I tormentoni a volte sembrano mascherati da storie d’amore, e viceversa. Ecco spiegato il motivo per cui il Milan o la sua sempiterna irriducibile sineddoche Galliani ad ogni finestra di mercato cerca di far rientrare l’affare Kakà. Eh già, come dire, certi amori… Non è questione di amanti che in pieno romanticismo furi tempo massimo si cercano all’infinito perché parti di un unicum come la famosa mela di Platone, poiché quell’unicum non c’è più dall’ormai lontano luglio 2009, quando Ricardo principino “fedifrago” del popolo rossonero se ne andò alla corte di Florentino Pérez, fresco di nomina alla Casa Blanca, portando in dote 65 milioni di euro. È che uno come Kakà, al di là della sua tormentata storia sentimentale col Diavolo, farebbe ancora molto comodo nel centrocampo del Massimiliano furioso che nello sfogo polemico del post partita col PSV (dopo aver riaccompagnato diligentemente a scuola di calcio i pargoli smarriti di Eindhoven) ha lanciato burrascosi segnali di richiesta rinforzi alla società. E se s’inalbera Max dopo anni di silenzi, ringraziamenti e ossequi alla signora, c’è poco da stare allegri.
Il problema dell’operazione Kakà però è sempre identico a se stesso in ogni sessione di mercato. Il brasiliano ha un contratto che lo lega al Real Madrid ancora per 2 anni a 10 milioni netti a stagione. Questo è il dato di fatto da cui partire con Diego Kotscho, procuratore dell’ex fuoriclasse, che oltre ad aver esplicitamente riaperto le porte al Milan, ha già fatto capire all’AD rossonero di voler derogare poco da quel tetto d’ingaggio nonostante età e acciacchi. Cifra improponibile nell’ipotesi di un acquisto a titolo definitivo per le attuali riserve finanziarie di Via Turati se sommati ai 10-13 milioni (bonus esclusi) del costo del cartellino. Il prestito, d’altra parte, incontra ancora problemi fiscali legati al trasferimento al di fuori della Spagna, con pendenze d’imposta onerose per entrambe le società contraenti.
Al di là delle cifre e della burocrazia da commercialisti senz’anima sognare non costa nulla, e cosa c’è di più meraviglioso di un sogno d’amore? E allora sarebbe bello, come cantava Jannacci, fantasticare su un centrocampo ridisegnato in onore del ritorno del grande innamorato, un centrocampo a quattro inserito in un nuovo inevitabile assetto modulare che ricordi anche un altro grande amore, ora proprio a Madrid come Kakà, quel Carletto Ancelotti che per una strana giostra di sentimenti incrociati ha un nuovo spasimante gallese da tutelare. Un rombo perfetto con Montolivo vertice basso davanti alla difesa come nello splendido finale della scorsa stagione e Kakà là davanti a regnare imperiale sulla trequarti a ridosso di Alessandro Matri, l’altro ritorno di fiamma, quello vero, prima punta purissima con Super Mario Balotelli che gli gira intorno come un gemello diverso, come in un videogame dallo score impazzito, come la seconda lancetta di un orologio sincronizzato per l’immancabile appuntamento col gol. Già, alla memoria di quei due che spesso e volentieri facevano trasecolare la Curva Sud di San Siro. Pippo e Sheva i re dello sballo, dell’euforia da vittoria. Sì, sarebbe bello.
E poi via con la colonna sonora per un nuovo vecchio Milan pieno d’amore, con la “vie en rose”, o meglio la vita di rosa, finalmente ampliata e irrobustita dove si vive costantemente e quotidianamente di turn-over, con pezzi cangianti di una scacchiera tirata più a lucido fatta di Boateng, El Shaarawy, Niang, Robinho, Emanuelson e Pazzini quando tornerà a fare capolino con le prime foglie autunnali, con Petagna che sullo sfondo di questo bel quadro dice arrivederci volando verso Genova, sponda Samp. Serve un difensore, dicono dalla regia. Arriverà anche quello in una qualche (altra) sessione di mercato, sempre sull' (H)onda dell'amore.
Ma allora, ci stiamo chiedendo tutti con l’Adriano nazionale, si riformerà oppure no la coppia più bella del mondo Kakà-Galliani? Nel frattempo l’Adriano rossonero risponde come il più classico degli amanti perso tra gli amorosi sensi a sgranare la sua margherita preferita (Kakà-non Kakà): “Chissà?”, lasciando mezza Milano (e presumibilmente mezza penisola) sospesa a sospirare sull’ennesimo tormento(ne) d’amore.