Chievo-Cagliari finisce 0-0, e chiunque, guardando i primi venti minuti dell'incontro, ha capito da subito che solo un episodio avrebbe potuto sbloccare il match. L'incontro, condizionato dalla fitta pioggia caduta sul Bentegodi, non è mai decollato, e per molti versi mai iniziato. Il tabellino del primo tempo rivela impietoso il dato più significativo: un solo tiro in porta in 45 minuti, per giunta neanche pericoloso. Nella seconda frazione lo spettacolo non è stato più gradevole, le due squadre hanno lottato a centrocampo, tenuto ritmi alti, ma non hanno costruito occasioni limpide di rilievo. Il penalty fallito goffamente da Pinilla al 56' è la ciliegina sulla torta in una partita che non resterà certo negli annali della storia del calcio.
L'ELOGIO DELLA NOIA - Se ci si sofferma sugli schieramenti tattici di inizio gara, si hanno molte risposte per capire gli sviluppi dell'incontro: il Chievo ha proposto una formazione rinunciataria, con un 3-5-2 che ha puntato a coprirsi più che ad offendere, gli esterni non hanno mai offerto soluzioni interessanti in zona gol, mentre gli attaccanti sono rimasti troppo soli in attacco e con pochissimi spazi per agire. Il Cagliari, dal canto suo, si è schierato con il solito 4-3-1-2, ma il gioco ruota troppo sulle invenzioni di Cossu: quando il trequartista sardo non è ispirato, la lampadina non si accende. Le prestazioni migliori sono arrivate dai difensori, che hanno avuto vita facile nell'arginare gli avversari.
CAMBI SBAGLIATI - Le responsabilità dei due allenatori non finiscono qui: i cambi apportati nella seconda frazione sono stati inefficaci. Corini si è affidato alla verve di Sestu, che ha sostituito uno spento Sardo, ma, ad esclusione di un'occasione creata pochi minuti dopo il suo ingresso, non si è mai visto. Lopez ha risposto giocandosi la carta Ibarbo, al rientro dopo più di un mese, ma in una partita chiusa, con pochissimi spazi a disposizione, le abilità da contropiedista del colombiano difficilmente emergono, e così è stato.
SCUOLA ITALIANA - La partita infine ha messo in evidenza un'abitudine tutta italiana nella ricerca del pari a tutti i costi in alcuni incontri: le squadre sono scese in campo alla ricerca del pareggio, non hanno fatto niente per ottenere i tre punti, e i fischi del Bentegodi a fine incontro sono la ricompensa più giusta. In certi casi forse andare a prendere ripetizioni in Premier League o in Bundesliga potrebbe evitare agli spettatori il rimpianto di aver pagato un biglietto per trascorrere una domenica allo stadio.