Erasmo da Rotterdam, nel lontano 1500, scriveva, secondo le cronache in una sola settimana, l'Elogio della follia, una delle opere filosofiche più note dell'epoca e dei secoli successivi. Oggi, invece, nei vicoli di Napoli e nelle trasmissioni sportive, nei bar e sulla carta stampata, ci si ritrova a scrivere un nuovo elogio, certamente meno dotto: è l'elogio del numero 17, tanto bistrattato, ma che da 10 anni ha trovato nuova linfa nella città partenopea.
Marek, slovacco napoletano - Quando è arrivato in Campania, probabilmente, il capitano non aveva idea che sarebbe andata a finire così. Un giovanissimo Marek Hamsik, prelevato dal Brescia del patron Corioni grazie alla lungimiranza dell'allora direttore sportivo Pierpaolo Marino, si presenta al cospetto di un San Paolo ribollente per il ritorno nella massima serie come un ragazzo di belle speranze, con la cresta ben in vista e la timidezza - mista però ad una sfrontatezza degna dei più grandi - dei 20 anni da scontare. Bastano tre partite per far comprendere alla tifoseria che quello non è un centrocampista normale: contro la Sampdoria, in un soleggiato pomeriggio di Settembre 2007, il nativo di Banskà Bystrica si appropria della scena, mettendo a sedere un difensore con una finta e piazzando la palla in buca d'angolo con un tocco di sinistro.
Inizia così l'avventura dello slovacco in maglia azzurra: un'avventura che ad oggi recita 445 presenze e 112 gol, a meno 3 dal record di tutti i tempi appartenente a Diego Armando Maradona. Un'avventura che, però, oltre agli alti, recenti e passati, ha vissuto anche un profondo momento di down, durante l'epoca Benitez. Hamsik, il centrocampista voluto da mezza Europa, seppur difeso a spada tratta dal tecnico spagnolo davanti alle telecamere, diventa il giocatore più sostituito della Serie A. La voglia di partire e trovare nuovi stimoli cresce.
Alla fine arriva Sarri - I nuovi stimoli, però, provengono dall'interno: Benitez si accasa al Real Madrid, De Laurentiis sceglie come nuovo allenatore il toscano Sarri, maestro di calcio che pone nuovamente al centro del gioco la mezz'ala slovacca, già da un paio d'anni insignito e responsabilizzato dalla fascia di capitano. Ecco, quella fascia di capitano, non sempre ben vista dalla tifoseria che, seppur consapevole della tecnica di Hamsik, ne aveva sempre lamentato la mancanza di carattere e personalità. Bravo sì, trascinatore mai.
E probabilmente trascinatore e leader in campo, Marek Hamsik non lo sarà mai. Per via del carattere schivo e della volontà di vivere lontano dai riflettori. Per scegliere un esempio, però, nonché una figura silenziosa, ma carismatica, nello spogliatoio i compagni hanno sempre fatto riferimento al capitano.
Una nuova consapevolezza - Alle soglie dei 30 anni la stagione attuale sta confermando la definitiva crescita dello slovacco. Sarri lo ha recentemente definito come un "Campione fondamentale per le sorti di questa squadra": anche perché sarebbe difficile immaginare una descrizione diversa per un giocatore della mediana con all'attivo 14 gol e 13 assist nella stagione in corso. Nella partita contro la Juventus, poi, Hamsik ha mostrato di aver acquisito anche la consapevolezza mentale, più che tecnica, di essere un veterano dello spogliatoio e di doversi assumere l'onere di trascinare i compagni nelle sfide più delicate. Hamsik non è più il ragazzo dal gol facile del 2008; Hamsik è il centrocampista che segna e lotta, che corre e si getta in scivolata per recuperare ogni pallone.
Il capitano, poi, rappresenta la crescita della società napoletana: da quel pomeriggio di settembre con la Sampdoria, prologo di una stagione che si concluderà con un ottavo posto festeggiato come fosse lo scudetto, ad una nuova epoca in cui al Napoli si chiede di vincere realmente il campionato. Un campionato che, una volta di più, vedrà impegnato il numero 17: disgrazia sì, Hamsik anche.