Serata da incubo. La Sampdoria si risveglia il giorno dopo con la testa che scoppia, come dopo una serata di bagordi, ma il motivo non è una festa, anzi. Il poker rimediato da Zenga contro il modesto Vojvodina, squadra serba che, è impietoso quanto roboante. Seppur più in forma e meglio messa in campo e che difficilmente poteva mettere sul terreno di gioco la qualità dei calciatori sampdoriani. Quanto di buono fatto lo scorso anno rischia di essere vanificato in una notte sciagurata, frutto forse della scarsa programmazione di una società che perso l'uomo bussola, si è affidata ad un allenatore che la bussola non sa proprio cosa sia.
La scarsa esperienza si paga, ed anche se il conto è più salato di quanto ci si aspetti, la Sampdoria al netto delle defezioni che ne devastano il reparto arretrato (Regini, Coda e Moisander), è la lontanissima parente di quella compatta e rognosa dell'era Mihajlovic. Ciò che impressiona è la spaccatura tra i reparti dopo soli dieci minuti di gioco, che evidenzia scarsa lucidità ed una preparazione evidentemente inadeguata. I blucerchiati faticano, a masticare gioco, così come a correre dietro agli indemoniati serbi.
Palombo, schierato da centrale in luogo di Regini, la cui defezione sarà decisiva in negativo, vive una delle peggiori serate della sua carriera, pareggiando forse la delusione per la retrocessione di qualche anno fa. Le sue parole a fine gara sono eloquenti e non lasciano spazio a commenti ed approfondimenti, né all'immaginazione: "Dispiace perchè ci tenevamo molto. Provo un po' di vergogna a commentare questa gara, è ovvio. Siamo i primi a essere avviliti, perché volevamo far bene dopo tanti anni fuori dall'Europa. Abbiamo fatto poco e niente, ci prendiamo le nostre responsabilità: andremo là e cercheremo di fare 5 gol, anche se sarà difficile. Non bisogna mollare. Direi che è stata una serataccia. Non ce l'aspettavamo, ma ormai è andata. Dispiace soprattutto per i tifosi".
Le attenzioni del capitano blucerchiato si spostano successivamente sul ruolo inedito ricoperto da difensore centrale, più per necessità che per altro: "Era molto che non lo facevo, ma non bisogna cercare alibi. Io ho dato disponibilità, ma non darei la colpa a quello. Il primo gol è stato un errore individuale, ma non mi pesano i fischi. L'atteggiamento è stato sbagliato. Sapevamo che gli altri erano più avanti fisicamente, ma dovevamo gestirla in maniera differente. Non ci siamo riusciti e portiamo a casa questa brutta figura. Non farei paragoni con lo scorso anno, perché non sarebbe corretto. Dobbiamo imparare da quello che non abbiamo fatto stasera".
Zero alibi, gli stessi che l'uomo ragno, ferito nell'orgoglio e primo a metterci la faccia davanti alla curva gremita di tifosi doriani, non vuole trovare nelle dichiarazioni rilasciate in conferenza stampa post partita: "Emergenza in difesa e pochi cambi? Io non sono uno che cerca scuse. Sono partito il primo luglio, ho provato determinate cose, sono arrivato a Torino e ho avuto giocatori che hanno avuto un virus. La formazione l'ho dovuta mettere insieme in funzione di queste cose. Queste non sono scuse perchè comunque undici giocatori vanno sempre in campo, sette vanno sempre in panchina e nell'arco del tempo ci sono determinate cose che vanno fatte. In uscita il discorso è differente. Se vogliamo parlare di Okaka, parliamo di chi è andato via ma il discorso è complicato e allargato a cose che sono gestione di società e allenatore e divulgarle diventa problematico. Non c'è nessuna scusa. Una squadra che perde 4-0 deve solo analizzare il fatto che sono stati incassati tre gol nei primi dieci minuti".
Con la qualificazione oramai più che compromessa, Zenga cerca tra atteggiamento ed orgoglio per provare a voltare pagina fin da subito, pensando alla sfida del ritorno: "Quando si perde una partita così vuoi sempre rigiocare. Vogliamo andare a giocare a Novi Sad e ottenere il massimo. Devi comunque giocare per far sì che queste sconfitte siano assorbite. Abbiamo preso una bella botta che ci farà sicuramente bene. Ci farà riflettere su quanto fatto. A mio avviso i primi dieci minuti dei tempi hanno condizionato l'andamento della gara. Abbiamo avuto delle occasioni per pareggiare con quattro o cinque situazioni. Quando siamo rientrati in campo, invece di avere pazienza abbiamo regalato il secondo e il terzo gol in contropiede. A quel punto la situazione è diventata pesante".
Le ultime parole spettano al presidente Ferrero, messo alla gogna sullo stesso piano dell'ex allenatore di Catania e Palermo: "Posso solo dire che ringrazio i nostri tifosi, sempre meravigliosi. Abbiamo perso meritatamente e non posso che chiedere scusa. Questa è stata una gara no, una partita sbagliata. L’emozione e le partite estive possono tirare brutti scherzi e questo è stato proprio un black out. Questa non è la mia Samp, non è la squadra forte che abbiamo costruito e intendiamo rinforzare. Forse era scritto che non dovevamo andare. Abbiamo però un’altra partita e nel calcio non bisogna mai dire mai. Sono sicuro che questa squadra sia forte. Di acquisti ne faremo, ma al ritorno non potranno giocare. Ripeto hanno vinto solo i tifosi, ancora una volta generosi e straordinari. Voi pensavate che a questi qui facevano quattro gol a noi? Io non ci avrei scommesso nulla. Nel calcio può succedere di tutto, abbiamo ancora una partita: non ci credo, però i miracoli esistono. Cassano e Balotelli i miracoli di mercato della Samp? Balotelli scordatevelo perché costa 10 milioni di stipendio e con 10 milioni mi prendo otto Balotelli. Se l'ho incontrato? L'ho visto due o tre volte ma in fotografia. Cassano? Vediamo. Se ne parlerò con Zenga? Io non devo parlare con nessuno, posso parlare con Ferrero. Se fosse arrivato prima Cassano oggi sarebbe andata diversamente? È da chiedere al mago Silvan".
L'unica cosa da fare era mettere da parte tensioni e polemiche del pregara che evidentemente sono venute a galla nel momento di difficoltà e che hanno imbavagliato la Sampdoria a livello mentale oltre che fisico. Il rapporto tra Zenga e Ferrero sarà, inevitabilmente, al centro dell'attenzione dei media e non solo fino alla prossima gara, quando la Sampdoria sarà chiamata, in Serbia, quantomeno ad una reazione di impeto ed orgoglio. Lo stesso che lo scorso anno non è mai mancato e che ieri sera, invece, è stato sepolto dal Vojvodina.