Ecco quanto conta il calcio da ombrellone, con le sue sveltine da 45 minuti e le sue processioni ai rigori. Lazio zero, Juventus quattro. Per carità, neppure questo è oro che luccica, ma dal momento che in palio c’era la Supercoppa, e i duellanti hanno dato tutto quello che avevano in corpo, almeno un po’ sfavilla.

Le grandi squadre giocano con la testa, quando non hanno le gambe, proprio come ha fatto la Juventus di Conte. Il quale Conte d’ora in poi dovrà cancellare dalle pance dei suoi anche questa abbuffata. Non sia mai che i campioni si credano imbattibili. Dopo il 4-2 al Napoli, un agosto fa, ci riuscì.

Piccoli appunti di viaggio. Da una sciocchezza e un infortunio (di Marchisio) può nascere una mossa che sfigura la trama: Pogba. Come diceva quel tale, il destino mescola le carte e gli uomini, poi, ci giocano.

Tre gol su quattro sono arrivati da centrocampo e difesa: la solita Juventus, insomma, con gli attaccanti a tenere aperto il mar Rosso. A proposito: Vucinic e Tevez tendono a gironzolare ai bordi dell’area, cosa che spesso priva la manovra di un pivot vero. Anche questo, un film già visto.

L’importanza degli esterni. Lichtsteiner, per esempio: un gol e due assist. Ha preso Lulic e, con l’aiuto di Vidal, se l’è messo in tasca. Da 3-5-2 a 3-3-4: in Italia, funziona. In Europa, meno. Ecco la chiave della Juventus, nuova o diversa che voglia essere.

Che delusione, Petkovic. Mettilo prima, Floccari. Contro la Juventus, la Lazio è sempre lì, in attesa dell’attesa: di un miracolo di Marchetti, di un episodio. Male Hernanes, che soffre gli avversari di peso, rivedibile la formula dei tre registi (Hernanes, Ledesma, Biglia). Si è salvato Candreva.

Un passo avanti: la squadra sconfitta non ha disertato la premiazione. Un passo indietro: i buuuu razzisti ad Asamoah e Pogba.