La Juventus vince lo Scudetto per la settima volta consecutiva. È il verdetto più rilevante che ci lascia la 37esima giornata di questa Serie A, con i bianconeri che hanno matematicamente ipotecato il titolo con una settimana d'anticipo grazie allo 0-0 ottenuto sul campo della Roma. Un traguardo straordinario già nell'aria da alcune settimane, ma adesso ufficiale. Non può che trasudare soddisfazione da parte di chi c'è stato dall'inizio come Andrea Barzagli, giocatore sempre più nella storia del nostro calcio ed inoltre autore di una grande prestazione stasera. Lui però, sulla sua prova, fa l'umile: "La prestazione è di tutti, ora non era neanche facile perchè dopo la vittoria di mercoledì avevamo anche un po' allentato la presa. Era diffiicile, è venuta fuori tutta la rabbia e la compattezza che abbiamo avuto quest'anno. Festeggeremo questo Scudetto che è storia per noi, il nostro popolo e la nostra Società".
Ecco il bilancio in generale dell'annata, da parte del saggio numero 15, uno delle garanzie sotto l'aspetto tecnico-tattico a disposizione: "È stata un'annata difficile anche questa, ma alla fine abbiamo portato anche stavolta due trofei a casa. È stato un grande campionato perchè il Napoli ha dato battaglia fino alla fine ed è stato anche bello perchè è stato forse l'unico combattuto fino alla fine. L'abbiamo spuntata noi con la nostra continuità ed il nostro carattere. Ci godiamo la festa, sabato o domenica o quando sarà, e poi riinizieremo. Siamo passati, da un quarto d'ora a San Siro di buio più profondo, a veramente rivedere lo Scudetto a portata di mano. Ci sono stati momenti difficili, ma l'abbiamo spuntata e siamo veramente contenti".
Infine, fa un certo effetto pensare che al termine dei propri primi sei mesi in bianconero, l'ex Wolfsburg era titolare della squadra settima in classifica. Era immaginabile, allora, tutto questo? "Se ritorno indietro chiaramente no, poi strada facendo ci siamo resi conto di quanto siamo cresciuti tutti, sia noi sia la società, abbiamo fatto stagioni straordinarie, anche due finali di Champions. La dimostrazione è che abbiamo fatto grandi cose in Italia ma anche all'estero. L'anno prossimo? Spero che saremo sempre a battagliare insieme".
È entrato nella storia pure Max Allegri, primo allenatore della storia a centrare il traguardo delle quattro doppiette consecutive. Alla stessa emittente televisiva, il tecnico ha rilasciato una lunga intervista colma di soddisfazione, partendo dal motivo per lui alla base di questa serie di successi: "Perchè ho una squadra importante, dei giocatori bravi che fanno una cosa importante che nel calcio sia fondamentale, perchè riescono a passarsi la palla tra di loro. La Società ha sostenuto me ed i ragazzi nei momenti difficili. L'equilibrio ha fatto la differenza, abbiamo passato dei momenti... vedi la partita a Napoli all'andata, che rischiavamo di andare a -7 ed i ragazzi hanno fatto una partita seria, così come al ritorno quando abbiamo perso e sono rimasti bravi. C'è da fare i complimenti al Napoli, credo che abbiano fatto il record dei punti ed una stagione straordinaria, ma l'importante è arrivare primi".
La partita chiave probabilmente è stata Inter-Juventus dello scorso 28 aprile. Questo il racconto dal punto di vista dell'allenatore, rispetto a quanto avvenuto: "Io ho a disposizione dei giocatori che hanno cuore, e nel calcio se non hai cuore non vinci, questo è importante. In quel momento lì ci vuole un pizzico di fortuna ma te la devi anche cercare. Nel calcio che è cambiato dal 1992, quando hanno tolto il passaggio indietro, gli ultimi dieci minuti sono altre partite. Prima non si giocava più calcio, ora o hai la palla - ed in fatica è molto dura - o devi difendere bene contro una squadra che attacca, ha uomini più freschi. Ed i giocatori sono stati veramente bravi a portare la palla nell'area di un'Inter che aveva fatto venti minuti straordinari".
Dopo una breve battuta su Bentancur ("Direi che ha iniziato bene"), l'ex Milan si sofferma sui valori morali di alcuni giocatori nello spogliatoio: "Devo ringraziare soprattutto il gruppo che da quando sono arrivato mi ha accompagnato, il gruppo storico. Sono contento perchè sabato avranno la possibilità di fare la passerella davanti ad i tifosi, credo che per un giocatore vincere sette Scudetti sia irripetibile. Credo che a questo gruppo devo molto, mi ha accolto bene; anche se da questo gruppo ora sono andati via dei giocatori".
Uno dei passaggi-chiave di questa stagione della Vecchia Signora è stato il passaggio al 4-3-3: "Io dico sempre che ogni anno è diverso da un altro, l'anno scorso ad un certo punto ho semplicemente messo dentro tutta la tecnica che avevo a disposizione e secondo me rischiavamo di perdere il campionato, li ho messi dentro e li ho responsabilizzati, ed hanno fatto un finale straordinario. Quest'anno, che si diceva di andare sull'onda lunga dell'anno scorso, mi sono reso conto che non si poteva giocare in quel modo lì, ed allora ne ho levato uno e messo un centrocampista in più. Bisognava mettere qualcuno in discussione: se non sei più in discussione inizi a mettere un metro in meno, un centimetro in meno... le scelte le ho fatte nell'ottica della squadra, molte volte per stimolare chi in certi momenti andava a sedersi".
E si torna, poi, sul solito discorso riguardante i campioni d'Italia: "Il giocar bene ed il giocar male è relativo. Quest'anno i ragazzi hanno fatto 80 gol, siamo quasi il miglior attacco con la miglior difesa. La cosa che a volte forse non riesco a spiegare, ma non perchè sono bravo, è che dico che si sta riducendo il caso a troppa teoria. Io dico solamente, me l'hanno insegnato i vecchi allenatori messi troppo da parte - e parlo anche per i ragazzi del settore giovanile che crescono come i polli d'allenamento - il calcio è estro, è fantasia. Ci sono momenti della stagione che devi vincere, partiamo alle 3 o alle 9 e bisogna vincere. Se bisogna giocar male per portare il risultato non è che devo far l'esteta per farli felici, devo farli felici perchè porto a casa il risultato. L'allenatore deve stare in panchina, non in tribuna, dall'esterno vedi uno che gioca male ed hai la sensazione di fare un cambio diverso. Ci sono tante sfumature, ridurre una vittoria a giocar bene e giocar male ha poco senso, senza nulla togliere a quelle squadre che hanno giocato meglio della Juventus, però alla fine devi arrivare il risultato".
Allegri completa così il discorso sulla propria filosofia: "Una cosa che mi è rimasta impressa al corso di Coverciano è che dall'altra parte ci si può arrivare dritti, con una curva, con due o tre curve: l'importante è arrivare. È come quando i ragazzi arrivano a prendere 110 e lode studiando a memoria: quanti ci arrivano? Su questo sono fermamente convinto, il calcio è cambiato quando è stato tolto il retropassaggio il portiere. Tutte le altre cose sono chiacchiere. Prima andavo allo stadiora bisogna far pagare il biglietto pure un quarto d'ora alla fine, è pure statistica. Io ho una mia idea, giusta o sbagliata, diversa da altre, sento troppa teoria. A me non dispiace per i grandi - anche a me piace che la squadra giochi bene e che un gesto tecnico sia eseguito nel migliore dei modi - a me dispiace per i più piccoli. Ma mi prendono per pazzo".
Si conclude finalmente con un'altra digressione storica questa lunga fase dell'intervista: "L'anno scorso, fino a gennaio la squadra non giocava male, peggio, ed eravamo in testa con sette punti di vantaggio. Abbiamo perso a Firenze ed ho cambiato i giocatori, ho dato altri stimoli, eccetera. Ma pure prima stavamo chiusi, ripartivamo, e le partite cambiavano. Il secondo anno, giocavamo con tre difensori, Stephan ed Evra o Alex Sandro, in mezzo Khedira, Marchisio e Pogba. Facevamo un tiro e si prendevano zero gol. Se per vincere devo fare quello, faccio quello. Se in quel momento lì c'è bisogno di quello, faccio quello. Quest'anno la squadra giocava bene, eravamo primi con due rigori sbagliati da Dybala. Però si prendevano tanti gol. Per vincere il campionato bisogna avere la miglior difesa, la squadra ha nel DNA l'essere forte sotto quell'aspetto lì. Ho dovuto dare un equilibrio diverso. Non si può partire con un piano e portarlo fino in fondo per me, la monotonia mi dà noia, forse pure io ho bisogno di stimoli".