Avevo dodici anni quando un ragazzo di dieci anni più grande stupiva l'Italia ed il mondo battendo Gilberto Simoni, suo compagno di squadra e capitano alla Saeco, prima a Falzes e poi a Bormio 2000 aggiudicandosi il Giro d'Italia del 2004. Con l'azione sulle Dolomiti, Damiano Cunego si ergeva a nuova stella del ciclismo italiano conquistando il cuore di molti appassionati ed il mio. Oggi, il Campionato Italiano di Darfo Boario Terme è stato il passo d'addio al ciclismo di uno dei ciclisti più vincenti della storia italiana e, soprattutto, del nuovo millennio. Un Giro d'Italia, una Amstel Gold Race, tre Giri di Lombardia, un argento Mondiale e quarantaquattro vittorie complessive fanno del Piccolo Principe uno dei pochi corridori completi in circolazione, soprattutto in Italia, oltre che uno dei più vincenti. 

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La carriera di Cunego ad alti livelli è stata, tuttavia, breve. Otto anni, dal 2004 al 2012, in cui ha raccolto tutti i successi più prestigiosi. Cinque invece gli anni in cui era stabilmente considerato tra i favoriti nei grandi giri od alle classiche a cui prendeva parte. Infortuni, ma soprattutto l'eterno dilemma: corridore da grandi corse a tappe o da classiche delle Ardenne? Il Piccolo Principe ha convissuto con questo dubbio esistenziale per tutto l'arco della sua carriera e la non soluzione del dilemma lo ha inevitabilmente condizionato nella preparazione delle sue stagioni. Dotato di grande accelerazione e di un buono spunto veloce nelle volate ristretto, Cunego è andato via via perdendo la capacità di resistere ai ritmi infernali proposti dai rivali sulle grandi montagne e quindi quella di competere per le vittorie nelle grandi corse a tappe. Non è un caso che nella seconda parte della sua carriera si sia dedicato alle vittorie parziali, le ultime di prestigio quelle alla Vuelta 2009, al Romandia 2011 ed al Trentino 2012. 

L'ultima vittoria di Cunego, lo scorso Luglio al Tour of Qinghai Lake | Twitter ACCPI

Avere a cuore nel corso degli anni le sorti del ragazzo di Cerro Veronese è stato complicato. Tante le gioie, ma tante anche le difficoltà vissute in vent'anni di carriera. La più grande amarezza resterà sicuramente quella dell'argento mondiale a Varese 2008 - la reazione al taglio del traguardo parla da sola -, ma certamente non si può menzionare quella più recente: il mancato invito al Giro d'Italia 2018. La corsa rosa non ha ritenuto doveroso invitare chi per dieci anni lo ha reso grande, onorandolo sempre e fino in fondo, e l'amarezza di non vederlo sulle strade italiche per un Giro d'addio è stata tanta, da parte di tutti. Il saluto non ricevuto nella grande corsa a tappe è arrivato però oggi, da Darfo Boario Terme, che lo ha accolto con un grande applauso al foglio firme. Tutte le attenzione prima della partenza sono state per lui. Il giusto saluto per chi, a suo modo, a segnato un'epoca del ciclismo azzurro.