Per cercare di comprendere l’inizio stagione dei bianconeri è necessario, innanzitutto, assimilare il messaggio di un leggerissimo ma fondamentale prologo: la Juventus 2017/18 è ancora un cantiere completamente aperto.
Non è una semplice sensazione, né una folle allusione, ma un dato di fatto ampiamente dimostrabile.
METAMORFOSI ANNUNCIATA?
Per parlare del presente dobbiamo tornare un attimo indietro, a qualche mese fa.
Il turbolento mercato che ha contornato l’estate degli esa-campioni d’Italia ha sancito arrivi significativi, ma soprattutto addii condizionanti, privando la Juventus di identità singolari ed illustri difficilmente rimpiazzabili - esempi Bonucci e Dani Alves - giocatori unici dotati di caratteristiche uniche. Le slot libere sono riempite a questo punto con differenti scelte: arrivano Howedes dallo Schalke, e De Sciglio dal Milan. Sono rimpiazzi ovviamente difformi e di diversa caratura se commisurati ai loro predecessori, ma si può dire che entrambi gli acquisti abbiano una loro logica. Oltre a questi elementi “di prima necessità”, la Juventus si aggiudica i cartellini di Federico Bernardeschi e Douglas Costa, esterni offensivi dal piede mancino; per il centrocampo vengono presi Blaise Matuidi dal PSG e Rodrigo Bentancur, 20enne uruguagio del Boca Juniors.
È un mercato che odora fortemente di conferma, di quel modulo utilizzato nell’ultima metà della scorsa stagione: il 4-2-3-1, che ovviamente però subisce una sostanziale trasformazione rispetto alla precedente versione, per differenti peculiarità di alcuni protagonisti in campo.
Ma come parte effettivamente la Juventus in questa stagione ricca di novità? Ovviamente dalle certezze: nelle prime 2 giornate di campionato i titolari sono tutti del vecchio blocco; molti dei nuovi innesti restano in panchina, alcuni giocano qualche spezzone sul finale (Matuidi, Douglas Costa). È il classico metodo Allegri, che in passato ci ha già dimostrato come ami gestire i nuovi arrivi, partendo dal caso Morata e continuando per Dybala, ma anche Alex Sandro o Rugani. Il tecnico livornese suole utilizzare i “nuovi” come un collirio: con cautela e calcolo, goccia dopo goccia, in modo tale che il loro inserimento nel gruppo sia stabilizzante e coerente (anche un genio come Dybala, al suo primo anno con Allegri, nelle prime 10 di campionato partì titolare solamente 6 volte).
Ovviamente il modulo di gioco è ancora il 4-2-3-1, che però non è un monolite fermo ed indistruttibile nella mente del tecnico, che in estate si è detto aperto a “considerare nuove possibilità tattiche”, per andare in contro alle proprietà di alcuni dei nuovi arrivi (Matuidi su tutti). In effetti le prove di un nuovo modulo, il 4-3-3, ci sono state, ma probabilmente non sarà il nuovo livello, l’evoluzione che Allegri ha in mente; potrà essere invece, più realisticamente, un comodo espediente per mischiare prime e seconde linee nel corso della stagione, come sempre assai farcita e - probabilmente abbastanza a lungo - spalmata su 3 fronti (Serie A, Champions League, Coppa Italia).
PERCHE’ NON SI PASSERA’ DEFINITIVAMENTE AL 4-3-3?
Il 4-3-3 è stato messo in mostra in Serie A, nei primi 61 minuti di Juventus-Chievo e negli ultimi 13 di Juventus-Fiorentina: nel primo caso Pjanic ha preso la posizione di mediano, con Matuidi e Sturaro interni di centrocampo; nel secondo vi era Bentancur davanti alla difesa con Matuidi e Pjanic ai suoi fianchi. L’unica costante nella metàcampo è stata la casella della mezzala sinistra, occupata sempre da Matuidi, mentre quella riguardante l’attacco è stata l’assenza del giocatore più devastante dell’inizio di stagione juventino, con 12 gol in 10 partite: Paulo Dybala.
Il 4-3-3 stretto e compatto della Juventus contro il Chievo.
Privarsi di Dybala, in questo momento storico, sarebbe come avere una Ferrari in garage e girare bellamente in Panda. Il nuovo diez bianconero “sembra” aver ulteriormente innalzato il proprio livello di gioco, unendo quella capacità di attaccare lo spazio alle spalle della linea difensiva avversaria, mostrata limpidamente negli anni vissuti tra B e A a Palermo, nel 3-5-1-1 di Iachini; il compito di raccordo tra centrocampo e attacco che gli veniva chiesto nel primo anno juventino nel 3-5-2 allegriano; e la sensibilità nel galleggiare (preferendo sempre l’half-space di destra, essendo mancino) nello spazio tra centrocampo e difesa avversari. Attualmente è impossibile pensare che la Juve possa mutare in una nuova forma definitiva che preveda l’assenza di Dybala dietro ad un numero 9: se l’argentino dovesse allargarsi per fare l’esterno in un 4-3-3, perderebbe la connessione con il centravanti, punto forte della fase di finalizzazione bianconera:
Juve-Fiorentina: Dybala anticipa l'intervento di Badelj e completa l'1-2 con Higuain: la palla finirà di poco a lato.
In questi casi è Dybala che funge da terminale dell’azione, andando a ricevere tra le linee, utilizzare il 9 come sponda, e buttarsi nello spazio per concludere. Questo schema è utilizzatissimo dalla squadra di Allegri, che può contare così sulla spaventosa sintonia tra Higuain e Dybala (a dire il vero anche Mandzukic ha dimostrato trovarsi ottimamente con la joya), un 9 coi piedi del 10 e un 10 con l’istinto del 9. Con il 4-3-3 queste combinazioni sarebbero impensabili.
Juve-Olympiakos: Mandzukic si decentra e attira con sè il suo marcatore, allargando le maglie della coppia centrale; l'1-2 con Dybala non si chiude, ma l'idea è sempre quella di mettere il 10 nelle condizioni di calciare verso la porta.
Le foto seguenti mostrano come il nuovo compito del nativo di Laguna Larga lo spinga più vicino alla porta, anche rispetto al compagno di squadra che teoricamente dovrebbe essere il centravanti, ovvero Gonzalo Higuain:
immagine di WhoScored.com: Dybala al termine di Genoa-Juventus ha una posizione media più avanzata di Gonzalo Higuain.
Spesso nella gara abbiamo visto Higuain dietro Dybala..
ma i due scambiano comunque spesso la posizione.
LA FLUIDITA' IN FASE DI NON POSSESSO
Gli infortuni che hanno martoriato il reparto difensivo centrale juventino in questa prima fase della stagione, hanno impedito ad Allegri di avere il mazzo di carte al completo da mescolare a proprio piacimento. Ne consegue che le prove per un’ipotetica difesa a 3 sono state abolite prima di poterci pensare. O perlomeno, una difesa a 3 fissa.
Nella seconda sfida di campionato, quella di Marassi contro il Genoa, finita 2-4 con tripletta di Dybala, la Juventus ha giocato con una falsa difesa a 4: Lichtsteiner (teoricamente terzino destro) ha giocato una partita prettamente difensiva, senza quasi mai oltrepassare la metàcampo, in una posizione più centrale del solito; dall’altra parte Alex Sandro prendeva l’ampiezza sulla sinistra, e giocava spesso sulla linea dei centrocampisti, con Chiellini che si allargava moltissimo, quasi da terzo centrale, e Rugani scalava a fare quello di mezzo. Il tutto è meglio sintetizzato da questa immagine:
3-4-3 leggermente asimmetrico, con Dybala più stretto di Mandzukic e Cuadrado e Alex Sandro esterni di centrocampo. Con questo set-up la Juve si adattava alla disposizione del Genoa.
La Juventus però non suonava sempre questo spartito in fase di non possesso: quando il Genoa riusciva a prendere un po’ di campo, infatti, prendeva forma il classico 4-4-1-1 a difesa dello spazio, con Mandzukic che rientrava nella linea mediana, e contemporaneamente Alex Sandro in quella difensiva.
Classico 4-4-1-1 a difesa posizionale in fase di non possesso della Juventus.
E ancora, si è potuta notare una Juventus in grado di aggredire l’avversario anche al limite dell’area di rigore, distruggendo di fatto il proprio sistema di gioco e creando duelli individuali con i primi possessori avversari.
5 vs 6 (contando anche Perin per il Genoa) della Juventus sulla trequarti avversaria.
In breve: nonostante i forti cambiamenti la Juventus, dallo scorso anno, ha comunque ereditato quella maturità tattica che le consentiva (e consente) di variare il proprio sistema difensivo più volte anche all’interno di una partita, in relazione al contesto. Non solamente il sistema, ma anche l’atteggiamento, che può passare repentinamente da una placida difesa dello spazio ad una soffocante pressione individuale.
IL FUTURO E’ DA SCRIVERE
Questa è la Juventus odierna. Una Juventus che privilegia e protegge i suoi punti di forza maggiori, come Dybala, che attende il momento propizio per far esplodere i nuovi innesti, senza scommettere ad ottobre e senza destabilizzare sicurezze e oliati meccanismi. Una Juventus forte, ancora ben intatta dopo le partenze estive, una Juventus che ha ancora il completo controllo mentale sulle partite e la lucidità per leggere al meglio le situazioni in relazione al momento della gara. Il futuro è un’incognita, ma più di una risposta di certo passerà molto vicino allo stato di forma e salute nei prossimi mesi di Paulo Dybala.
Francamente, al momento, non vedo come la Juventus potrebbe trarre vantaggio da un cambio di modulo definitivo: contrariamente, la sperimentazione è un utile processo che diminuirà le improvvisazioni in futuro. Probabilmente invece, cambieranno alcuni dei protagonisti, ma sempre a tempo debito. Se ne riparlerà quando il set sarà al completo, e quando i tempi saranno maturi.