Non basta il maltempo a sconvolgere il Giro. Nel giorno in cui gli organizzatori sono costretti ad arrendersi ai fenomeni atmosferici che hanno colpito le mitiche vette della corsa rosa, dal Gavia allo Stelvio, fino al Tonale, che era stato scelto come percorso alternativo, arriva una notizia ben più nefasta di neve, pioggia e vento. Il demone del doping si impossessa ancora una volta del mondo a due ruote. Dopo il caso Georges, corridore dell'Ag2r La Mondiale, è un nome noto del ciclismo di casa nostra, a ricadere nella torbida rete delle sostanze proibite. Danilo di Luca è risultato positivo a un controllo, poco prima della partenza del Giro d'Italia. Lui, che fino a poco giorni prima del via, non era ancora certo di partecipare e che solo alla fine aveva trovato l'accordo con la Fantini Selle Italia, sembra aver ancora una volta tradito non solo i suoi compagni e il Team che aveva creduto in lui, ma in primis se stesso. Epo. Come spesso accade. La sostanza preferita dai bari di questo sport. Un peccato, perché era piaciuto e non poco il Danilo di questo Giro. Un peccato, perché la sua immaginazione e la sua fantasia, i suoi attacchi improvvisi, avevano accese la corsa, forse più delle stesse asperità del terreno. Un peccato, perché era solo finzione.

 

Dopo la positività al CERA, il doping di ultima generazione, al Giro del 2009, un'altra freccia nel cuore della carriera del ragazzo di Spoltore, un'altra macchia indelebile, destinata a sfregiarne onore e carriera. Forse l'ultimo atto. Forse finisce qui. E forse è meglio così. Dispiace per il ciclismo. Dispiace per Danilo Di Luca. Soprattuto dispiace per chi crede nello sport pulito, fatto di fatica e sudore.