Dopo la Milano-Sanremo di fine marzo, era ricominciata la solita litania dei detrattori di Peter Sagan. Veri e propri haters - per dirla con un termine proprio del linguaggio Nba - capaci solo di criticare il fenomeno slovacco campione del mondo a Richmond 2015. Quelli del "non vince le corse superiori ai 230 km", dei "secondi posti al Tour", e delle "zero classiche monumento vinte in carriera".

Tutti luoghi comuni o, in alcuni casi, semplici falsità considerando che il fuoriclasse in forza alla Tinkoff, a soli 26 anni, aveva già riempito la bacheca di trofei che in tanti tra i suoi colleghi possono solo sognare. Forse gli stessi che erano pronti a rinfacciargli la cosiddetta maledizione della maglia iridata, quella in virtù della quale il campione del mondo in carica va poi incontro a una stagione al di sotto delle aspettative. Tutto secondo copione, soprattutto dopo la Classicissima di Primavera vinta dal semi-carneade francese Arnaud Dèmare, per un Sagan accusato di sparire dalla scena durante i finali delle classiche monumento. Ma al fuoriclasse nativo di Zilina sono bastate esattamente due settimane per rispondere alla sua maniera, trionfando da Cannibale al Giro delle Fiandre dopo una meravigliosa azione sul muro del Paterberg, mettendosi alle spalle fior di avversari, da Fabian Cancellara a Sep Vanmarcke, passando per il norvegese Alexander Kristoff.

Pochi giorni prima era arrivata anche la vittoria alla Gand-Wevelgem, altra classica di grande tradizione sulle pietre del Belgio, dopo un secondo posto al gran premio di Harelbeke, alle spalle di un ex iridato come Michal Kwiatkowski. Fuori causa solo nella corrida della Parigi-Roubaix, Sagan ha poi impostato la sua stagione sul Tour de France, saltando il Giro d'Italia e preparandosi così alla Grand Boucle. Investimento ripagato alla grande, perchè il campione del mondo è riuscito a dare spettacolo anche in terra transalpina, aggiudicandosi tre tappe e rendendosi protagonista di una grande azione con Chris Froome, Maciej Bodnar e Geraint Thomas nella frazione di Montpellier.

Tris che sarebbe stato poker se l'australiano Michael Matthews non lo avesse beffato in un'altra tappa segnata da una lunga fuga. Già, perchè Sagan corre davvero contro tutti: non assistito da una squadra che gli tiri le volate, si inventa ogni volta numeri di ogni tipo per vincere, da attacchi da lontano a scatti da finisseur. Un po' come accaduto nella tappa di Berna, quando ha spento il sogno del grande rivale Fabian Cancellara di vincere davanti alla sua gente. Il tutto gli ha fruttato la sesta classifica a punti consecutiva alla Grand Boucle, che lo ha reso un abbonato alla maglia verde sui Campi Elisi a Parigi. E, per non farsi mancare nulla, il nostro ha rimpinguato il bottino stagionale facendo incetta di successi al Tour of California, da sempre una delle sue corse preferite, ripresentandosi in gruppo al GP di Quebec, vinto con un'altra azione delle sue. In mezzo, l'apparizione alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, non come corridore su strada, ma come partecipante alle prove di mountain-bike, da vero funambolo della bicicletta qual è. Medaglia d'oro sfumata a causa di una foratura, ottenuta invece ieri alla prima edizione degli Europei aperta ai professionisti con uno sprint senza storia che ha messo k.o. i poveri avversari. Un bottino non da poco, alla faccia della maledizione della maglia iridata, raramente indossata con tanta classe e adorabile sfacciataggine.