No, a Plaza Cibeles stavolta non sono i tifosi del Real Madrid a festeggiare un trionfo dei los merengues, bensì un giovane corridore sardo che ha bruciato le tappe di una carriera che da promettente è divenuta subito di successo. Fabio Aru conquista dunque Madrid e la Vuelta 2015, a cinque anni dall'ultimo successo italiano targato Vincenzo Nibali, espulso nell'edizione appena andata agli archivi. E chissà se sarebbe cambiato qualcosa con il messinese a lottare per la maglia rossa. Ma tant'è, Aru ha vinto di forza e di voglia, di testa e di gambe, sfiancando la resistenza del sorprendente Dumoulin per salire sul gradino più alto del podio di Cibeles, con al suo fianco Joaquim Rodriguez e Rafal Majka.

L'ultima tappa della Vuelta 2015 ha restituito il sorriso al velocista John Degenkolb (vincitore peraltro della Parigi-Roubaix la scorsa primavera), finalmente in grado di alzare la braccia al cielo per festeggiare il suo decimo successo complessivo nella corsa iberica. In una frazione che non ha offerto alcun tipo di pathos, i circa 90 km del percorso conclusivo della Vuelta sono stati superati a velocità di crociera, con il tedesco mostratosi poi nettamente superiore agli avversari nella volata di gruppo, vincendo quasi per distacco davanti a Van Poppel, Drucker e Impey. Solo ottavo Kristian Sbaragli, che conclude così tre settimane positive, impreziosite dal successo di Castellòn. La maglia verde della classifica a punti va invece a Valverde, tra i grandi delusi della Vuelta 2015, mentre l'altro spagnolo Fraile si aggiudica la classifica dei migliori scalatori delle tre settimane iberiche.

A poco più di un anno dalla sua esplosione al Giro d'Italia 2014, Fabio Aru riesce dunque a piazzare in bacheca il primo grande successo di una carriera che si preannuncia quanto mai interessante. Terzo sul podio di Trieste nella penultima edizione della corsa rosa, quinto alla Vuelta dello scorso anno (con due vittorie di tappe a decretarne la definitiva esplosione), Aru ha vissuto nel 2015 la stagione della consacrazione. Splendido secondo al Giro vinto da Alberto Contador, il cavaliere dei quattro mori - il suo soprannome ormai ufficiale - ha approfittato delle difficoltà dei big della Vuelta per diventare il vero protagonista e punto di riferimento della corsa. Con Nibali e Froome subito out (l'uno per una grave irregolarità punita con l'espulsione, l'altro per una caduta che ne ha definitivamente compromesso le chances di successo), il corridore dell'Astana si è dimostrato nettamente il più competitivo in salita, anche se con qualche passaggio a vuoto sulle montagne delle Asturie. Un atteggiamento troppo attendista, condiviso in maniera colpevole dai vari Valverde, Rodriguez, Majka e Quintana, ha rischiato di fargli perdere la Vuelta a vantaggio dell'olandese Tom Dumoulin, splendido a cronometro e mai così brillante in salita durante rispetto agli standard della sua carriera. Ma la tattica dell'Astana nel giorno decisivo, nella tappa di Cercedilla, ha restituito ad Aru la maglia rossa di leader della generale, e all'Italia un corridore su cui puntare per il futuro dei grandi Giri.

Fabio Aru sembra infatti possedere ancora notevoli margini di miglioramento. Oltre a lavorare per essere più competitivo a cronometro, dove dei passi in avanti si sono comunque visti, il sardo imparerà verosimilmente a gestire meglio le sue energie, limitando gli eccessi di una generosità a volte controproducente. Il suo futuro si intreccia però con quello del team Astana e del connazionale Nibali: se il siciliano dovesse rimanere nella squadra kazaka, Aru potrebbe puntare ancora una volta su Giro e Vuelta, mentre in caso di addio di Nibali, il venticinquenne Fabio diventerebbe automaticamente il leader del team, anche perchè l'altra nuova promessa del ciclismo internazionale, Mikel Landa, ha già reso noto che abbandonerà l'Astana a partire dalla prossima stagione.