Sui tornanti dell'Alpe d'Huez trova il suo epilogo il Tour. Sulla strada, nomi che riportano alla mente imprese d'altri tempi, quasi un invito a rendere onore a un'ascesa che rappresenta storia e tradizione. 13,8 km, una pendenza media dell'8%, il tratto più impegnativo poco dopo l'imbocco della salita.
Prima il Col de la Croix de Fer. 29 km, una fatica interminabile, il terreno perfetto per scardinare la resistenza del treno in nero. La condizione del Team Sky è in calo, Froome per la prima volta deve spendersi in prima persona e soffre. L'arrendevole Quintana assapora la rivincita, ma i 30 secondi raccolti a La Toussuire sono piccola consolazione , serve un'azione di coraggio per riaprire un Tour chiuso sui Pirenei.
Chilometraggio ridotto, una volata lunga 110,5 km, senza respiro. Si parte da Modane Valfréjus e i primi 25 km scorrono via senza difficoltà di sorta. Quando inizia la Croix de Fer, la corsa entra nel vivo. Da qui, salita, discesa, salita, senza interruzioni di sorta, se non 10 km che portano al traguardo volante di Bourg d'Oisans.
Nibali è l'esempio da cui trarre ispirazione, anche i più forti, se colpiti nel giusto modo, possono accusare il colpo. Da giorni Froome è al gancio, ma la paura inibisce qualsivoglia sortita, il peso del rischio annulla le offerte della strada. A Contador manca la gamba, la Movistar non sempre è ineccepibile, Froome conta chilometri e ore. Il bis è a un passo, al cospetto del mito il britannico vuol vestire la maglia gialla decisiva, prima di brindare a Parigi.
Percorso diverso, quello odierno, da quello inizialmente proposto dagli organizzatori. La ventesima tappa, disegnata per raccontare in sequenza Telegraphe, Galibier e Alpe d'Huez, si piega ai problemi del tunnel Chabron. Il Tour saluta, in anticipo, due colonne alpine.