"Il Cagliari Calcio comunica che da oggi Zdenek Zeman lascia la guida tecnica della prima squadra. La Società ringrazia il tecnico e tutto il suo staff per il lavoro svolto in questi mesi con grande professionalità e dedizione", con queste parole, apparse sulla pagina della società, termina l'idillio tra Zeman e Cagliari. 16 giornate, due vittorie, le consuete sbornie di bel calcio, gol a grappoli, in un senso e nell'altro. Dodici punti, un passo avanti a Cesena e Parma, frutto di due vittorie e sei pareggi. L'ultima batosta contro i nemici di sempre, rinunciando a un credo cristallizzato dagli anni.
Zeman lascia, con l'amaro in bocca, dopo aver deglutito il boccono bianconero. Lascia, dopo le riflessioni di Giulini e l'ultimo allenamento, condotto da Zeman, con ripetute, sfiancanti, alla ricerca della perfezione fisica, dettaglio fondamentale per un gioco fatto di rapidità e bellezza. Se ne va un esteta polemico, un allenatore senza peli sulla lingua.
Il mondo del calcio si divide tra chi abita a zemanlandia e chi detesta invece un tecnico ammaliato dalla fase offensiva a tal punto da chiudere gli occhi sull'altra sponda del campo. L'eterna lotta tra chi definisce Zeman "maestro di calcio" e chi lo etichetta come "eterno perdente". La polemica con la Signora, la lezione di calcio a Pescara, il fallimento giallorosso, nella stagione della verità, ora l'occasione sarda.
Una rosa modesta, ma di provincia, la possibilità di valorizzare giovani e progetto. Il consueto vortice di alti e bassi, fino all'atto conclusivo. Lascia Zeman, e tra pro e contro è comunque un peccato, per tutti.
Per la successione l'idea di cuore Zola e quella d'esperienza Reja, con sullo sfondo la figura di Guidolin. Cagliari cambia, la A perde un uomo di campo, aldilà delle battute al vetriolo.