Il Tour imbocca il lungo rettilineo finale. Inizia da Maubourguet Pays du Val d'Adour l'incoronazione di Vincenzo Nibali, re di Francia. Tre tappe a far da ideale passerella a una Grand Boucle tutta italiana. Dal '98 a oggi, da Pantani a Nibali, dall'elefantino allo Squalo. Due modi diversi di intendere il ciclismo, da una parte il Pirata, in perenne lotta contro se stesso, alla disperata ricerca della pace dei sensi sulle "sue" montagne. Dall'altra il siciliano, pacato e sicuro. A Hautacam, nel saluto pirenaico, il primo vero Nibali. Uno scatto secco, stavolta senza se e senza ma. La firma sul Tour. Dietro affanno e resa. 

La diciannovesima tappa anticipa i 54 km contro il tempo decisivi nella corsa al podio. Valverde si aggrappa alla speranza di una cronometro amica per respingere la truppa francese. Il suo allungo in discesa, interpretato come atto di coraggio si è rivelato con lo scorrere dei chilometri saggia previsione. Alejandro, conscio di una condizione francamente non da Tour, ha provato a guadagnare prima della salita decisiva. Ripreso, si è difeso. Malinconicamente ha sceso i gradini del podio, sancendo un fallimento reso più acuto dall'assenza di Froome e Contador. 

I 208,5 chilometri odierni terminano a Bergerac. Le grandi montagne hanno lasciato il segno e la tappa, lunga, si presta a coraggiosi attacchi da lontano. Difficile il compito delle squadre delle ruote veloci. Controllare la corsa, senza l'aiuto dell'Astana, che verosimilmente non sprecherà energie per rincorrere avversari lontani, sarà impresa complessa. Un solo Gpm, di quarta categoria, posto nel finale. Al km 195,5 si scollinerà sulla Cote de Monbazillac.