One for the ages, si direbbe nella pallacanestro NBA. Una partita da consegnare ai posteri, ancorchè contro un avversario modesto (lo Sporting Gijòn di Rubi è terzultimo in Liga), ma dominata in lungo e in largo da Francisco Romàn Alarcòn Suarez, ventiquattrenne (venticinque il ventuno aprile) da Malaga, meglio noto semplicemente come Isco. Ripetutamente messo in panchina dal suo allenatore Zinedine Zidane, nelle ultime settimane il giovane andaluso sta sfoderando una serie di prestazioni magiche, per qualità complessiva e incisività sui risultati del suo Real Madrid. 

Isco esulta dopo il gol del 2-3 a Gijòn. Fonte: MIGUEL RIOPA (AFP)

Un Real Madrid che di colpo torna a rendersi conto di non poter più fare a meno di Isco. Il primo ad accorgersene fu Carlo Ancelotti, particolarmente sensibile ai piedi buoni in mezzo al campo, trasformando il ragazzo da esterno d'attacco a mezz'ala, un po' come accaduto con el Fideo Angel Di Maria nell'anno della Decima, scomodando per lui un paragone impegnativo come quello di Clarence Seedorf, campione che peraltro in casa merengue conoscono bene. Ci aveva visto giusto ancora una volta Carletto se, alla quarta stagione con la camiseta blanca, Isco è ormai diventato un giocatore meraviglioso, un ibrido tra una mezz'ala e un trequartista, con gol e assist sfornati a ripetizione (già a sette reti in questa stagione). Ma da innegociable (copyright sempre di Ancelotti), il malagueno è passato per un periodo buio, fatto di tante panchine e di tentazioni di andare via da Madrid. Prima Benitez, poi Zinedine Zidane, lo hanno spesso utilizzato da riserva, alimentando polemiche su polemiche, con il madridismo e la sua stampa pronti a far crociate sul giocatore, fresca risorsa della nazionale spagnola. Nell'anno e mezzo da allenatore del Real, Zizou ha trovato i suoi equilibri tattici in un centrocampo a tre, che prevede Casemiro davanti alla difesa, Luka Modric e Toni Kroos ai suoi lati. Poco spazio dunque per Isco, soprattutto nelle gare più importanti della stagione, quelle in cui il tecnico transalpino non rinuncia al suo once de gala. Situazione che sta vivendo anche un altro talento della rosa merengue, il colombiano James Rodriguez, segnalato sul piede di partenza la prossima estate. 

Isco in azione a Gijòn contro Sergio Alvarez. Fonte: Juan Manuel Serrano Arce (Getty Images)

E Isco? Il contratto in scadenza 2018 spaventa da tempo i supporter del Real, anche per il susseguirsi di voci che lo vorrebbero accasarsi a parametro zero agli arcirivali catalani del Barcellona. Ma, dal punto di vista tecnico e dell'immagine del club, il Real Madrid non può permettersi di perdere un talento del genere: giovane, dotato di un talento senza confini, il malagueno rappresenta il futuro, potendo peraltro essere schierato in diverse posizioni del campo. Mezz'ala, esterno d'attacco (preferibilmente a sinistra), trequartista, Isco fa la differenza ovunque, fluttuando tra le linee con i suoi movimenti felpati. E quando, come accaduto ieri al Molinòn di Gijòn, il ragazzo è in giornata, sono pochissimi i giocatori al mondo in grado di reggere il confronto. Basti riguardare i due gol segnati al malcapitato Sporting di Rubi: il primo, uno slalom speciale tra paletti strettissimi (e mobili), concluso con un gran sinistro all'incrocio, il secondo, una rasoiata a filo d'erba di destro che ha regalato ai merengues l'ennesimo successo al fotofinish. Assistman nato, oltre che perfetto sparring partner per duetti di fino con gli altri fuoriclasse della rosa, Isco è ora l'oggetto del desiderio di mezza Europa calcistica. Su di lui gli occhi di grandi club italiani e inglesi. La priorità resta il Real, ma alle sue condizioni, quelle di giocare di più e soprattutto quando conta. Perdere un talento del genere potrebbe rappresentare un rimorso difficile da sopportare anche per il club di Florentino Perez.