Sapete qual è la cosa che differenzia i grandi giocatori dai campioni? Alcuni la chiamano carisma, altri carattere, altri ancora non hanno trovato terminologia appropriata per descriverla. Fatto sta che i campioni, alla lunga, si riconoscono eccome. Si possono notare nei momenti in cui si alza l’asticella, perché è proprio lì, che i campioni si esaltano: quando tutto intorno trema, loro restano immobili come montagne; quando il pallone pesa quintali, loro lo fanno girare come una piuma.
Tra il clamore e la gazzarra generali, Dani Alves arriva alla Juventus nell’estate scorsa. Forse il terzino destro più forte del mondo da 5 anni a questa parte viene accolto dai tifosi juventini come una sorta di Messia, di salvatore, che finalmente potrà donare quella qualità che è, di fatto, sempre venuta a mancare sulla fascia destra negli anni recenti con la presenza di Stephan Lichtsteiner (uno che ha i polmoni di riserva nello zainetto, ma che di certo al pallone non ha mai dato del tu). L’inizio di stagione del danzante terzino brasiliano, però, è tutt’altro che roseo: la sua acclimatazione al tatticismo della Serie A procede a fiacco ritmo, mettendolo già nel periodo pre-invernale in cima alla lista dei “criticati”. Il fantasma di un altro tra i vari Ashley Cole e Micah Richards incombe come un’ombra minacciosa alle spalle del mondo bianconero, e qualche ottima prestazione, rievocante il genio sudamericano, non basta per rimettere l’avanzato pregiudizio in discussione: “è troppo vecchio, non ha più stimoli, è troppo offensivo per il nostro campionato, ha sempre giocato contro squadre di basso rango in Spagna..” eccetera eccetera. Oramai Daniel Alves Da Silva non è più il divin terzino che fu al Barcellona.
Il 27 novembre scorso sul campo del Genoa, dove la Juventus subisce la più clamorosa imbarcata della propria stagione, l’ex blaugrana deve fare i conti anche con la sfortuna: durante il secondo tempo, infatti, si procura addirittura la frattura del perone sinistro. Arrivederci, forse, in primavera. Nel momento più basso della sua carriera, Dani Alves, a 34 anni e con il perone fratturato, si trova con una buona parte della stampa, oltre che della tifoseria, ancora più che diffidente nei suoi confronti. Ma non dimentichiamoci di una cosa: è soprattutto nelle situazioni di impasse, che i campioni gonfiano il petto.
Sin da subito il brasiliano si rimbocca le maniche per ritornare al più presto in campo, dimostrando un’ammirevole umiltà e grande professionalità. Intorno alla sua riabilitazione c’è pochissimo rumore, (molto meno rispetto a quella superata da Milik, per esempio) e Dani Alves ritorna incredibilmente, dopo 50 giorni, tra i convocati di mister Allegri (c’è chi lo dava pronto addirittura per i primi di marzo). In azione ci finirà di lì a poco (il 5 febbraio contro l’Inter), e con il passare delle partite, il livello delle sue prestazioni aumenterà vertiginosamente. Soprattutto in Champions League, dove nel doppio confronto con i suoi vecchi compagni del Barcellona, Alves non sbaglierà un pallone, oltre a stravincere il duello individuale con il connazionale Neymar Jr. Se le due partite valevoli per i quarti di finale sono giocate su livelli altissimi, è difficile dare un aggettivo a ciò che ci viene mostrato durante le semifinali contro il Monaco: i numeri dicono 3 assist ed 1 gol (pazzesco, tra l’altro) in 180 minuti. Conditi da giocate spaziali, sopraffini, dall’elevatissimo coefficiente di difficoltà tecnico. Oltre che spaventosamente funzionali.
È già tornata la “Dani Alves Mania”, in quel di Torino, e non potrebbe essere altrimenti: nel momento cruciale dell’anno, dopo un infortunio che avrebbe pregiudicato la stagione pressoché di qualunque calciatore, Alves è tornato a far paura come ai vecchi tempi. È il suo miglior momento da quando veste la maglia di Madama, e se il grafico delle prestazioni dovesse restare fedele alla funzione che lo ha determinato sino ad ad oggi, per il finale di stagione è meglio mettersi comodi, ed osservare con cura la sua seconda fioritura.
Dani Alves, come un bellissimo Fior di Loto, è risalito dalla melma e dalla fanghiglia per poi esplodere in tutto il suo splendore sopra le acque stagnanti. La frattura del perone e mesi di critiche non sono bastate per spezzare le radici ben salde del fiore juventino, il quale sta mostrando a tutti cosa voglia dire la parola “rinascita”. Solitamente il Fior di Loto spunta dalle paludi nei mesi caldi, gli stessi che nel calcio, spesso, decretano vincitori e sconfitti. La Juventus ha già messo il campionato in tasca, si giocherà la finale di Coppa Italia contro la Lazio, e soprattutto il 3 giugno, in quel di Cardiff, sarà protagonista nella partita più importante, quella valida per la finale di Champions League contro il Real Madrid. Tutte situazioni delicate, che necessitano di uomini in grado di gestirle. E Dani Alves è senza dubbio uno di questi.