Un successo che vale una fetta di storia. Venticinque lunghi anni senza mai guardare tutti dall'alto verso il basso: Napoli si sveglia, nel post sfida contro l'Inter, ancora con le palpitazioni a mille per le emozioni vissute nella serata di lunedì, ma anche con la gioia di chi, a distanza di un quarto di secolo, può festeggiare un traguardo seppur effimero di un certo rilievo. Sarri batte Mancini nella partita a scacchi del primo tempo, lasciando campo agli ospiti nella ripresa, ma conservando il vantaggio firmato Higuain fino alla fine del match.
Tuttavia, come dirà successivamente nel post gara, il tecnico toscano non è affatto soddisfatto della prestazione, e del conseguente calo fisico, della sua squadra nella ripresa. Un black out mentale, quando la vetta sembrava ormai sempre più vicina, che ha irretito i partenopei, incapaci negli ultimi minuti di pressare in maniera efficace come nei primi quarantacinque di gioco.
Andiamo dunque ad analizzare gli aspetti tattici che hanno condizionato il match vinto dal Napoli per 2-1.
1 - Dove l'ha vinta il Napoli nel primo tempo
I primi quarantacinque minuti del Napoli sono quasi impeccabili, in fase di possesso e, altresì, in quella di non-possesso, che permette agli azzurri di assumere il controllo ed il predominio del terreno di gioco, far salire la difesa con i piedi sulla metà campo (come piace a Sarri) ed attanagliare l'Inter assediandola nella propria metà campo. Aspetto fondamentale, che ritroveremo anche nel crollo del secondo tempo (mentale quanto fisico) è quello della distanza tra gli interpreti, peculiarità degli schemi sarriani.
Minuto numero 1 - Hamsik riceve da Jorginho, che supera la prima linea maginot dell'Inter trovando lo slovacco e viene fronteggiato da Guarin. L'errore del colombiano è nel non rallentare il tempo di gioco del capitano azzurro, che apre per Insigne, fornendogli la solita prateria davanti a sè in uno contro uno su D'Ambrosio. Si nota come, nei tempi perfetti previsti, il Napoli evita il raddoppio che Perisic dovrebbe portare sul 24 partenopeo. Il gol, successivamente, sarà frutto di un caso e di un mezzo svarione di Murillo, colto in controtempo, ma che scaturisce da una soluzione studiata a tavolino, con l'intento di rendere vano il muro di centrocampo interista.
2 - Il fondamentale ruolo di Jorginho
L'italo-brasiliano ex Verona è impeccabile, il non plus ultra del centrocampo partenopeo, l'uomo equilibrio e barometro delle fortune azzurre. Perché? Inizia tutte le azioni del Napoli, dettando i tempi, assieme ad Albiol, nel dare il via alla manovra e spesso lo fa nel modo giusto. La chiave di volta del match, come dicevamo in precedenza è la vicinanza dei giocatori azzurri, che permette ai padroni di casa di recuperare repentinamente la sfera e ripartire in velocità grazie al posizionamento dei calciatori.
In questo caso, come ad esempio potremmo citare quello della prima ammonizione di Nagatomo (giusta o non giusta che sia), il Napoli salta la linea mediana interista recuperando palla con Jorginho, che dialoga con Allan che a sua volta apre di prima per l'inserimento e la ripartenza di Hamsik sul centro sinistra. In questo caso lo slovacco imbecca successivamente Insigne in profondità alle spalle della linea difensiva neroazzurra, che da il là ad una potenziale minaccia.
Ad inizio ripresa, il Napoli riprende dove aveva lasciato, anche se inizia a denotare una certa rilassatezza mentale e non solo. Hamsik trova Higuain tra le linee, saltando il centrocampo con Medel e Guarin fuori posizione. Allan si trova completamente solo e, una volta inseritosi, viene favorito dalla sponda di Higuain. Il brasiliano avanza ancora qualche metro prima di calciare dal limite dell'area, recando comunque un pericolo alla porta di Handanovic, anche se non viene inquadrata. Fondamentale, anche in questo caso, la vicinanza tra Higuain-Insigne-Allan-Hamsik-Callejon, che permette il rapido fraseggio e la giocata facile agli interpreti.
3 - La zampata del felino
In sede di presentazione del match, vi avevamo preannunciato della possibilità che gli azzurri potevano avere nel sorprendere la linea difensiva dell'Inter, magari in fase di contropiede ed in controtempo, così come era accaduto contro la Fiorentina (quando la fuga di Kalinic aveva provocato l'espulsione di Miranda). In questo caso nessuna espulsione, perché Higuain ruba il tempo sul nascere ai due centrali di Mancini, prendendo tempo e spazio al duo colombiano-brasiliano. Velocità, forza fisica, reattività, cinismo: il Pipita unisce tutto questo in un lasso di tempo brevissimo, piazzando la zampata dopo aver osservato il posizionamento di Handanovic, beffandolo sul secondo palo. Tre frame, che racchiudono l'essenzialità del movimento dell'argentino: rapace, felino, potente quanto impeccabile.
4 - Il calo azzurro e la rimonta neroazzurra
I frame in questione evidenziano, quando il calo del Napoli è già in atto, la scarsa copertura del terreno di gioco del reparto arretrato di Sarri. Koulibaly esce su Ljajic contrastandolo non efficacemente, oltre a lasciare una voragina a centro area che copre successivamente. Biabiany e D'Ambrosio, nel frattempo, sfruttano il ritardo di Hamsik ed Insigne nella copertura, frutto di una distanza enorme tra i reparti di difesa, centrocampo ed attacco. La mancanza di lucidità della difesa di casa si nota negli interventi poco incisivi sul portatore di palla: Biabiany ha tempo per effettuare la giocata e trovare Ljajic tra le linee. I rimpalli che favoriscono il serbo sono si fortuiti, ma l'errore del Napoli è arrivare a trovarsi in una situazione di pericolo che andava disinnescata tempo addietro. Allan e Jorginho coprono in ritardo la posizione, potendo soltanto osservare il naturale epilogo dell'azione.
Il vistoso calo del Napoli, degli ultimi venti minuti, si noterà, successivamente, in fase di disimpegno. Rispetto alle immagini delle ripartenze del primo tempo, la squadra risulterà sfilacciata e notevolmente imprecisa. Motivo? La distanza tra i reparti è immensa ed un passaggio, che va effettuato con la stanchezza di 60-70 minuti di partita è ovviamente meno preciso rispetto a quelli precedenti. In questo caso bisognerebbe compattarsi e cercare fraseggi brevi per dipanare la manovra, mentre il Napoli era disposto in campo nell'esatto contrario. Tra i difensori ed Higuain c'erano spesso 60 metri di campo, con le ali (Maggio ed El Kaddouri, subentrati), che spesso tendevano ad allargare oltremodo il terreno di gioco, arma tattica che viene usata soprattutto quando le mezzali hanno fiato e presenza per coprire quello spazio come fatto da Hamsik ed Allan nella prima metà di gara (di certo David Lopez o un Allan sfinito non avrebbero potuto ovviare).
La difesa è stata così lasciata alla mercè delle offensive interiste, che nel rocambolesco finale hanno sfiorato due volte il pareggio. Nell'occasione dell'ultimo frame a Brozovic basta un'accelerazione per mettere a soqquadro la difesa del Napoli: salta Jorginho e Callejon in velocità (Allan è fuori posizione, così come Ghoulam in basso); distanza tra i reparti immensa, il croato prende il centro e, dopo aver saltato anche Koulibaly, si presenterà alla conclusione indisturbato. L'emblema delle difficoltà del Napoli sta in questo scatto: crollo fisico che è conseguenza della spina staccata sul 2-0 con un uomo in più. Le stesse azioni che gli azzurri offriranno a Jovetic e Miranda nel finale.
Jovetic, nella penultima occasione, ha tutto il tempo di osservare la direzione del cross di D'Ambrosio e di prendere il tempo sulla sfera, anticipando Albiol ed Hysaj che sono maggiormente interessati alla palla piuttosto che all'uomo che potrebbe impensierire. Il palo e Reina hanno salvato Sarri da un pareggio che avrebbe avuto un sapore amarissimo, di clamorosa beffa, precludendo ai napoletani di saggiare il sapore del primato per la prima volta dal post-Maradona.