Si sa, la Copa America è tra i trofei più imprevedibili e sorprendenti al mondo: le cenerentole possono in un attimo tramutarsi in armate, le armate possono tramutarsi in cenerentole. Tutto il contrario di tutto. E spesso chi arriva ad alzare la coppa non era una squadra tra le favorite. Ci è andato vicinissimo il Paraguay nel 2011, sotto la guida del Tata Martino, in maniera a dir poco rocambolesca: tra gironi, quarti di finale e semifinale non ha mai vinto una partita nei 90 (e nemmeno nei 120) minuti, ma è arrivata comunque in finale sot, dove è stata poi regolata dall'Uruguay con un secco 3-0.
A rivederlo oggi, quel percorso ha dell'incredibile. 0-0 con l'Ecuador all'esordio, 2-2 con il Brasile nella seconda giornata (gol di Fred quasi allo scadere per riequilibrare le sorti), incredibile 3-3 contro il Venezuela nella terza partita (anche qui con la beffa di due gol presi nel finale). Di nuovo la Selecao ai quarti, con vittoria ai rigori grazie a 4 errori su 4 dell'allora squadra di Menezes, di nuovo Venezuela in semifinale e ancora 0-0 nei regolamentari, come nel quarto, e poi vittoria ancora una volta dal dischetto. Poi, nella gara decisiva, la beffa. E quel 3-0 che brucia ancora, quella finale che mancava dal 1979, la sesta persa su un totale di 8 disputate. Ma anche una voglia ancora maggiore di riprovarci.
PUNTI DI FORZA - Certo, l'età più aurea del calcio Paraguayano è stata sicuramente quella a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio, quando giocatori del calibro di Arce, Gamarra e Chilavert, giusto per citarne alcuni, trascinavano la nazionale. La squadra di oggi ha probabilmente meno talento, ma molta più compattezza e soprattutto tanta determinazione, anche se, chiariamoci, i giocatori in grado di fare la differenza ci sono ancora. Nelle uscite però quel che ha impressionato del Paraguay è stata la grinta, la garra dimostrata nel crederci fino in fondo, specialmente nel match d'apertura contro l'Argentina, con la rimonta nel secondo tempo da 2-0 a 2-2.
Un match simbolico di quanto l'Albirroja ci tenga a fare bene, di quanto voglia cercare di prendersi quel che Suarez e compagni le hanno tolto quattro anni fa. E forse il vero punto di forza è proprio questa determinazione che spinge in avanti la squadra di Ramon Diaz, allenatore esperto e che ha vinto tutto quel che c'era da vincere alla guida del River Plate. Allenatore d'esperienza, rosa di esperienza: Da Silva e il suo record di presenze in nazionale guidano la difesa, il bomber Santa Cruz guida l'attacco. Ecco un altro punto di forza di questo Paraguay: dopo aver fallito la qualificazione al mondiale in Brasile, c'è voglia di rivalsa.
PUNTI DEBOLI - La mancanza di talenti purissimi potrebbe farsi sentire, specialmente nel reparto offensivo: sono presenti ottimi realizzatori, ma manca qualcuno che sappia innescarli a dovere e che sappia creare gioco. L'unico giocatore con queste caratteristiche è Derlis Gonzalez, talento del Basilea con tanto potenziale, ma probabilmente non ancora pronto per essere decisivo su certi palcoscenici. La difesa manca inoltre di velocità, e sulle fasce le disattenzioni nella propria metà campo sono troppo frequenti, si veda il disastroso primo tempo di Samudio contro l'Argentina.
C'è anche un altro problema che spesso si palesa in squadre come questo Paraguay: la voglia di risolvere da soli la partita, facendo mancare un apporto al gioco di squadra e perdendo la sopracitata compattezza.
CHIAVE TATTICA - Di difficile interpretazione la proposta tattica di Diaz nella prime tre partite: punto fermo è la difesa a quattro, per il resto tante variazioni a seconda dell'avversario e del tipo di partita da affrontare. Contro l'Argentina si è visto ad esempio un 4-3-3 con enorme sacrificio degli attaccanti per aiutare sulle fasce, mentre l'opzione 4-4-2 è stata utilizzata nelle due gare successive contro Giamaica e Uruguay. Quadratezza e tanta abnegazione tattica, che spesso porta alcuni giocatori a snaturare le proprie caratteristiche: ad esempio Raul Bobadilla, classica prima punta, è stato spesso spostato sulle fasce. In mezzo al campo ci si affida a Victor Caceres e soprattutto a Ortigoza, giocatore dai piedi buoni e con un'ottima testa.
GIOCATORI CHIAVE - Senza ombra di dubbio il reparto più completo è quello offensivo, che annovera giocatori affermati a livello internazionale, anche se magari caduti nell'oblio nelle ultime stagioni. Riferimento chiaro a Lucas Barrios, passato dall'essere trascinatore del Borussia Dortmund al segnare molto meno in Francia, dopo aver attraversato Cina e Russia con risultati modesti. Stanno per imboccare il viale del tramonto anche Nelson Haedo Valdez e Roque Santa Cruz, ma il loro apporto in nazionale non manca mai ed è fondamentale, soprattutto nello spogliatoio. Discorso diverso invece per Bobadilla, che sta provando a rilanciarsi nell'Augsburg dopo aver fatto benissimo in Svizzera. Tatticamente fondamentale è anche il già citato Ortigoza, uomo chiave in mezzo al campo per fare da filtro e impostare il gioco.
FORMA DELLA SQUADRA - Percorso netto in un girone per nulla scontato: il Paraguay ha chiuso al secondo posto con 5 punti raccolti, frutto di due pareggi contro Argentina e Uruguay e della vittoria per 1-0 arrivata contro la Giamaica. In generale, lo stato di forma dei ragazzi di Diaz è più che buono: il tecnico ha effettuato rotazioni in tutti i reparti, un turnover scientifico per avere più freschezza in ogni reparto. Inoltre, il secondo posto conseguito grazie ai buoni risultati può dare ulteriore fiducia alla squadra, che si ritrova inserita nella parte del tabellone più complicata, quella con Brasile (prima avversaria), Colombia e Argentina. Difficile, ma non impossibile.
OBIETTIVI - Replicare l'impresa di quattro anni fa in Argentina non è facile, ma le sorprese in Copa America sono frequenti, dunque sarebbe sbagliato escludere a priori la possibilità di arrivare fino in fondo. La realtà però è che il Paraguay ha almeno cinque squadre davanti in un ipotetico ranking, solo Bolivia e Perù sono posizionate peggio. Dunque bisogna pensare prima di tutto a ben figurare, anche se per tanti giocatori questa potrebbe essere l'ultima chiamata per vincere qualcosa in nazionale.