L'eterno bambino si chiede cosa far da grande, Antonio Cassano è al punto di svolta, sei mesi lontano dal terreno di gioco per decidere come proseguire il suo cammino nel mondo del calcio. Il pallone resta l'amore di una vita, il gioco da cui è impossibile separarsi, ma in futuro potrebbe assumere altre forme, anche lontano da tacchetti e maglia.
Il Cassano svincolato scruta l'orizzonte, a 32 anni è tempo di un'ultima scelta, proseguire con allenamenti e fatica, soddisfare il piacere della partita, della domenica, la sensazione di essere protagonista, ancora una volta o indossare l'abito elegante, di rito? Non è cambiato Cassano, ama la folla, la platea, la giocata. Maturato sì, lo si evince dagli ultimi anni di una carriera contraddistinta da troppi bassi, a fronte di alti accecanti, ma rari.
L'addio al Parma, lo scrigno dei debiti aperto alla stampa, Cassano è il primo a chiudere la porta alla società ducale, dopo di lui in tanti. Parma, come Genova, città accoglienti, accomodanti, distanti dalla pressione di piazze esigenti, il luogo naturale in cui esprimere talento in dosi industriali, sentirsi importanti.
Un mese di mercato, solo ipotesi, il ritorno all'Inter, accarezzato, l'idea del cuore, Bari, nulla di fatto. Cassano resta seduto, in attesa dell'estate, pensando al passato, ma soprattutto a quel che ancora deve venire.
"La Juve non mi ha mai affascinato, l'ho rifiutata 4 volte. L'unico rimpianto che ho è il comportamento avuto nei confronti di Riccardo Garrone: è stato un errore clamoroso, ho cercato di rimediare ma a distanza di anni non me lo perdono ancora. Il futuro? Non mi vedrei come allenatore, preferisco il ruolo di direttore sportivo, guardare le partite. E vorrei essere un eroe positivo per i miei figli".