Per un tempo il Brasile illude. Concreto, avanti di un gol. Elias apre per Dani Alves, cross basso, piattone sporco di Robinho e 1-0. Da Robinho a Robinho, dal palleggio elegante sulla trequarti, all'inserimento decisivo in zona-gol. Un talento ripescato decide il quarto di finale col Paraguay e avvicina la Selecao all'Argentina, per la semifinale dei sogni che il Sudamerica attende.
Il destino riserva però un altro finale. Thiago Silva ferma con la mano la palla indirizzata a Santa Cruz, rigore e gol di Gonzalez, 21 anni. Il castello di Dunga, fatto di sacrificio e corsa, crolla, emergono i limiti di un Brasile povero, privo di gioco e idee. Il mondo si capovolge, il Brasile cade vittima delle sue debolezze e annaspa, il Paraguay sente l'odore del sangue e invade la metà campo brasiliana, con poca qualità e molto orgoglio.
Il finale non premia l'undici biancorosso, servono i calci di rigore. Il Brasile sbaglia due volte, con Everton Ribeiro e Douglas Costa, Santa Cruz tradisce il Paraguay, ma il giovane Gonzalez è l'uomo della Provvidenza. Chiude e si scatena la festa, mentre Jefferson, incerto nella prima frazione, ma grande nella ripresa su Paulo da Silva, si rialza mestamente.
Il Brasile è in ginocchio, mentre il Paraguay si concede una corsa sfrenata, a braccia alzate, con occhi increduli. Davide batte Golia, la caduta del gigante è fragorosa. Neymar, ancora una volta, assiste al tracollo della sua Nazionale, impotente. Al mondiale, un infortunio, qui un colpo di testa.
Da Scolari a Dunga, dal viso pacioso di Felipao, a quello spigoloso di Carlos. Un anno dopo, il Brasile vive l'ennesima delusione. Un'epoca avara di talento, un solo fuoriclasse, Neymar, omaggiato dei gradi di Capitano, responsabilizzato al di sopra di ogni sospetto.
Si aprono i processi, la formula O'Ney più dieci non convince, non basta. L'organizzazione del Paraguay cancella il Brasile, sepolto in una notte cilena.