Evoluzione continua. Tecnica, tattica, psicologica. Questo ci ha dimostrato la Juventus versione 2016/17, camaleontica ma progressivamente orientata verso un equilibrio nuovo, quel diabolico modulo simil-4-2-3-1 che sfrutta al meglio il potenziale offensivo. Ieri sera, contro il Milan, la dimostrazione che l'atteggiamento fa la differenza, ma che il sistema ideato da Massimiliano Allegri funziona, eccome se funziona.
Il quarto di finale di Coppa Italia restituisce diverse sfaccettature dei bianconeri. La partita si può dividere in due tronconi: con Dybala e senza Dybala. Già questo basterebbe per descrivere l'incisività della Joya nei novanta minuti, l'uomo che rompe le linee e crea superiorità numerica alle spalle dei centrocampisti rossoneri. Movimenti orizzontali alle spalle della punta che fruttano inserimenti vincenti e, conseguentemente, gol. Anche se gran parte del merito se lo può prendere Cuadrado per l'assist di tacco.
La rete del vantaggio è idealmente il manifesto della nuova versione bianconera: la tecnica in fase di prima impostazione (lancio di Bonucci), la forza fisica e la capacità di metter le proprie doti a disposizione della squadra (prolungamento di Mandzukic), l'esplosività sulla fascia sinistra (sovrapposizione e cross di Asamoah), il potenziale offensivo (tre uomini al limite dell'area), la possibilità di sfruttare il talento (il tacco di Cuadrado e la conclusione di Dybala).
Il gioco è semplice, non si compone di tatticismi complicati e appare lineare, come piace ad Allegri. La squadra attacca in undici e difende in undici, concede pochissimo se non nulla. I meccanismi appaiono già oliati, portando a pensare che il tecnico questo modulo l'abbia già in testa dal primo giorno di ritiro, ma che saggiamente abbia scelto la via del temporeggiamento prima di scoprire le carte - sia per le assenze, sia per la non necessità, essendo i risultati comunque positivi.
Nel secondo tempo i bianconeri sciupano almeno sette buone opportunità per chiudere il conto.
Il 2-1 finale sembra sbugiardare parzialmente la prestazione, mentre in realtà è il frutto di un'insolita mancanza di cinismo, manifestata soprattutto da Mandzukic. Le occasioni non concretizzate lasciano aperta una gara che nel finale il Milan prova a rimettere in piedi, tentando di prolungarla fino ai supplementari, ma senza riuscirci. L'ultimo quarto di gara la Juventus lo disputa con un 4-4-2 lineare e poco efficace, non avendo superiorità numerica e nessuno sparigliatore in mezzo al campo, essendo Pjanic costretto a tenere la linea.
Sulle gambe, i bianconeri arrancano e riescono a gestire solo a tratti la partita, complice anche una gestione delle sostituzioni non perfetta da parte di Allegri, che ne effettua una sola, peraltro togliendo Dybala. Non benissimo, al contrario delle scelte iniziali, in particolare quella nuovamente azzeccata proprio di Pjanic in mediana.
Il bosniaco è tra i migliori nell'undici schierato da Massimiliano Allegri, non solo per la pennellata su punizione - ormai un'abitudine - ma per lo splendido lavoro in fase di impostazione e distribuzione di palla. Sostanzialmente lo stesso che svolgeva prima, quando copriva il ruolo di trequartista, ma questa volta con un raggio d'azione maggiore e partendo qualche metro indietro. Sarà ancor più interessante capire l'evoluzione tattica con il rientro di Marchisio, probabilmente già col Sassuolo domenica.
Tra i positivi vanno annoverati anche Kwadwo Asamoah e Daniele Rugani. Il ghanese sembra un giocatore nuovo, sia fisicamente che psicologicamente i progressi sono notevoli e ieri sera le scorribande sulla corsia mancina hanno portato a diversi pericoli dalle parti di Donnarumma - in attesa di Alex Sandro, titolare comunque indiscusso del ruolo. Il giovane Italiano va invece sempre più verso l'alto nelle gerarchie, mostrando con Bonucci affiatamento e capacità di gestione della palla, aspetto chiave in gare dove i bianconeri vengono pressati.
Superata dunque la seconda prova 4-2-3-1, ora arriva la terza, nel punto debole dei bianconeri in stagione: la trasferta in Serie A, sul campo del Sassuolo, là dove quindici mesi fa questa Juve nasceva, dallo sfogo di Buffon e di Evra. La vittoria potrebbe essere la chiusura di un primo piccolo cerchio, in attesa che l'Europa disegni quello più grande e più importante.