Un anno e mezzo di Juventus, una centralità sempre più importante e trofei che piovono nonostante la delusione in Supercoppa. Sami Khedira era arrivato con una bella dose di problemi al seguito sotto la Mole, le prime difficoltà sue e della squadra sono state spazzate via con l'impegno minuzioso di tutto il gruppo. "Le tipologie di skills della società campione d'Italia sono simili a quelle di Pep Guardiola - ammette Khedira nella lunga intervista alla Bild, pur non avendo mai lavorato con il catalano - con un allenamento intenso, tanta video-analisi e molta tattica". 

L'abbinamento con l'attuale allenatore del Manchester City nasce dalla discussione sulla figura di Carlo Ancelotti, ex tecnico nel periodo blancos: "Lo conosco bene, dà molte libertà ai calciatori perchè desidera che producano creatività". Con Ancelotti, Khedira ha vinto la Champions League 2014, due mesi prima il trionfo nel mondiale brasiliano con la nazionale tedesca: "Mi sono trovato alla grande con lui, le vittorie conseguite parlano per lui. Penso che le esperienze estere abbiano plasmato Carlo: non è il tipico italiano". 

Proprio sull'appartenenza e le caratteristiche sempre più sfumate di un individuo di un determinato Paese, il centrocampista la pensa in questa maniera: "Non esiste più la tipicità: vai in un ristorante di Stoccarda o Torino e troverai moltissime nazionalità differenti". A portare l'allegria ci pensano spesso e volentieri i sudamericani: "Sia Cuadrado, sia Marcelo al Real Madrid mi prendevano in giro per la mia concentrazione a pochi minuti dalla partita. Volevano che io ballassi: non amo questo genere di cose, probabilmente perchè non sono un bravo ballerino".

E' un Khedira molto riflessivo quello che affronta le domande dei giornalisti tedeschi, discute più del lato extra calcistico che di ciò che avviene sul terreno di gioco. Le tradizioni sono una componente importante di ogni Paese, Sami lo sa bene: "Una volta, appena arrivato a Madrid, chiamai un tecnico della TV con appuntamento alle 10. Pensavo sarebbe arrivato alle 9.55, invece si presentò alle 17. A sua discolpa disse che dovevo essere contento che fosse venuto". Sull'esperienza torinese c'è differenza, la mentalità è più vicina alla sua: "A Torino si è più vicini al pensiero tedesco, tutti lavoratori con la puntualità nel sangue. Nonostante il rigore, anche qui c'è il tempo per stare in famiglie e degustare un buon vino rosso".