocando con continuità acquisisci esperienza, tranquillità. Sei un portiere migliore».

La parata più bella? «Le due ravvicinate di Vicenza, poi una a Trapani, un’altra con lo Spezia in casa...».

L’Udinese ha faticato da matti a salvarsi... «Sì, è stato un anno difficile, ma sono sempre stato fiducioso. E la partita di Bergamo l’ho seguita col batticuore».

Se ne sono andati Di Natale, Domizzi, Pasquadle, Pinzi... «Lo spogliatoio, il mio spogliatoio. Ragazzi che erano fondamentali per l’Udinese, tutti italiani, e non è un caso. Una squadra ha bisogno di gente di esperienza così».