Il rapporto tra ciclismo e doping corre, da sempre, sul filo sottile di un continuo fluttuare tra momenti di lotta e omertà. Ai progressi continui, ai casi scovati, tra documenti e reperti, si contrappone il fiuto di nuove tecniche, il rincorrere assiduo di strumenti atti ad aggirare giustizia e pratiche lecite. Il business, l'obbligo continuo del successo, il denaro, tutto muove la carovana delle due ruote su binari pericolosi, togliendo il velo di emozione che è patrimonio di uno sport di fatica e sudore. Mentre si indaga, tra lo sconcerto, sul caso Pantani, riaperto a fronte di nuove e continue indiscrezioni, accuse e interviste, giunte in colpevole ritardo, con la stagione 2014 che va in archivio e apre la braccia per accogliere l'anno venturo, ecco che una squadra si trova, con preoccupante frequenza, nell'occhio del ciclone.
Se la squadra in questione ha tra le proprie fila i due massimi interpreti del ciclismo italiano è ovvio che la sensibilità tricolore sia non poco toccata. Nibali e Aru si interrogano su quanto fuoriesce da casa Astana. Il quarto caso doping in pochi mesi getta nubi sulla condotta del ricco Team guidato da Alexandre Vinokourov. In primis, due atleti della gruppo A, World Tour per utilizzare una definizione più al passo coi tempi, i fratelli Iglinsky, pescati entrambi "con le mani" nell'Epo. Valentin all'Eneco Tour, Maxim, vincitore anche di una Liegi, alla Classica di San Sebastian. Meno noti i due nomi colti di recente in flagrante. Davidenok e per ultimo Okishev. Appartengono alla squadra Continental, quella di sviluppo, riservata a giovani prospetti. Per tutti e due utilizzo di steroidi anabolizzanti, questa l'accusa. I fratelli Iglinsky hanno ammesso la colpevolezza, Valentin autodenunciandosi, Maxim non chiedendo le controanalisi. Probabile sia la via perseguita anche da Okishev.
Quel che rimane è il forte dubbio che aleggia sulle pratiche utilizzate dal Team Astana, facente parte anche del movimento Mpcc, Movimento per il ciclismo credibile. In un periodo in cui la lotta al doping, dopo l'atteggiamento libertino del recente passato, è al centro del progetto UCI, con Cookson attento a ogni caso sospetto, è addirittura la licenza World Tour di una delle compagini più importanti ad essere a rischio e le conseguenze potrebbero essere di proporzioni gigantesche. Senza la licenza di prima fascia infatti, tutti i corridori si ritroverebbero liberi di decidere il proprio futuro lontano dall'Astana.
Giorni, ore, attimi di attesa, riflessione. Nibali è pensieroso, l'immagine è a rischio e il vincitore del Tour non può permetterselo.
Fonte: Gazzetta dello Sport