Roberto Donadoni ha parlato della crisi del suo Parma (giovedì potrebbe essere la giornata decisiva per decretare il fallimento del club) a GazzettaTv: "La cosa più spiacevole è quando ti rendi conto che le persone non sono come pensavi, o meglio come volevano apparire. Io ho un pregio, quello di non portare rancore. Però qui sono in ballo i destini di tante persone. Sembra che si sia tornati alla normalità perché abbiamo giocato due partite, ma non è così. La situazione è paradossale, non ci si può ridurre all’ultimo secondo per aspettare chissà quali decisioni. Il problema è a monte. È impossibile pensare di cambiare qualcosa facendo sempre le stesse cose. Ci deve essere una presa di posizione da parte di tutti e avere la coscienza di dire che forse qualcosa si è sbagliato. Non basta metterci la toppa all’italiana. La cosa che più fa male e che provoca tanto dispiacere è il constatare come parecchie persone non sono come tu credevi che fossero, era tutta apparenza. E intanto oltre ai giocatori anche altri ragazzi e gente perbene non vedono soldi da mesi, già guadagnavano poco: parlo di magazzinieri ed altro personale che lavorava per il Parma, alla fine sono loro a pagare più di tutti. Avevo un ragazzo che si chiamava Coric il quale aveva paura che chiudesse la mensa. Gli ho detto di venire da me, anche se era alto più di 2 metri e facevo fatica a tenerlo nel letto. La verità è che il Parma e chi ci lavora ancora dentro rappresenta una carogna abbandonata in mezzo al deserto, con gli avvoltoi che svolazzano tutto intorno pronti a banchettare con quel che resta. Di soldi non ne abbiamo ancora visti, nemmeno un euro”Crisi del calcio italiano? Occorre ragionare su come sia possibile fare calcio nel migliore dei modi, ad oggi non favoriamo i nostri giovani mentre all’estero la cosa più importante è far divertire i ragazzini e si respira un altro clima. Dovremmo fare così anche noi”.
Per finire Donadoni concede una battuta su una possibile eventualità per il suo futuro:“Se mi dovesse chiamare il Milan credo che sarebbe difficile non rispondere e soprattutto dire di no. Capisco Inzaghi, non era affatto facile rifiutare la panchina del club rossonero. La mia carriera da allenatore è partita al Lecco, volevo vedere di cosa fossi capace dall’altra parte della barricata ed una certa carriera l’ho fatta anche come tecnico. I discorsi da bar che si fanno lasciano il tempo che trovano. Io ho visto 80' di Fiorentina-Milan ed ho visto un po' i viola in sofferenza nel primo tempo. Nella ripresa i padroni di casa hanno preso in mano il match e hanno cercato sempre di costruire e mettere in difficoltà gli avversari. E' chiaro che gli ultimi due risultati, che avrebbero potuto sistemare un po' le cose in casa rossonera, non sono arrivati".