Non c'è quattro senza cinque. E probabilmente, quando tra 14 giorni arriverà il Legia al San Paolo, saranno anche sei. Il Napoli versione europea, come anche quello che si vede in campionato, non sbaglia un colpo. Una macchina perfetta, oleata come un unicum di rotelle e meccanismi impeccabili, studiati a tavolino e messi in campo con sagacia e maestria tali da permettere a chiunque sia l'interprete di recitare la parte nel miglior modo possibile. E' un Napoli da Oscar, quello sarriano, impreziosito sì dalle giocate e dal talento dei singoli, ma che vive e si nutre di aria rarefatta che assume sempre più le sembianze di umiltà e fame di vittoria.
Quello che riesce a rappresentare sempre un motivo di novità e stupore è la personalità sempre più spiccata di una squadra che fino a ieri, in queste gare, si lasciava andare condizionando spesso prestazioni e risultati futuri. Una sconfitta, una battuta d'arresto che comprometteva il cammino della squadra nelle sfide a venire, che minava fiducia e certezze di una squadra mai così consapevole dei propri mezzi. Da cosa viene questa fiducia? Dal lavoro, costante ed incessante, del Maestro che ha indicato la strada attraverso l'umiltà di non aver mai vinto niente, e si accontenta persino di una vittoria 'inutile' come quella di ieri sera. In cuor suo, mister Sarri sa che quella di ieri è forse la più importante vittoria delle ultime 10 gare, perché attesta la forza di spirito di una squadra che non si ferma a guardare chi o cosa c'è davanti, ma impone gioco e credo al cospetto di chiunque.
L'acume tattico permette ai protagonisti, Hamsik o Chalobah che siano, di ben figurare sebbene dirimpetto non ci siano Iniesta e compagni, ma solo l'onesta squadra di Preud'Homme. Il Brugge viene annientato psicologicamente prima ancora di scendere in campo: il riflesso della mentalità latente della squadra belga, che doveva scendere in campo per giocarsi la qualificazione, è la paura inconscia nell'affrontare un'armata che si impone nei primi 15 minuti con disinvoltura e spocchia (del tutto positiva), testimonianza di una padronanza dei propri mezzi oramai consolidata.
Eppure non era così facile vincere a Bruges, per tanti ed ovvi motivi: l'ambiente privo di pubblico ed emozioni, la qualificazione ed il primato in cassaforte, la sfida con l'Inter che disturbava le menti dei calciatori partenopei. Koulibaly e Chiriches hanno sì offerto il fianco troppo spesso alle scorribande di Iziquierdo, ma quasi mai (come spesso accade in questi periodi), hanno fatto sporcare i guanti a Gabriel; davanti l'inedito tridente spuntato ha fatto fatica a pungere e prendere corpo in area di rigore, ma ha sempre creato gioco ed occasioni da rete. Chalobah si è messo in mostra per cattiveria agonistica e temperamento, Lopez per la sua diligenza, mentre Valdifiori è stato l'unico a recitare poco peggio del solito.
Il Napoli è sceso in campo come Sarri aveva chiesto: la voglia di instaurare la mentalità che "vincere aiuta a vincere" è sempre più facile a dirsi che a tramutarsi in realità, e trova terreno fertile in un gruppo reso fragile dalle eccessive delusioni di una stagione nefasta. Sarri ha colpito nel segno, facendo breccia come nessuno mai ed il risultato è evidente. I numeri testimoniano una crescita, sia mentale che strutturale, impressionante: cinque successi di fila in Europa (17 gol fatti, 1 subito), 13 vittorie nelle ultime 15 gare disputate (36 fatti, 3 subiti), la porta inviolata da 7 partite.
Insomma, il Napoli che si presenta alla sfida con l'Inter, che potrebbe valere il primato, lo fa con coscienza e costrutto ben saldi e funzionali. Del resto lo si nota in campo, come nelle dichiarazioni dei calciatori: "in questi ultimi anni non abbiamo mai visto un Napoli così", ha detto Marek Hamsik, capitano degli azzurri. C'è da fidarsi.