E' il 2009, dopo 7 giornate di campionato viene esonerato Donadoni e il suo posto sulla panchina del Napoli viene occupato da Walter Mazzarri. Da questo momento in poi il DNA azzurro cambia per sempre. Si inserisce nel corredo genetico di questa squadra l'uso imprescindibile degli esterni. L'allargare il gioco sulle fasce, dar spazio alla manovra, creare superiorità nelle zone laterali del campo, armi che il Napoli dal 2009 al 2015 non dimentica più.

Mazzarri è chiaro, se il Napoli vuole vincere, deve correre. Correre sugli esterni più che mai. Per farlo schiera per quasi tutta la sua permanenza a Napoli il 3-5-2. Gli esterni di quelle stagioni sono giocatori che devono ricoprire tutta la fascia del campo. Da un lato Maggio, dall'altro Zuniga o Armero. Terzini, tornanti, ali. Sono tanti i gol che nascono da lì, dalle fasce. Se si attacca a destra anche l'esterno sinistro sale in attacco e la palla arriva proprio lì, dove con un cambio di gioco si fa male gli avversari... il Napoli è secondo in campionato.

E' il 2013, arriva Rafa Benitez ai piedi del Vesuvio. La squadra cambia. Si perdono Lavezzi e Cavani, ma arrivano Callejon, Higuain, Mertens. La qualità cresce e il modulo cambia. C'è però un punto di contatto. L'uso imprescindibile degli esterni. Non si gioca più con il 3-5-2, ma con il 4-2-3-1. Ora gli esterni sono giocatori d'attacco. Callejon, Mertens ed Insigne. Anche se sono comunque spinti a dar man forte in difesa, i  gol arrivano. Il Napoli è tra i miglior attacchi del campionato, e quasi tutte le azioni offensive azzurre nascono da un surplus sugli esterni, dove le sovrapposizioni di Maggio e Ghoulam creano spesso problemi agli avversari. 

Ad Higuain arrivano palloni da cross e da giocate palla a terra. Dalla destra la palla arriva a sinistra. Da sinistra arriva a destra. Il gioco è bello e molte volte efficace. Il Napoli continua nella gestione Benitez a sfruttare l'arma esterni, arrivando terzo in campionato e sfiorando l'impresa in Europa League.

E' il 2015, sulla panchina del Napoli siede Maurizio Sarri. Il cambiamento è netto. Subentrano i nuovi Valdifiori, Allan, Hysaj, ma più di tutto cambia radicalmente il modulo. 4-3-1-2. Sarri cerca di cambiare il DNA azzurro. Si cerca la manovra centrale, qualità in mezzo al campo. Tanta qualità è vero, ma la manovra azzurra ha difficoltà a decollare. I giocatori partenopei sono per caratteristiche... per DNA appunto... esterni. Tolto Insigne, che trova il suo ruolo nella trequarti, Mertens e Callejon hanno notevoli difficoltà a cambiare la loro natura. I risultati allora non arrivano. 

Il Napoli perde a Sassuolo e pareggia con Sampdoria ed Empoli. Sarri dichiara che le caratteristiche degli azzurri sono più votate ad un 4-3-3 e alla prima d'Europa League mette in campo i due esterni a supporto di Higuain. 5-0 il finale. Doppietta dell'esterno sinistro Mertens, doppietta dell'esterno destro Callejon. La pochezza degli avversari è sì significativa, ma la natura del Napoli si vede. Il gioco si allarga, si creano occasioni, si corre  e si da più spazio ad Higuain, il che non fa mai male. 

Ora Sarri ha davanti a se un campionato intero. Le scelte indirizzano il Napoli su una via o su un'altra. Resta però il fatto che l'ex Empoli si dimostra pronto a metter da parte il suo credo calcistico a favore delle caratteristiche della squadra. Dar spazio alla manovra, allargare il gioco, passare dagli esterni di un promettentissimo 4-3-3. Cambiare una squadra nel proprio DNA è quasi impossibile. Gol, bel gioco, talento, corsa, qualità, non mancano agli azzurri, come invece mancano i risultati: punto di partenza per valutare il lavoro di Sarri, un alchimista che deve intervenire per aggiungere questo tassello al DNA partenopeo.