Juventus e Real Madrid si affronteranno a Cardiff il 3 giugno nella finale di Champions League: sarà una storica seconda volta per queste contendenti, che parteciparono anche all'ultima partita dell'edizione 1997-1998. In quell'occasione furono gli spagnoli a prevalere per 1-0 con gol di Mijatović: era, in generale, uno dei periodi migliori della gloriosa storia di entrambi i club. I primi anni del secolo successivo sono stati caratterizzati da annate particolarmente sofferte sia per i Blancos, eliminati per sei volte di fila agli ottavi di finale della Coppa Campioni, sia per i torinesi, che a causa dello scandalo di Calciopoli vennero retrocessi in Serie B nel 2006. Dopo questi picchi massimi di crisi, le presidenze di Florentino Pérez ed Andrea Agnelli hanno riportato dov'è giusto che siano club di questa caratura, ovvero ai massimi vertici del calcio europeo. Ed è difficile, sia per una fazione che per l'altra, non collegare questa rinascita ai due attuali capitani delle finaliste europee: Gianluigi Buffon da un lato, Sergio Ramos dall'altro.
Entrambi acquistati in giovane età da altre squadre di ottimo livello dalla Signora e dalle Merengues (l'italiano è cresciuto nel Parma, lo spagnolo è un prodotto della cantera del Siviglia), hanno sempre avuto diversi tratti comuni. Si sono laureati campioni del mondo con le rispettive nazionali, e per quello sfortunato disegno provvidenziale che li ha visti nascere nell'epoca di Messi e Cristiano Ronaldo no, non hanno vinto il pallone d'oro. Ma nel loro essere capitani e leader dello spogliatoio ci sono tante differenze.
La prima vera differenza è in realtà un altro punto di contatto fra le loro due carriere. Buffon e Ramos sono sempre stati due con l'ossessione della vittoria: ma, nelle loro mentalità, si è insinuata la maniera di vincere della Juve e quella di vincere del Real. Il primo metodo prevede la durezza, la determinazione e la forza di un lavoro costruito giorno per giorno, in ogni minuto degli allenamenti, come un'impresa edile; il secondo, una sorta di arroganza tipica dei madrileni, che li ha resi sempre talmente sicuri di sè - ogni tanto anche troppo - fino a giungere ad arrivare a raggiungere anche traguardi persino oltre le proprie doti effettive, toccati grazie ad una stabilità mentale incredibile. La differenza fra i due club finalisti - in questa stagione, come in tutte le altre - è tutta lì.
Due pezzi grossi come i due calciatori in questione sono sempre corsi in aiuto della propria squadra. Basti pensare a tutti i trofei che il Madrid non avrebbe vinto senza le capocciate last-minute di Sergio Ramos; basti pensare alle parole di Buffon l'anno scorso dopo la sconfitta di Madama a Sassuolo che sembrava aver sentenziato l'uscita della stessa dalla corsa Scudetto. La credibilità su cui fanno leva queste due istituzioni del calcio mondiale è - prima di tutto - una forza prestazionale quando conta. In tutta la carriera, entrambi non hanno mai sbagliato quando non si poteva sbagliare, hanno sempre svolto egregiamente il proprio dovere nei match di livello e questo li ha circondati di un'aura da intoccabili, meritatissima.
Nelle varie guide tecniche il loro apporto è poi sempre stato di fondamentale importanza. Ad esempio, quando Zidane nella stagione passata prese la guida dei Galacticos, ereditò uno spogliatoio in ebollizione dopo gli svariati problemi creati dalla breve esperienza di Benitez sulla stessa panchina. Ebbene, guadagnandosi il rispetto di Sergio Ramos, il francese conquistò tutto lo spogliatoio: il numero 4 è stato un vero e proprio capopopolo da quel momento in poi, trascinandosi dietro con il suo straordinario carisma tutti gli 11 della squadra della capitale spagnola, la quale ha acquisito uno spirito di applicazione sensazionale ed ha migliorato e non di poco i suoi risultati. I Blancos si sono così evoluti e, grazie alle loro infinite qualità tecniche, sono difatto diventati imbattibili.
Nel percorso evolutivo dei bianconeri nell'acquisizione di consapevolezza al di fuori dei confini nazionali, il ruolo giocato da Buffon è stato molto più quello di infondere determinazione, a volte tramite l'autocritica ed a volte richiamando all'ordine i suoi compagni dopo alcune uscite sbagliate che non potevano e non dovevano intralciare il percorso. Non è un caso che quest'anno i campioni d'Italia fra tutte le competizioni non abbiano mai perso due partite di fila: una basta e avanza per svegliarsi e reagire, di rabbia, con spirito e mentalità. Una mentalità che il portierone, capitano anche della nostra Nazionale, conosce talmente bene da riuscire a trasmetterla a praticamente tutto l'ambiente.
La capacità di saper comunicare d'altronde si acquisisce con l'esperienza e ormai entrambi questi capitani hanno navigato talmente tanto alla guida di ciurme talmente diverse fra loro che hanno imparato a giostrarsi nel mondo dei media senza più sentire la pressione del far risultato. Questa sicurezza, infusa poi a tutto lo spogliatoio, è ciò che ha guidato Real Madrid e Juventus verso la possibilità di conquistare sia i campionati nazionali che la Champions League: l'equilibrio mentale, per tenere botta nelle oltre 55 partite stagionali, è una componente fondamentale che si trova soltanto potendo contare su dei senatori veri negli spogliatoi, e questi capitani nemmeno a dirlo hanno giocato in questo senso una posizione talmente importante da non poter essere nemmeno definita.
Ciò che hanno fatto Buffon e Sergio Ramos va oltre gli schemi mentali dei giocatori normali, perchè non sono giocatori normali, ma vere e proprie leggende viventi affamate di trofei. Molto della partita del prossimo 3 giugno passerà dalle loro mani e dai loro piedi, sia sotto il "banale" aspetto tecnico - sotto il quale però è più che lecito aspettarsi che entrambi offriranno prestazioni impeccabili - sia sotto quello psicologico, dove il duello a distanza fra questi due fuoriclasse si concretizzerà nel massimizzare l'attenzione dei compagni. A Cardiff, ci vorrà testa fredda e cuore caldo: i leader sono pronti ad una battaglia titanica.