De Laurentiis non ha certo bisogno di presentazioni. Ormai gli uomini dell'UEFA dovrebbero ben conoscere il suo carattere esplosivo, condito con uscite che definire impetuose sarebbe un eufemismo. Non è uomo da mezze misure, Aurelio De Laurentiis, e quando si mette un'idea in testa è difficile che poi questa non diventi realtà anche se prima di diventare tale assume spesso i contorni dell'ossessione. Testardo, coraggioso, rivoluzionario, determinato, sono solo alcuni degli aggettivi che possono spiegare il suo personaggio. Quando rilascia dichiarazioni è sempre polemica. E' nel suo DNA di imprenditore provocare per innovare, esagerare per attirare l'attenzione necessaria ad attuare i suoi progetti e spingersi oltre per trasformare i propri sogni in realtà. Ovvio, poi, che i sogni dei quali stiamo parlando sono quel genere di sogni che si tengono in banca, che arricchiscono i presidenti delle squadre di calcio. Sogni che fanno rima con soldi. Non nascondiamoci però dietro a un dito: il calcio, e questo va detto a malincuore, non potrà mai tornare ad essere quello che era negli anni '90. Il calcio è oggi più che mai un business, un business spietato dove ogni parola (vedi cuore o sogno) è usata a mo' di scusa per fare più ricavi possibili, dove per gli attuali uomini al vertice di tutte le “squadre-corazzate” che dominano il calcio europeo, il calcio è un investimento fatto esclusivamente per soldi. Soldi, che ahimè, sembrano essere diventati anche nel calcio, specialmente negli ultimi anni, sinonimo di vittoria, l'unico modo per vincere a avere successo.

E De Laurentiis da buon imprenditore questo lo sa. Lui che si è affacciato nel mondo del calcio rilevando un Napoli disastrato che non riusciva a venir fuori dalle sabbie mobili della Serie C, nel lontano 2004, per portarlo a risalire le gerarchie del calcio italiano fino a renderlo una delle più accreditate contendenti alla vittoria del campionato. Ma lo spumeggiante produttore cinematografico che ammette all'Equipe che “quando è entrato in questo ambiente non conosceva nemmeno la differenza tra il 4-4-2 e il 4-3-3” non è ancora sazio. Sogna la scalata europea per fare degli Azzurri uno dei club più ricchi e potenti d’Europa e di rivoluzionare il mondo del calcio, ora che conosce bene i meccanismi che regolano questo sport.

Ed è così che in un'intervista col giornale francese L'Equipe DeLa torna a parlare con forza della sua intenzione di creare “una nuova coppa d'Europa”. “Se l'Uefa si ostina a non ascoltare questa proposta - minaccia De Laurentiis - allora bisognerà creare una Lega parallela. Ma spero che Michel Platini, con la sua cultura e la sua intelligenza, continui alla guida dell'Uefa e si apra al dialogo, perché bisogna essere concreti: dobbiamo trovare i soldi”. Per De Laurentiis dunque l'obiettivo è quello di sedersi ad un tavolo con il numero uno dell'EUFA e trovare un accordo: “Devo ancora parlare con Platin. Se desidera conservare il potere, che si sieda a un tavolo con i grandi club europei e discutiamo. Possiamo offrirgli un contratto di vent'anni, ma in cambio, deve portare più soldi. Per esempio, per aumentare le entrate, sarebbe interessante commercializzare le partite su internet. Platini si ostina anche a vendere i diritti dei match europei direttamente alle tv. Quando invece bisognerebbe avere da queste un utilizzo solo meccanico, per poi versargli una percentuale degli introiti generati dalla vendita della partite ai telespettatori, come avviene per le sale cinematografiche”.

Il numero uno del Napoli ha le idee chiarissime e prosegue: “C’è bisogno di creare un’unica Coppa Europa che coinvolga le prime 5 squadre dei migliori campionati europei. Una competizione che potrà generare 5 miliardi di euro, una rivoluzione. Tutti sembrano essere contenti di guadagnare 40 milioni di euro con la Champions. Io invece ne voglio guadagnare 150, 200. Dobbiamo cambiare le regole e aumentare le entrate. Oggi posso benissimo essere colui che mostra la strada da seguire.

Ma mettere tutti intorno a uno stesso tavolo è difficile. Chi condivide le mie idee, sono soprattutto i proprietari americani dei club inglesi e i dirigenti tedeschi. Molti altri sono legati alla tradizione. È anche difficile parlare con il Barca e il Real, che si basano su un azionariato pubblico. Inoltre, il Real conclude ogni stagione con perdite enormi e assurde. Spero comunque che le cose possano evolvere nei prossimi 2-3 anni perché nei campionati a venti squadre siamo troppi. I nostri giocatori sono esposti a troppe partite, a cui si sommano, inoltre, gli appuntamenti internazionali. Se a tutto ciò aggiungiamo la C1 o la C2, le Coppe Nazionali e l'Europa League che non serve a niente se non a spendere soldi e energia allora dico che sì, ho voglia di ridurre il Campionato a sedici squadre e di fare una grande Coppa d'Europa che riunirebbe i cinque più grandi club dei cinque migliori campionati europei”.

Ma De Laurentiis ne ha anche per Blatter. Non solo l'UEFA nel mirino del vulcanico Presidente del Napoli quindi ma anche la Fifa: “Blatter e la Fifa fanno i furbi sulle nostre spalle e sui nostri soldi. Bisogna anche cominciare a discutere un indennizzo per i giocatori prestati alle Nazionali. Se il Psg paga Cavani 64 milioni per il suo cartellino, non è che poi lui può andare giocare gratis con l’Uruguay. Se la Nazionale lo vuole, deve pagare un milione di euro per ogni match”.

Riportate le pesanti dichiarazioni di De Laurentiis, è tempo di fare a noi stessi qualche domanda. Ognuno reagirà alle parole del patron della squadra partenopea a modo suo ed è impossibile soffermarsi su chi ha ragione e chi ha torto. Sarebbe inutile. Di sicuro il calcio è in grado di generare introiti maggiori rispetto a quelli di oggi, ma se davvero si dovesse arrivare all’attuazione delle idee del patron azzurro siamo sicuri che lo sport che tanto amiamo rimarrà lo stesso? Le partite di Champions League ci esaltano, è un piacere vederle, ma credo che ogni appassionato di calcio non saprebbe rinunciare alle trasferte in provincia e alle favole che questo sport talvolta è in grado di regalare. Il calcio non dovrebbe diventare uno sport di elitè. Siamo sicuri di voler dare sempre minor peso e riconoscimento a quelle piccole realtà che aiutano a rendere grande questo sport ma che rischiano di essere spazzate via da un sistema, quello degli imprenditori e dei milionari, che mira in alto senza badare nè a spese nè appunto a quelle piccole realtà che vivono di pane e calcio, che vivono il calcio per passione e non per soldi? Forse un'epoca è finita davvero. Staremo a vedere.