La verità, probabilmente, come al solito sta nel mezzo. Difficile affibiare a qualcuno piuttosto che ad un altro, le colpe di una sconfitta, probabilmente decisiva per le sorti del campionato. Laddove si pensava il Napoli avesse fatto bottino pieno, invece torna a casa tra ferite e cerotti, alcuni però infinitamente piccoli per rimarginare alcuni danni evidentemente troppo vistosi. Il palloncino creato appositamente da Maurizio Sarri per la stagione che va concludendosi, e che si era gonfiato a modo e misura per tutti questi mesi, è definitivamente scoppiato. Tanti i motivi che hanno contribuito a questo risultato, tra i quali sicuramente le eccessive pressioni che i partenopei non sono riusciti a chiudere sotto la famigerata cupola di vetro, soprattutto all'indomani di una sosta per le nazionali che ha esponenzialmente accentuato l'attenzione sulla sfida del Friuli. 

Come Leonida alle Termopili il Napoli ha provato a fare quadrato per la stagione intera, prima di crollare inesorabilmente, e fisiologicamente, davanti a quel che sembrava inevitabile qualche mese fa. Tuttavia, la crescita avuta dalla compagine figlia di Partenope è sicuramente lodevole ed ha messo pressione e non poco ai bianconeri in ottica campionato: ansie, paure, scarsa attitudine ad assorbire in fretta fatiche internazionali per rituffarsi anima e corpo sul campionato, frenesia. Queste, tra le altre, le motivazioni che, giammai dovessero essere usate a mo' di scuse, hanno portato al crollo emotivo di una squadra che fin quando ha avuto dalla propria il gioco e la brillantezza mentale, è riuscita a togliersi non pochi sassolini dalle scarpe.

Crollo era evitabile? Certo, la settimana che ha preceduto il lunch match di Udine, tra polemiche per il trasferimento di Higuain e i continui alibi su orari di gioco e partite postdatate rispetto alla diretta rivale, di certo non ha aiutato sulla serenità di un gruppo che ha mostrato stanchezza e deconcentrazione fin dal primo minuto di gioco. Ne sono scaturiti errori di concetto marchiani, come quelli di Ghoulam (peggiore in assoluto per distacco) in occasione dei due calci di rigore e del retropassaggio che ha definitivamente stroncato le velleità partenopee in vista della ripresa. Già, sarebbe bastato un tocco in fallo laterale o una palla spazzata verso l'area di Karnezis per portare a casa, all'intervallo, un più che prezioso pareggio, ed invece la frittata è fatta.

Con i se e con i ma non si fa certo la storia e l'ammissione di colpa puntuale di Sarri nel post gara va in tal senso. Lungi da qualsivoglia critica nei confronti di chi ha permesso al Napoli di libersarsi in questa stagione dalle catene mentali degli anni precedenti, lo stesso allenatore è andato in tilt fin troppo precocemente non riuscendo a mantenere tranquillità e lucidità in un momento della gara e della stagione così importanti. Il messaggio dato alla squadra dopo l'espulsione, giusta o sbagliata che sia, è quello del nervosismo smodato, di una reticenza ad accettare quel che stava accadendo piuttosto che analizzare a mente lucida ciò che andava fatto. 

I cambi, sbagliati, ne sono la conseguenza. L'aver chiuso la gara con il peggior calciatore dei 22 sul terreno di gioco della Dacia Arena l'aggravante che condanna Sarri: Ghoulam ha pagato oltremodo il viaggio con la nazionale, forse più di chiunque altro. Lapalissiano, a posteriori, pensare al turnover come medicina per curare momentaneamente i mali. Il giocattolo Napoli si è sciolto al primo sole primaverile friulano come un cubetto di ghiaccio, sfociato infine nella reazione e nel pianto di un Higuain visibilmente frustrato dal contesto circostante: guai ad accettarla come giustificazione, ma quantomeno a parziale comprensione del gesto di un calciatore che in un attimo vede frantumarsi in mille pezzi un vaso custodito con cura maniacale per tutto l'anno. 

In un attimo sono riaffiorati tutti i problemi della passata stagione: le lacune difensive, quelle strutturali di squadra e quella fragilità mentale che non aveva mai permesso al Napoli di essere così protagonista come quest'anno. Gli azzurri si sono incastrati da soli nel labirinto della loro mente. Raccogliere i cocci della sconfitta, soprattutto mentalmente, sarà l'opera più difficile. Persino più complicato che sostituire, là davanti, lo squalificato Pipita. Persino più difficile del percorso di crescita e maturazione che fin qui aveva intrapreso Sarri con la sua squadra. L'obiettivo, quello iniziale e vero ad inizio stagione, è a portata di mano: quello di Udine è un passo falso difficilmente archiviabile, ma il secondo posto deve rappresentare un motivo di vanto e non di sconfitta, questa sì più dolce, all'ombra del Vesuvio.