"Inter Inter!", se fossimo al Giuseppe Meazza un coro del genere sarebbe normalissimo. Il fatto che lo fa diventare una cosa strana è che siamo allo Stadio Friuli (Dacia Arena), che è l'impianto di casa dell'Udinese, la squadra della città, non dell'Inter. Eppure quando arrivano i nerazzurri buona parte del pubblico è per gli avversari. Tribuna, Curva Sud e parte bassa dei Distinti, che di solito sono settori un po' vuoti, improvvisamente si riempiono e si tingono con tinte che non sono il bianconero (a meno che non arrivi la Juventus). Purtroppo è solo la conferma di una prassi, quando ci sono le big le zebrette giocano in trasferta anche in casa propria. La cosa non può che dispiacere sia ai giocatori che ai diecimila fedelissimi dello stadio, che dovrebbero essere i trascinatori del resto del pubblico e invece si ritrovano a cantare in solitudine come se fossero gli ospiti. Ormai la cosa è assodata, quando c'è un match di cartello i biglietti vengono quasi bruciati, tantissima gente non vede l'ora di poter vedere una grande squadra dal vivo, poco importa che la propria regione abbia una società che ha permesso all'Udinese di giocare in Champions per tre volte in quindici anni, quando fino agli anni novanta la sola permanenza in Serie A era già considerabile come uno scudetto. Tantissimi arrivano dal vicino Veneto, che però ha comunque un club rispettabile come il ChievoVerona, per non parlare dell'Hellas, che anche se il periodo attuale non è felicissimo, ha una storia importante. Sembra proprio però che il Triveneto sia quasi tutto votato alle tre sorelle del nord: Milan, Inter e Juventus.
In Italia però il problema del tifo contro non lo hanno solo le zebrette, è quasi un'epidemia. Un po' tutti i club piccoli, quando arriva una grande squadra, si ritrovano ad essere ospiti anche in casa propria. Quindi forse il problema non è "perchè ad Udine la maggioranza degli spettatori non tifa per i bianconeri?", ma è da allargare, è un difetto più profondo e proprio connaturato nella cultura italiana e perciò difficile da invertire. D'altronde piace chi vince e le squadre di provincia non vincono le coppe. È un fatto. Così come è un fatto che non abbiano i budget per portare a casa il classico giocatore che infiamma la folla. Un Leicester nella Serie A di oggi è purissima utopia. C'è stato in passato. Il sopracitato Hellas Verona infatti nella stagione 1984-1985 ha vinto lo scudetto. Perciò la Premier in realtà ha vissuto l'anno scorso qualcosa che in Italia c'è già stato. Però, se le piccole di oggi non riscuotono interesse perchè non compiono grandi imprese, come possono provare a compiere altre imprese storiche, se nei match decisivi i propri sostenitori sono per gli avversari? È la domanda che sarebbe da rivolgere a tutte quelle persone di una piccola città che tifano per una squadra di una grande metropoli. Otterremmo tantissime risposte diverse, alcune convincenti, altre molto deboli e sterili, come tutte le volte che si parla di domande più tendenti alla filosofia che alla pratica. Si potrebbe pensare che sia una questione di divertimento, tanta gente guarda il calcio per divertirsi, non per soffrire, dunque tifa una squadra molto forte perchè vede giocare bene e ne ha una fonte di intrattenimento. È una teoria che però trova sia conferme che smentite. Prendendo d'esempio sempre l'Udinese, questi ultimi tre anni sono stati una sofferenza incredibile, conditi da un brutto gioco e tanta ansia. Chiaramente il tifoso occasionale si stufa rapidamente e quindi preferisce passare ad altro. Quando i friulani invece erano al terzo posto le cose erano un po' diverse, ma neanche di molto in realtà. Nonostante si parlasse addirittura di lotta per lo scudetto, contro le solite come sempre tantissimi sostenevano gli avversari. La questione dell'intrattenimento dunque ha senso, ma solo fino ad un certo punto.
Che sia un problema allora di soldi? Nel senso, il fedelissimo si lamenta per la campagna acquisti, ma alla fine, nel momento di grande difficoltà, è presente e aiuta i suoi idoli. Il tifoso occasionale invece si fa molto influenzare dal calciomercato, basta anche solo un rumor per cambiare la sua opinione. L'Udinese non può portare in casa certi giocatori, pesca giovani sconosciuti, da mischiare a rimasugli di altre squadre. Unica eccezione quest'anno è stata Kums, arrivato grazie alla sinergia con il Watford, per il resto, poco di noto. C'è stato un solo periodo in cui i campioni sono arrivati in Friuli e sono stati gli anni di Mazza (1981-1986), che voleva costruire una grande squadra e andò anche a comprare addirittura il "Pelè bianco", ovvero sua signoria Artur Antunes Coimbra, detto Zico. Sarà un caso, ma quando arrivò dal Flamengo la piazza si riempì per accoglierlo, praticamente unico caso in centoventanni di storia bianconera. Inoltre chiunque si ricorda di quell'Udinese, anche chi il calcio non lo segue quasi per nulla, tanto che all'estero il nome delle zebrette è associato al nome del brasiliano. Dunque forse il problema reale è l'enorme discrepanza tecnica che sta ormai affliggendo la Serie A, dove è sempre più evidente come le squadre che lottano per i titoli sono una manciata, mentre le altre hanno i mezzi giusto o per salvarsi o al massimo per fare bella figura in qualche competizione. Chiaramente il tifoso medio va dove lo porta il successo, non il cuore, ed ecco che squadre come Inter, Milan e Juventus assuomono un fascino irrestitibile. Poco importa se una squadra come il Parma (due Coppe Uefa in bacheca) o l'Hellas Verona compiono cavalcate gloriose. Tanto l'anno dopo dovranno distruggere il giocattolo per sopravvivere (o ricorrere a scorrettezze, come nel caso della squadra emiliana) e torneranno nell'oblio. Molto meglio stare dietro a una di quelle squadre che può sì avere qualche anno complicato, ma poi alla fine trova sempre il multimilionario disposto ad investire sul brand e a ristrutturare la squadra da cima a fondo, riportandola in poco tempo a lottare per portare trofei in bacheca. Ma si può veramente sperare che nasca in Italia qualche realtà diversa dalle solite in questo modo? Ce lo diranno solo i tempi, per ora le uniche realtà del Belpaese che stanno portando stabilmente avanti un progetto (e che non abbiano un nome altisonante) sono l'Atalanta e l'Udinese, che contro tutto e tutti, anche coloro che dovrebbero sostenerle, sono ormai anni che portano a casa bei risultati. Però non vincono le coppe. È (di nuovo) un fatto.
Si potrebbe dire che sia un problema internazionale e in parte è vero. D'altronde lo scudetto negli altri campionati lo vincono sempre le solite. Ciò che è diverso però sono le dinamiche e, soprattutto, la situazione delle loro coppe nazionali. In Inghilterra Crystal Palace, Watford, Swansea e le altre squadre medio-piccole hanno comunque quasi sempre il proprio stadio imbottito di tifosi di casa e infatti si può assistere a partite in cui una delle ultime mette in crisi una delle prime. È forse per quello che la Premier è considerata il campionato più competitivo. Però c'è un fattore determinante. Lì anche le neopromosse possono spendere (il Middlesbrough ha in De Roon l'acquisto più costoso, per 15 milioni, qua il Crotone ha speso al massimo 1 milione per Budimir, salvo poi cederlo). Torniamo sempre al problema del potere d'acquisto. Non solo però. Perchè in coppa le squadre inglesi possono sbizzarrirsi, così assistiamo a una finale Bradford-Swansea, oppure vediamo il Wigan battere in finale i supercampioni del City o ancora, per quanto riguarda quest'anno, il Southampton arrivare in finale e sfidare lo United del mani bucate Mourinho. In Italia ormai si è fatto in modo di togliere anche la possibilità di sognare una Coppa Italia per le squadre meno blasonate. Hanno fatto eccezione l'Alessandra l'anno scorso (arrivata fino in semifinale) e la Sampdoria (finale nel 2008-2009). Il tifoso medio italiano, che porta agli estremi queste sue tendenze in campo internazionale, arrivando addirittura a tifare squadre straniere quando queste giocano contro una italiana rivale della propria squadra "del cuore", tiferà ancora per tantissimi anni solo per le big, perchè ormai la forbice tra le famose sette sorelle e le altre è destinata solo ad aumentare, viste le ultime riforme. Vuole vedere i campioni, non credere in qualcosa. Il fedelissimo ci sarà sempre e gioirà da impazzire quando la propria piccola e snobbata realtà otterrà qualche risultato altisonante, tenendo sempre bene a mente che sarà solo un periodo, poi torneranno le vacche magre, nella speranza che poi tornino i tempi felici, come un ciclo ineluttabile e irrimediabile, perchè credere in realtà piccole è sempre difficile, ma è forse anche la cosa che regala le soddisfazioni più pure. Questo tenendo comunque ben presente che anche le big hanno il proprio zoccolo duro, che vive la propria realtà a trecentosessanta gradi e giustamente fa festa grande quando si vince qualcosa.
La domanda da fare in questo caso invece sarebbe: ma quanto è effettivamente grande questo nucleo incrollabile? Anche qui, purtroppo, non ci sarà mai una risposta certa. Però è sempre bello anche ogni tanto provare a formulare delle semplici ipotesi su certi problemi, per provare a scuotere un po' le menti e riflettere, poi il fatto che si trovi effettivamente la risposta definitiva passa in secondo piano, ciò che conta è allenare la propria capacità di ragionare con la propria testa.