Dalle sconfitte contro Roma e Fiorentina alle vittorie, entrambe in esterna, contro Lazio prima e giallorossi - in coppa - successivamente. Due facce della stessa medaglia, due modi diametralmente opposti di spiegare l'involuzione e la rapida rinascita del Torino di Sinsa Mihajlovic. Due mesi per cambiare volto, tornare al passato, ad un modulo che fornisce più equilibro, più solidità al reparto difensivo, maggiore tranquillità alla squadra. Vero, forse in parte, perché quello relativo al modulo può rappresentare soltanto una delle cause che ha contribuito al cambio di rotta, repentino, del Toro di Mihajlovic: l'altro, forse più importante, è quello mentale, dell'aggressività, del cuore granata, che è tornato forse improvvisamente a pulsare.
Due sconfitte brucianti, in parte devastanti, che - con il calo fisico e psicologico dei leader tecnici ed emotivi della squadra, Belotti e Ljajic su tutti - hanno minato le certezze di un gruppo il quale sembrava aver approcciato la stagione nel migliore dei modi. Ed invece, la rovinosa caduta nel derby ed uno sciagurato ottobre hanno fatto crollare nel baratro i granata, dal quale tuttavia hanno avuto la forza ed il merito di rialzarsi. Mihajlovic ha fatto un passo indietro, ammettendo la sua sfrontatezza eccessiva nell'utilizzo di un 4-2-3-1 che non ha mai dato enormi benefici in termini offensivi, sacrificando in passato un giocatore dalle enormi potenzialità quale Benassi - epurato in estate fin troppo frettolosamente - e nemmeno difensivamente.
Il ritorno alle origini, dalla gara contro il Cagliari vinta di misura, ha fatto sì che i granata ritrovassero fiducia ed entusiasmo in automatismi ed equilibri ben più rodati e bilanciati. Ne sono conseguiti quattro pareggi, due dei quali a Milano contro le due meneghine, che sebbene abbiano fatto storcere il naso ai più, hanno rappresentato la fotografia perfetta di una squadra in ripresa, che stava tornando ad essere anche brillante dal punto di vista fisico, oltre che meramente tattico. La scossa, definitiva, è arrivata all'Olimpico di Roma, contro la Lazio, in un successo meritato per solidità e concentrazione, cinismo e pragmatismo. Lo stesso di ieri, in pratica.
Le due gare romane - intramezzate dalla sconfitta interna contro il Napoli, troppo superiore per qualità ed intensità - ridanno probabilmente il vero Torino all'Italia del calcio: anche ieri pomeriggio i granata hanno sfoggiato una prestazione di voglia e carattere, figlia di un atteggiamento bilanciato, sornione, freddo e spietato al punto giusto quando, prima De Silvestri, poi Edera, hanno capitalizzato al meglio le opportunità per far saltare il banco giallorosso. Nel bilancio complessivo della gara da rimarcare necessariamente anche la resilienza, nei tantissimi momenti di difficoltà fisiologica - perché la Roma non è rimasta affatto a guardare, anzi, probabilmente meritava qualcosa in più - con Moretti e Lyanco abili ad erigere un muro completato e rifinito alla perfezione da un sontuoso ed insuperabile Milinkovic-Savic, eroe di serata.
Insomma, i motivi per sorridere per Mihajlovic ci sono tutti e non sono affatto pochi. Ora, alla vigilia delle ultime due gare del 2017, il tecnico serbo cerca di serrare le fila e di caricare i suoi in vista della trasferta di Ferrara contro la Spal di sabato e dell'ultima apparizione all'Olimpico contro il Genoa. Maturità, quella che si chiede al Torino, chiamato adesso non solo a fare lo sgambetto alle grandi, ma dimostrare di poter puntare nuovamente all'obiettivo Europa League battendo le squadre inferiori. Il tutto in attesa di recuperare i gol di Andrea Belotti. Parola al campo.