In occasione dei suoi 50 anni Massimiliano Allegri si è lasciato andare a Premium Sport, in un'intervista dove ha svariato su vari temi riguardanti la sua carriera e - ovviamente - sul suo periodo bianconero, giunto quest'anno alla quarta stagione consecutiva dopo tre anni di successi ottenuti in Italia e sfiorati in Europa, a cui si aggiungono tre Coppe Italia consecutive e una Supercoppa Italiana, che potrebbe essere bissata Domenica prossima contro la Lazio.

Il tecnico toscano comincia dal principio, da quel giorno di Luglio in cui il terremoto delle dimissioni di Conte ha sparigliato tutte le carte in tavola nel giro di mezza giornata, con la dirigenza bianconera che si è subito lanciata all'assalto dell'ex allenatore rossonero: "Nella mattina del 16 Luglio c'erano in ballo tante cose, anche la nazionale, ma quando ho ricevuto la telefonata della Juve non riuscivo a capire di cosa si trattasse. Quando sono arrivato all'incontro ho scoperto che Conte si era dimesso, e mi hanno chiesto di prendere il suo posto. Venivano da un ciclo vincente di tre anni in Italia, ho risposto di si perché pensavo di poter fare ancora meglio anche in Europa."

Ambizioni che - almeno per ora - sembrano esser state rispettate, con i bianconeri che hanno raggiunto per due volte in tre anni la finale di Champions League. Certo, manca ancora il bersaglio grosso, ma è innegabile che Max - arrivato tra gli scetticismi e le critiche dei sostenitori di Conte - sia riuscito a completare il lavoro del suo predecessore costruendo un'identità anche europea alla squadra bianconera, che dal dopo Serie B non era più riuscita a proporre una certa costanza europea nonostante alcune ottime apparizioni come la Champions 2008-2009 con Ranieri o quella del 2012-2013 con lo stesso Conte. Un Allegri partito in sordina che è stato capace di creare un gruppo solido, capace di rinnovarsi ogni anno nonostante partenze e arrivi importanti in ogni estate di mercato: "Quello della Juventus è un DNA vincente, c'è grande disciplina e ci sono regole da rispettare, ma mi piace anche scherzare e avere un rapporto con i giocatori, pur mantenendo sempre il rispetto dei ruoli. Non c'è niente di male se un allenatore si mette a giocare con i suoi ragazzi o a fare sfide in allenamento con loro. Alla Juve un giocatore da 8 riesce a dare 9, c'è una dirigenza giovane con Andrea Agnelli che vuole farla diventare una società di livello mondiale." 

Allegri e Chiellini durante Porto-Juve | eurosport

Una squadra fatta di campioni e di giovani, ma soprattutto di leader e uomini capaci di guidare il gruppo nei momenti più importanti. L'allenatore bianconero non può non individuare un leader nel capitano Buffon: "Senza togliere nulla a nessuno, Gigi è un giocatore diverso dagli altri. È così e basta. Credo che abbia un futuro importante a livello dirigenziale, magari in Federazione. È un uomo con cui mi confronto e che in certi momenti ha comunque bisogno del sostegno dell'allenatore". Il mister poi si concede anche un passo indietro nei tre anni precedenti alla Juve e in quelli al Milan, individuando altri uomini capaci di farsi seguire dall'intera squadra e diventare dei punti di riferimento, come Tevez, Ibrahimovic e Inzaghi: "Carlos era un leader silenzioso, ma quando parlava negli spogliatoi tutti lo seguivano. Ibra era straordinario, solo che pretendeva che i compagni riuscissero a fare quello che faceva lui, e cercavo di fargli capire che era impossibile. Poi c'è Inzaghi, un giocatore micidiale: si arrivava in Champions e faceva gol."

Inevitabile, per forza di cose, anche la domanda sull'addio di Leonardo Bonucci, punto centrale di questa sessione di mercato bianconera e spesso fulcro di - troppe - polemiche e voci: “A me è dispiaciuto molto. Leo doveva essere il futuro capitano della Juventus, l’uomo spogliatoio per il futuro, trasmettere quello che è la Juve ai ragazzi. Però ha fatto una scelta. Non va fatta una colpa a lui, alla società o all'allenatore. La colpa non è di nessuno”. Polemiche smorzate quindi, almeno per Allegri, che adesso ha in mente solo la prossima stagione con i bianconeri, e un primo trofeo da conquistare Domenica contro la Lazio, per cancellare finalmente i fantasmi di Cardiff.