In quattro partite, in questo campionato, il Torino ha dovuto fare a meno di Andrea Belotti dal primo minuto. Contro l'Atalanta, contro l'Empoli, contro il Pescara - ma all'Adriatico il Gallo è sceso in campo nel finale di gara - e ieri, contro il Bologna. Il bilancio granata in questi quattro match parla di due punti conquistati, ma soprattutto di un solo gol messo a segno, per di più su punizione, quello realizzato a Iago Falque a Bergamo. Numeri che compongono il ritratto di una vera e propria dipendenza, quella del Toro dal proprio numero 9, numeri che impressionano ancor di più se si pensa che quello granata è tutt'ora il quarto attacco più prolifico del torneo, nonostante la flessione dell'ultimo mese e mezzo. In molti hanno provato a spiegare così, con la tesi della "Belotti-dipendenza", la prestazione opaca - per utilizzare un eufemismo - offerta dal Torino ieri al Dall'Ara. C'è del vero, lo dicono i numeri, ma c'è anche dell'altro, perchè gli scricchiolii di quel bel giocattolo che era il Toro del girone d'andata non sono di certo iniziati contro i felsinei.

La tappa del Dall'Ara ha visto in campo un Toro troppo brutto per essere vero, ma è stata solamente l'ultima di un'involuzione in corso già da qualche settimana. Nelle ultime sette gare i granata hanno vinto solo una volta - 1-0 contro il Genoa nel turno pre-natalizio, firma di Belotti, e di chi sennò? - raccogliendo ben quattro sconfitte, una in più di quante ne erano arrivate nelle precedenti 14 partite. Non basta l'assenza di Belotti, presente nella precedenti sei gare, a spiegare il pomeriggio da incubo vissuto dai granata al Dall'Ara: il Bologna, strapazzato all'andata e sommerso da un perentorio 5-1 all'Olimpico, si è trovato di fronte una squadra spenta, scarica, dalle gambe molli e dalle idee annebbiate. A Mirante non è parso vero di poter vivere un pomeriggio da spettatore non pagante, ed i rossoblù si sono presi l'intera posta in palio senza nemmeno dover pigiare il piede sul pedale dell'acceleratore: per la prima volta in stagione la batteria di attaccanti granata è risultata totalmente inoffensiva, incapace di creare il benchè minimo pericolo dalle parti della porta felsinea. Aspetto, quest'ultimo, davvero insolito per una squadra, il Torino, che finora era riuscita a produrre un buon numero di occasioni da rete anche nelle giornate più grigie.

Hart ha limitato i danni a Bologna (www.toronews.net)

Come spiegare quest'evidente calo di prestazioni culminato ieri pomeriggio sul prato del Dall'Ara? L'impressione è che i granata abbiano perso lo smalto della prima parte di campionato: smalto inteso come condizione fisica, ma anche come consapevolezza nei propri mezzi e convinzione nel provare anche le giocate più difficili e rischiose. Il Toro del girone d'andata aveva fatto della feroce aggressività e della freschezza fisica i suoi punti di forza, qualità che avevano permesso a Mihajlovic e ai suoi di superare anche squadre tecnicamente più attrezzate: il 3-1 inflitto alla Roma fu l'emblema di questa capacità, quella di colmare il gap tecnico servendosi della cora e del furore agonistico. E poi? Poi la spia della riserva si è accesa, il carburante nelle gambe e nei polmoni dei giocatori ha iniziato a scarseggiare - prova lampante di questo fatto l'impressionante serie di rimonte subìte nei secondi tempi - e il tecnico serbo ha avuto il demerito di non riuscire a variare il tema tattico della sua squadra.

Il Toro di Mihajlovic, insomma, sa giocare solamente in una maniera, vale a dire attaccando a testa bassa, aggredendo l'avversario per 90 minuti più recupero. Strategia dispendiosa, strategia che può senz'altro funzionare quando la condizione fisica dei giocatori è al top, ma che può presentare crepe nel momento in cui la forma tende verso il basso. Occorrerebbe in questo caso correre ai ripari, studiare una sorta di piano B che consenta al Toro di dire la sua anche nei periodi di freschezza atletica non esattamente al massimo: Mihajlovic, per testardaggine o per demerito, ad oggi non è stato in grado di individuare questa strategia alternativa. E lo stato confusionale del tecnico granata si è manifestato in maniera eloquente proprio nel secondo tempo di Bologna, quando, con il Toro sotto 1-0, Mihajlovic ha schierato contemporaneamente Ljajic, Martinez, Iturbe, Boyè e Iago Falque, per uno scellerato 4-1-5 privo di una qualsiasi logica tattica, che ha prodotto come unico risultato il raddoppio di Dzemaili.

Ljajic evanescente (www.toronews.net)

Per Mihajlovic è forse giunto di mettere da parte gli atteggiamenti da sergente di ferro che hanno prodotto casi come quello di Baselli, ad oggi ancora ingabbiato nel suo limbo da eterna promessa, e quello recentissimo di Maxi Lopez: non è più tempo per i proclami, serve lavorare a testa bassa per raddrizzare una stagione nata sotto i migliori auspici, che ora rischia di sfuggire di mano. Il treno europeo, quello sì, sembra definitivamente perso, ma, a onor del vero, lo stesso Mihajlovic aveva parlato in estate di Europa da raggiungere in due stagioni, anche se poi le ottime prestazioni del Toro avevano fatto venire l'acquolina in bocca a lui e a tutti i tifosi. Dopo qualche mese vissuto a ritmi mozzafiato, Mihajlovic deve trovare l'antidoto - che sia tattico, mentale o proveniente dal mercato - per non far colare a picco questo Toro.

Fallire la qualificazione all'Europa League non è di certo un delitto, mentre gettare alle ortiche quanto di buono fatto vedere nella prima parte del torneo con un girone di ritorno mediocre sarebbe, questo sì, un peccato mortale.