Quante volte abbiamo sentito la frase “per vincere la Champions League ci vogliono uomini d’esperienza, gente che abbia già vinto il trofeo”? È diventato un leitmotiv, soprattutto negli ultimi anni: saper gestire la tensione che genera una finale è fondamentale ed è altrettanto fondamentale conoscerla, questa tensione.
A parte il caso fortunato del Chelsea nel 2012, nelle ultime 9 edizioni la Coppa se l’è aggiudicata proprio la squadra che aveva in rosa più elementi abituati a queste partite: nell’Inter del 2010, per esempio, era guidata da Josè Mourinho, capace di vincere il torneo con il Porto nel 2004 dopo aver alzato l’anno prima la Coppa UEFA, che è riuscito a trasmettere ai suoi la capacità di domare la naturale adrenalina che si scatena in queste occasioni in chi non ha la possibilità di disputare finali con continuità – tra i giocatori quell’anno solo Eto’o aveva già vinto la Champions e Samuel la Copa Libertadores.
Dall’esempio di un allenatore che istruisce i calciatori ad uno in cui sono i calciatori ad istruire il tecnico: nel 2015, Luis Enrique ha raggiunto la sua prima finale in un torneo continentale da allenatore, mentre, tra i giocatori, ce ne sono diversi ad aver già vinto – Messi, Xavi e Iniesta, tanto per citarne tre. In particolare, proprio il Barcellona ha vinto 3 delle ultime 8 edizioni di Champions mantenendo la stessa spina dorsale, così come ha fatto il Real Madrid – 2 vittorie negli ultimi 3 anni.
L’esempio contrario invece è rappresentato dall’Atletico Madrid, che nel 2014 viene beffato – con un pizzico di sfortuna - ad un minuto dalla fine da Sergio Ramos, per poi ripetersi – con un altro pizzico di sfortuna – due anni dopo. Anche la Juventus può rientrare in questa casistica: nel 2015, solo Pirlo aveva vinto il torneo da protagonista – due volte con il Milan -, ma il centrocampista era chiaramente a fine corsa.
Ora, con altre due stagioni nelle gambe, gli uomini di Massimiliano Allegri sono cresciuti dal punto di vista dell’esperienza internazionale, visibile chiaramente nel cammino svolto – già l’anno scorso i bianconeri avevano dimostrato più consapevolezza, ma di fronte al Bayern Monaco di Pep Guardiola sono crollati. Lo stesso tecnico ha mostrato più maturità nella gestione della rosa tra tutte le competizioni e, soprattutto in Champions League, si è fatta sentire la sua capacità di leggere le situazioni per raggiungere il risultato migliore. In più, da non sottovalutare l’inserimento nello schieramento di gente che sa come si vince questa Coppa: rispetto a Berlino, oltre allo zoccolo duro confermato, ci sono Sami Khedira, Mario Mandzukic e Dani Alves.
Il tedesco ha vinto Champions League, Supercoppa Europea e Mondiale per Club con il Real Madrid nel 2014, senza dimenticare il Mondiale nello stesso anno; il croato è stato protagonista del Triplete con il Bayern Monaco nel 2013 – tra l'altro con una rete in finale contro il Borussia Dortmund; infine il brasiliano, uno dei perni del Barcellona capace di conquistare due volte l’en plein, nel 2009 e nel 2015, che conta in totale 12 trofei internazionali.
Di contro però, sotto questo aspetto, quelli del Real Madrid non sono di certo inferiori, anzi: l’undici titolare di quest’anno è lo stesso sceso in campo a San Siro il 28 maggio 2016 e, rispetto alla vittoria nel 2014, sono cambiati solamente tre elementi – Navas, Casemiro e Kroos. In più, tenendo conto di tutta la rosa, i giocatori del Real Madrid sommano 1077 presenze in Champions League, contro le 796 di quelli della Juventus.
C’è però un punto di vista – solo una curiosità - che vede in vantaggio i bianconeri: come detto in precedenza, ci sono Mandzukic e Dani Alves che hanno già realizzato il Triplete – e potrebbero replicare quest’anno – mentre tra i Blancòs – che però possono fermarsi solo al Doblete in questa stagione – solamente Toni Kroos, che faceva parte insieme al croato di quel Bayern Monaco del 2013, ha raggiunto tale traguardo.