783 giorni dopo, una sconfitta pesante. Era stata l'Udinese l'ultima squadra in grado di vincere in quello che allora si chiamava Juventus Stadium, che nel frattempo è diventato Allianz ed è anche diventato, dopo soltanto un mese dal cambio di nome, teatro di uno scivolone clamoroso dei campioni d'Italia battuti dalla Lazio, la stessa squadra che soltanto poche settimane fa aveva beffato la Vecchia Signora in finale di Supercoppa. La situazione dopo un KO è sempre un po' tesa nell'ambiente torinese, abituato piuttosto bene negli ultimi 6 anni, ma in particolare il modo in cui è giunto l'1-2 ha portato - giustificatamente - abbastanza preoccupazione fra i sostenitori della truppa di Max Allegri.
Giustificatamente perchè, in ogni caso, bisogna partire da una premessa: i torinesi hanno perso, male, una gara alla portata sotto ogni aspetto e che si era anche messa bene, dopo il gol siglato inizialmente da Douglas Costa. Il parziale di 1-0 dell'intervallo ha solo parzialmente nascosto quelli che erano, però, i problemi della compagine di casa, che aveva già mostrato una circolazione di palla troppo lenta. Le posizioni ibride di Milinkovic-Savic e Luis Alberto hanno creato parecchi problemi in uscita ai due centrali, Barzagli e Chiellini, poco supportati anche dai terzini; superata la prima linea di pressione, si è venuta a creare una situazione particolarmente scomoda nella seconda fase di costruzione della manovra.
Bentancur è schermato dalla pressione avversaria, Chiellini è costretto al lancio lungo e Mandzukic ci sarebbe potuto arrivare solo col motorino.
Abitualmente infatti, nel 4-2-3-1, fra i due mediani, il regista - nel caso di ieri, Bentancur - ha diversi riferimenti nello scarico: oltre al giocatore in linea con lui, in genere c'è la possibilità di servire Paulo Dybala centralmente in verticale oppure di cambiare fronte verso l'esterno sul lato opposto. L'assenza della Joya, sempre abile a muoversi fra le linee, si è unita ieri alla compresenza in un 4-3-3 di due mezzali più d'inserimento che di possesso, ovvero Khedira e Matuidi: per l'uruguaiano questa situazione è diventata scomoda e si è tramutata in un'assenza di giocate semplici da svolgere. L'andamento della partita ha poi minato le sicurezze del classe 1997 - meglio ripeterlo, 1997 - che quindi, come prevedibile, è finito a compiere la sua peggior prestazione da quando gioca in Serie A, complice anche la brutta prova - specie sotto quest'aspetto - di Douglas Costa, che si è proposto poco e male.
Un altro punto di debolezza della prestazione di Madama è stato quello riguardante la scarsa solidità difensiva. Essenzialmente, la scelta tattica è stata la solita: condurre all'errore, tramite una strategia posizionale, i portatori di palla biancocelesti. Questo sistema ha presentato però delle falle in due momenti: nel pressing, ad esempio, Khedira e Matuidi si spingevano molto in avanti. I tentativi di alzare la linea di pressione non sono stati però seguiti bene dalla difesa, che ha tenuto tante volte un baricentro troppo basso, come successo nell'occasione che ha portato all'1-1 le Aquile. Una brutta prestazione singola di Barzagli - apparso ancora un po' in ritardo di condizione - ed alcuni errori di posizionamento di Lichtsteiner ed Asamoah hanno fatto il resto.
Lucas Leiva va in verticale proprio nello spazio fra le linee juventine: Immobile lavora bene per poi ricevere e realizzare in area, con evidente ritardo di Barzagli sullo scatto.
Già da mercoledì, nella sfida allo Sporting in Champions League, la Juventus è chiamata a fare qualcosa di più sotto ogni aspetto, che sia esso tecnico, tattico o anche meramente psicologico: d'altronde, anche solo con un approccio diverso, la partita nel primo tempo si era messa su binari molto migliori rispetto a quelli della ripresa. Sarà proprio mentalmente che la squadra campione d'Italia dovrà lavorare di più: l'abitudine a vincere può essere un'arma a doppio taglio in queste situazioni. Anche se, di norma, difficilmente la Vecchia Signora tradisce due volte di fila.