L'impresa è di quelle titaniche. Partiamo da questo presupposto per analizzare, dopo un terzo o quasi della stagione di Serie A in archivio, i motivi per i quali il Napoli e Maurizio Sarri possono sperare di arrivare fino a Maggio per giocarsi il titolo fino in fondo. Il semplice fatto che in quasi novanta anni di storia i partenopei abbiano festeggiato soltanto due volte potrebbe (e dovrebbe) screditare chiunque dall'accostarsi con tale presunzione all'abbinamento Scudetto con la squadra di Fuorigrotta, ma ciò che si è visto in queste prime 12 giornate fa del Napoli guidato dal Maestro di campagna una delle assolute candidate alla corsa al titolo.
I motivi per il quale questa favola azzurra potrebbe continuare nel tempo, fino a metà Maggio, sono svariati e trovano fondamenta non solo in ciò che si è potuto apprezzare sul campo, ma anche se non soprattutto dalle parole dei protagonisti, che ogni qualvolta si sono trovati ad affrontare la truppa partenopea hanno dovuto alzare bandiera davanti all'irruenza ed alla prepotenza della squadra allenata dall'ex Empoli. L'attacco più forte del campionato, il giocatore probabilmente più completo del lotto e sicuramente il più decisivo in queste prime giornate, un'impermeabilità difensiva trovata in un assetto tattico perfetto, un mediano-collante, un'umiltà che unisce e cementa il gruppo facendolo marciare a passo di guerra ed un pizzico di scaramanzia che a Napoli non guasta mai: per questi ed altri motivi, si inizia a sognare, nella speranza che il sogno possa durare il più a lungo possibile.
Il fattore attacco - La qualità peculiare che ha sempre contraddistinto il Napoli negli ultimi anni è quella di avere nel reparto offensivo il proprio punto di forza, a dispetto dei reparti di centrocampo e difesa che vivevano maggiormente alla giornata. Con ogni probabilità il reparto offensivo partenopeo è il migliore in Italia, dove soltanto la Roma ha a disposizione in rosa cinque attaccanti di indiscusso livello; Higuain è senza alcun dubbio la ciliegina su una torta resa gustosa dalla presenza di Insigne, Mertens, Gabbiadini e Callejon. Cinque assi, tutti nella manica di Sarri che riesce, almeno per ora, a gestire alla perfezione titolari e riserve, mettendo a tacere mugugni e mal di pancia in favore del bene supremo della squadra: la vittoria.
L'ipoteca col numero 9 - La metamorfosi di Gonzalo Higuain, da giocatore indiscutibilmente talentuoso a fuoriclasse capace di fare la differenza, è clamorosa. Soprattutto nella testa e nella convinzione dell'argentino. Il Pipita, dopo le opache prestazioni della stagione precedente, si è preso il Napoli, complice anche una rinnovata fiducia che Maurizio Sarri gli ha infuso, investendolo ulteriormente di maggiori responsabilità: "Higuain può essere il centravanti più forte del mondo", "Higuain è un fenomeno, certo: ma sono certo che abbia ancora dei grandi margini di miglioramento e non sia riuscito a tirare fuori tutto il suo potenziale" ed infine "Nella mia squadra ci sono 10 giocatori eccellenti e poi c'è il Pipita: un fuoriclasse assoluto". Tutte frasi che hanno stimolato il centravanti argentino che così incisivo e convinto non lo era mai stato, nemmeno con la maglia del Real Madrid. Nove gol, tutti decisivi: dalla doppietta contro la Sampdoria al fendente contro il Palermo; dalla rabbia con la quale ha rubato palla a Juve e Fiorentina prima di punirle al mancino delizioso contro l'Udinese; dal destro poderoso con il quale ha lanciato il Napoli verso il riscatto contro la Lazio al sinistro vincente contro il Chievo. Insomma, Higuain, oltre ad essere probabilmente il calciatore più forte di questa Serie A, è ad oggi quello più decisivo ai fini del risultato finale della sua squadra. Se sia un pregio, e propendiamo per questa ipotesi, o un difetto, che potrebbe scaturire in una dipendenza, ai posteri l'ardua sentenza, ma il fattore Higuain è sicuramente un vantaggio per il Napoli nella corsa allo Scudetto.
Chi trova "la difesa ", trova un tesoro - La massima comune che ha sempre contraddistinto le squadre che sono riuscite ad arrivare fino in fondo al campionato giocandosi il titolo è sempre stata l'estrema solidità del reparto difensivo. Il Napoli, sotto questo punto di vista, ha sempre peccato anche quando, negli ultimi anni, sembrava oramai pronto a fare il definitivo salto di qualità in questo settore. Sia con Mazzarri che con Benitez, la retroguardia ha subito qualche gol di troppo, oltre a dei vistosi cali di concentrazione improvvisi. Condizione che invece, con Sarri, sembra essere finalmente migliorata definitivamente grazie ad una linea difensiva finalmente compatta, in linea e soprattutto concentrata. Albiol e Koulibaly stanno disputando, così come Rugani e Tonelli nella passata stagione, un campionato di livello assoluto, senza sbavature e disattenzioni. Non è un caso, dunque, che dall'Empoli al Napoli lo spartito di Sarri non sia affatto cambiato: le idee e la linea difensiva del toscano-partenopeo hanno portato effettivamente un miglioramento significativo nel reparto arretrato, reso maggiormente stabile da una protezione folta in mediana, con Allan che rispetto al binomio Inler-Lopez della passata stagione unisce qualità e soprattutto quantità a non finire. Nelle ultime nove gare di campionato (sette vinte e due pareggi), nel ciclo che va dalla sfida contro la Lazio e Udinese, Sarri è riuscito a subire soltato due reti, dalla Juventus e dalla Fiorentina: tu chiamali, se vuoi, miracoli.
Il capopopolo - Dell'arrivo di Pepe Reina, in quanto uomo spogliatoio, giocatore e portiere eccellente si è ampiamente parlato. C'è un aspetto, però, che spesso è passato inosservato e che lega indissolubilmente lo spagnolo con i guanti al Pibe di Lanus: Reina è un trascinatore emotivo, sul manto erboso, ed in questo Napoli, con le sue esultanze, il suo affetto smisurato e passionale nell'atto del ritorno, si dimostra quel tres d'union che era Maradona con il pubblico del San Paolo, capace di aizzare una tifosera, un popolo, trascinandolo alle proprie spalle nell'intento di spingere ulteriormente la propria squadra. L'ex Liverpool è il Deus Ex Machina, in campo, della squadra: lo si nota dalle urla che hanno squarciato il silenzio di Fuorigrotta nell'agevole 5-0 contro il Midtjylland. Oltre al brusio della tifoseria, intenta ad osservare le giocate di Insigne e Gabbiadini, emergeva un solo vocione squillante, quello dell'estremo difensore che non lascia nulla al caso, nemmeno le briciole agli avversari, conscio che questa mentalità può essere quella giusta per arrivare in fondo.
Umiltà e trinità - Tra passato e scaramanzia, ciò che ha sempre caratterizzato le annate vincenti sono state il numero di sconfitte all'interno di un campionato: tre. Sia nel primo caso, che nel secondo, Bianchi e Bigon hanno trascinato, assieme a Maradona ed al resto della squadra gli azzurri alla conquista del titolo. Il Napoli di Sarri è a quota una sconfitta dopo il primo terzo di campionato: una media che, seppur matematica e quindi effimera in termini sportivi, lascerebbe una porticina aperta verso questo obiettivo. Numeri e cabala a parte, ciò che sembra essere alla base della spinta emotiva di questo Napoli targato Maurizio Sarri è l'umiltà che il tecnico toscano-napoletano ha infuso a questa squadra: un aspetto che, sia nella gestione Mazzarri (quella che più si è avvicinata al sogno), che con quella di Bentiez, ha dato al gruppo maggiore consapevolezza dei propri mezzi e che probabilmente non ha permesso ai partenopei di cullare il sogno fino in fondo nelle precedenti edizioni.
Sognare non costa nulla...