Ci siamo, la stagione 2014 del ciclismo è pronta ai nastri di partenza. Tra domani e martedì si parte con gli ormai abituali appuntamenti di gennaio: in Argentina il Tour de San Luis, dove si danno appuntamento molti uomini da grandi giri, compreso il nostro Nibali; e in Australia il Tour Down Under che apre il calendario del World Tour. Per l'occasione proviamo ad analizzare quelli che si preannunciano come i principali motivi di interesse della stagione che va ad iniziare.
1. Nibali, la maglia gialla e la sfida a Froome
Il Tour de France è ormai l'unico grande giro che ancora manca nella bacheca di Vincenzo Nibali, e il siciliano in questo 2014 ci punta forte, fortissimo. Nibali sulle strade di Francia ha già vissuto esperienze importanti, con il sesto posto del 2009 che segnò un po' l'inizio della sua maturazione agonistica, e il podio di due stagioni fa; però mai il suo assalto alla maglia gialla era stato lanciato in maniera così chiara ed esplicita. Lo Squalo rinuncerà alla difesa della maglia rosa conquistata lo scorso anno, coerentemente con un programma di gare che nella prima parte della stagione sarà tutto proteso verso il Tour. Così come l'Astana provvederà a supportarlo al meglio, con una squadra che già al Giro dello scorso anno si era dimostrata all'altezza, e che in inverno è stata ulteriormente rafforzata con l'ingaggio di Michele Scarponi, uomo d'esperienza che sarà gregario di lusso e che con Nibali ha già messo in mostra intesa e affiatamento all'ultimo Mondiale. Quella con Froome, che non ha mai nascosto di voler aprire un ciclo di successi piuttosto lungo in Francia dopo il trionfo dello scorso anno, sarà insomma una sfida dai contenuti tecnici elevatissimi; anche perché a fronteggiarsi saranno coloro che ad oggi sono senza dubbio i due corridori da corse a tappe più forti e completi al mondo. Non è certamente un'impresa semplice quella che attende Nibali, ma forse per la prima volta l'Italia può concretamente sperare in un ritorno al successo in terra di Francia, sedici anni dopo Pantani. Peraltro proprio nell'anno in cui ricorre il decennale della scomparsa del Pirata, e con Nibali che sarà guidato in ammiraglia dallo stesso ds della mitica Mercatone Uno dell'epoca, Beppe Martinelli. Insomma,nonostante tutto, in questo 2014 l'Italia del pedale, grazie a Nibali può ancora permettersi di sognare.
La stagione 2013 di Joaquim Rodriguez si è chiusa in un incredibile vortice di emozioni. Nel giro di sette giorni il catalano ha vissuto prima la cocente delusione per un titolo mondiale svanito sulla linea del traguardo; e poi, la domenica successiva, l'estasi per la vittoria bis al Giro di Lombardia. In quella intensissima settimana di inizio autunno è un po' riassunta tutta la carriera di Rodriguez, corridore che a quasi 35 anni dà ancora l'idea di essere a metà strada tra lo status di fuoriclasse e quello di perdente di successo. Nelle ultime due stagioni ha vinto tanto e subito altrettante beffe; soprattutto non è ancora riuscito ad andare a segno in un grande giro, con i due beffardi secondi posti al Giro e alla Vuelta del 2012 che ancora bruciano parecchio. Da questo punto di vista per lui il 2014 è ragionevolmente una delle ultime opportunità, se non una vera e propria ultima chiamata. Sarà al via del Giro d'Italia e sarà uno dei grandi favoriti al pari di Scarponi, Porte e soprattutto dei colombiani Quintana e Uran; poi cercherà di essere protagonista anche alla Vuelta, con un occhio di riguardo alla potenziale rivincita iridata nel Mondiale casalingo di Ponferrada; senza dimenticare le Classiche di primavera ed in particolare la Liegi-Bastogne-Liegi, altra corsa in cui lo scorso anno si è dovuto accontentare del secondo posto. Insomma gli obiettivi di Rodriguez sono tanti e tutti ambiziosi in questo 2014, un'annata che probabilmente influenzerà in maniera decisa il giudizio e il ricordo di tutta una carriera: quando Purito appenderà la bicicletta al chiodo ci ricorderemo di lui maggiormente per i suoi successi o per le brucianti delusioni?
3. Cancellara e il record dell'ora
É la potenziale impresa che maggiormente intriga, incuriosisce, affascina in questo 2014 ciclistico che va ad iniziare. Perché impresa insolita, desueta, insomma storica. Fabian Cancellara si è messo in testa di provare a battere il record dell'ora. Un primato che in passato ha contribuito a scrivere pagine leggendarie nella storia del ciclismo (per noi italiani si ricordano le imprese di Coppi, Ercole Baldini e Francesco Moser), ma che negli ultimi decenni, tra perdita di centralità della pista e interventi regolamentari dell'Uci che mettendo al bando le bici diverse da quelle da strada ha cancellato tutti i primati ottenuti dagli anni '80 in poi (compresi quelli di Moser), ha notevolmente perso di interesse. L'attuale primatista è il quasi carneade bielorusso Andrej Sosenka che nel 2005 nel velodromo di Mosca percorse 49,700 km. L'assalto di Cancellara andrà in scena probabilmente ad aprile, subito dopo le Classiche del Nord in cui lo svizzero cercherà di ripetere l'accoppiata Fiandre-Roubaix dello scorso anno, e potrebbe veramente risvegliare l'interesse attorno a questo primato: gli altri due grandi cronoman contemporanei, Tony Martin e Wiggins, assieme a Cancellara sul podio dell'ultima crono iridata a Firenze, stanno a loro volta pensando di cimentarsi in futuro nell'impresa. Lo spettacolo sarebbe garantito.
Parigi, 21 luglio 2013, ultima tappa del Tour: sugli Champs Èlysee Marcel kittel riesce a mettere la propria ruota davanti a quella di Mark Cavendish, che la tappa conclusiva del Tour de France la vinceva consecutivamente da quattro anni. Da molti quel risultato è stato interpretato come un possibile passaggio di consegne, anche perché arrivava al termine di un Tour in cui il tedesco era stato chiaramente il miglior velocista, vincendo ben quattro tappe contro le sole due di Cavendish (bottino più magro dal 2008, quando l'ex campione del mondo ha iniziato a collezionare vittorie di tappa alla Grand Boucle). Il 2014 degli sprinter riparte da qui, da una gerarchia da ridisegnare o consolidare; da un Kittel ormai nel pieno della maturità fisica e agonistica, e da un Cavendish, tre anni più grande del tedesco, che certo non si rassegna a farsi relegare al ruolo di numero 2; senza comunque dimenticare gli altri protagonisti di un settore che sta in generale vivendo una vivace fase di ricambio generazionale. Cavendish è estremamente carico, ritrova accanto a sé Mark Renshaw, formidabile apripista ai tempi dell'Htc, e potrà contare sul supporto dell'ex rivale Petacchi, a formare un treno Omega Pharma che dovrebbe rivelarsi finalmente all'altezza. Il britannico sta anche pensando di cambiare qualcosa nella sua programmazione (al Giro dovrebbe esserci, ma difficilmente arrivando fino in fondo) per farsi trovare pronto alla sfida col tedesco. Sfida che avrà in Harrogate, nello Yorkshire, e Parigi i teatri principali, prima e ultima tappa di un Tour che parte praticamente a casa di Cavendish e in cui il britannico punta ad indossare almeno per un giorno quella maglia gialla che non ha mai vestito.
5. Sagan e la qualità delle vittorie
Per descrivere Sagan possono anche bastare i numeri, per quanto la freddezza delle cifre poco si adatti all'originalità del personaggio: il 24enne slovacco in quattro stagioni da professionista ha vinto qualcosa come 58 corse (22 nel 2013), spaziando dalle volate di gruppo al Tour alle tappe più dure di corse come Giro di Svizzera e Tirreno-Adriatico, con l'aggiunta della maglia verde (classifica a punti) degli ultimi due Tour de France. Tuttavia non si è ancora imposto in nessuna Classica Monumento, nel 2013 ha mancato la Sanremo facendosi beffare da Ciolek in un finale gestito non benissimo, e ha deluso al Mondiale di Firenze. Insomma c'è da lavorare sulla qualità delle vittorie come ha ammesso lui stesso in inverno, per cercare la definitiva consacrazione fra qualche mese alla Sanremo prima e sulle strade del Nord poi, dove gareggerà anche alla Roubaix diserata nelle ultime stagioni.
6. Basso, Boonen, Contador, Evans, Wiggins, Schleck: c'è ancora spazio per loro?
Sei corridori molto diversi tra loro, per palmares, caratteristiche tecniche, anagrafe, ma con in comune una grande incertezza in questo inizio di 2014. Sono tutti reduci da una stagione non esaltante e nei prossimi 12 mesi capiremo se c'è ancora spazio per un loro rilancio. Basso vuole almeno un podio al Giro dopo il forfait forzato dello scorso anno; Boonen dopo un 2013 da una vittoria e infiniti problemi fisici vuole riscoprirsi per l'ennesima volta ancora competitivo sul pavé; Contador tornerà al Tour per dimenticare le polemiche interne e i riscontri negativi dello scorso anno, per recitare da terzo incomodo tra Froome e Nibali; Evans vuole dimostrare prima di tutto a se stesso che il Tour dello scorso anno vissuto sempre nelle retrovie, che arrivava però dopo il podio al Giro, non corrisponde all'imbocco definitivo del viale del tramonto; Wiggins dopo un inverno di poca chiarezza e tante voci (ad un certo punto si parlava addirittura di un possibile ritorno alla pista in vista di Rio), sembra ora intenzionato ad andare al Tour nelle vesti di supergregario di Froome, superando i malintesi del passato. Quanto ad Andy Schleck, è ormai il grande enigma del ciclismo mondiale e ragionevolmente il 2014, con il fratello Frank di nuovo al fianco dopo la squalifica per doping, è l'ultima concreta chance di rilancio.
La vittoria di Firenze è stata senza dubbio sorprendente, ma non è venuta fuori dal nulla. Il titolo mondiale di Rui Costa è arrivato al termine di due stagioni di formidabile ascesa del corridore portoghese, che ha vinto le ultime due edizioni del Giro di Svizzera e che all'ultimo Tour si è portato a casa due successi di tappa per nulla banali. In inverno c'è stato il passaggio dalla Movistar alla Lampre, e il 2014 sarà l'anno ideale per pesare le sue reali possibilità di evolversi in corridore da grandi corse a tappe, testandosi probabilmente sulle strade del Tour, da capitano e con l'obiettivo di entrare almeno in top ten. Se saprà reggere la pressione della maglia iridata potrà togliersi belle soddisfazioni, magari anche questa primavera sulle Ardenne.
8. La presidenza Cookson e il futuro del ciclismo
Lo scorso settembre il ciclismo ha voltato pagina dal punto di vista politico, con l'elezione del britannico Brian Cookson al vertice della federazione internazionale che ha chiuso la lunga era McQuaid. Una svolta che si porta con sé elevate attese di rinnovamento, che il nuovo presidente ha il delicato compito di non deludere. In questo senso il 2014 sarà un anno importantissimo: ci sarà da valutare il lavoro e i risultati concreti della commissione d'inchiesta sul doping nominata poche settimane fa; si dovranno delineare meglio i dettagli della radicale riforma del calendario internazionale a cui il ciclismo andrà incontro nei prossimi anni; ci si augura di poter apprezzare i primi interventi concreti per la valorizzazione del ciclismo femminile, altro argomento centrale nel programma elettorale di Cookson. Insomma il 2014 sarà un anno fondamentale per capire qualcosa di più sul futuro che attende il mondo del ciclismo.