Non sempre il mondo del calcio riesce a essere riconoscente nei confronti di chi lo rende un’attrazione in grado di entusiasmare, dividere e unire le folle. O, per dirla con altre parole, di tramutare un pallone che rotola su nervosi fili d’erba in un’emozione. La storia di questo sport è ricco di amori spezzati o interrotti bruscamente, basti pensare a Roberto Baggio, accantonato dal giro azzurro anche in momenti in cui la sua genialità avrebbe fatto comodo ai vari commissari tecnici alternatisi sulla panchina rifinita in foglie d’oro e banconote dalla Federazione.
Un’altra avventura senza lieto fine è quella che ha portato a un divorzio col sorriso tra Alessandro Del Piero e la Juventus: il fuoriclasse capace di digerire esclusioni eccellenti (per informazioni e dettagli rivolgersi a Fabio Capello), il capitano di mille battaglie, il leader che dopo aver vinto un Mondiale aveva accettato di ripartire dal “Romeo Neri” di Rimini e dalla serie B per continuare a vestire di bianconero, venne messo alla porta nel momento in cui i sacrifici suoi e di altri compagni venivano ripagati dal primo scudetto dell’epopea avviata da Conte e proseguita da Allegri.
La cronaca contemporanea si appresta a raccontarci un terzo caso, questa volta esploso al di fuori dei confini nazionali. Una storia d’amore giunta alle nozze d’argento e che proprio sul più bello si appresta a svanire in un divorzio che segnerà la fine di un’epoca: quella di Iker Casillas con la maglia del Real Madrid, sin qui l’unica indossata insieme alla divisa della Nazionale spagnola. E anche in questo caso a trionfare, in modo cinico e beffardo, sarà l’irriconoscenza di un ambiente critico verso un simbolo scaricato in modo brusco. Un’uscita a valanga fallosa e dolorosa da incassare.
Madrileno e madridista, l’estremo difensore veste la camiseta blanca ad appena otto anni. Da quel momento una crescita inarrestabile, con un rendimento continuo e di qualità che lo porta ad essere eletto miglior portiere dall’IFFHS per cinque stagioni consecutive a cavallo tra il 2008 e il 2012, oltre a vincere cinque campionati spagnoli, due coppe del Re, quattro supercoppe spagnole, tre Champions League, due supercoppe europee, una Coppa Intercontinentale, una Coppa del Mondo per club, due Europei e un Mondiale in poco più di tre lustri.
Numeri che farebbero impallidire chiunque. Se a questi aggiungiamo le oltre 500 presenze sempre con la medesima casacca, la rottura di un matrimonio tanto longevo quanto foriero di soddisfazioni risulta poco comprensibile e, romanticamente, amara. Si dice che nel rapporto tra l’ambiente Real e Casillas qualcosa sia cambiato dopo l’errore nella finale di Champions con l’Atletico. Un po’ come se Totti venisse silurato dalla Roma dopo un rigore fallito contro la Lazio. Fatti e misfatti di un calcio che non ha più né tempo né spazio per le icone. La riconoscenza? Forse una parola vuota, spazzata via dal vento dell’interesse. Suerte, Iker.