Fine dell'anno amara per la Juve che ai rigori perde la finale della Supercoppa italiana contro il Milan. Per il tecnico Massimiliano Allegri si tratta della seconda sconfitta nel torneo, dopo quella patita contro il Napoli due anni prima, sempre a Doha e sempre ai rigori. Onore ai rossoneri, che conquistano un trofeo dopo cinque anni di digiuno. Vincenzo Montella realizza un vero e proprio capolavoro, valorizzando una rosa che sulla carta vale poco; è l'ex bomber della Roma la guida della rinascita milanista. Dal punto di vista tattico, la Vecchia Signora disputa una partita deludente e senza quella grinta e fame di vittoria che l'aveva caratterizzata negli ultimi impegni di campionato: forse è stata la sfortuna, forse la stanchezza dei giocatori, fatto sta che la sconfitta è dovuta anche a errori di troppo. Il Milan, dal canto suo, ci crede fino in fondo ed offre una performance superlativa, giocando a viso aperto senza temere la superiorità tecnica degli avversari.
Nella gara di ieri pomeriggio, possiamo dire che Allegri abbia apportato dei cambiamenti al suo sistema di gioco: il 4-3-1-2 utilizzato in partenza sembra far pensare allo stesso sistema della gara con la Roma, ma invece ci sono delle differenze. La variante del modulo adottato dal livornese è rappresentata soprattutto da Pjanic: il centrocampista bosniaco parte dalla trequarti, ma può anche indietreggiare nella linea di centrocampo, dando vita a un normalissimo 4-4-2. La possibilità di Miralem di spostarsi è una scelta di prevenzione, ovvero che in caso di contropiede avversario ci sia la presenza di un uomo in più nella metà campo a recuperar palloni importanti.
Nel secondo tempo, con l'entrata di Dybala proprio al posto dell'ex Roma, la Juve passa ad un 4-3-3 con l'argentino in posizione più arretrata da trequartista: sostanzialmente, il fantasista bianconero svolge lo stesso ruolo di Pjanic, ma ha dato maggiore imprevedibilità in fase di realizzazione grazie alle sue doti palla al piede. L'avvio di gara fa sorridere Allegri. I suoi giocatori affrontano la partita con grande personalità e scoraggiano ogni tentativo milanista di manovra. Viene cercato più volte il gol del vantaggio che finalmente arriva grazie all'inserimento di Chiellini su corner. Il Milan non reagisce e sembra mostrare un atteggiamento di arrendevolezza: la Juve, così, è veramente impossibile da battere...
Nonostante Kucka e Bertolacci ingabbino Marchisio, la manovra juventina arriva dalle fasce grazie alle avanzate di Sandro e Sturaro. Il brasiliano e l'azzurro sembrano mostrare un'ottima intesa nelle ultime partite e riescono a mettere in difficoltà gli avversari con un pressing grintoso e aggressivo. Il numero 27 bianconero si presenta più volte nell'area di rigore del Milan, diventando quasi un terzo attaccante: si inserisce bene e finalizza numerose occasioni da gol. Grande partita di sacrificio giocata da Alex, che è in questo momento il vero e proprio iniziatore della fase di costruzione della sua squadra.
L'uscita per infortunio del numero 12 della Juve pesa tanto, perché da quel momento in poi la Vecchia Signora si perde. Evra non ha le stesse caratteristiche di Sandro, è più utile in fase difensiva che in quella realizzativa; ciò rallenta la manovra torinese, che non ha più il suo principale incursore. Sturaro non riceve più palloni dalle fasce e le occasioni diminuiscono, anche perché Higuain gioca una partita abbastanza anonima. Ciò permette al Milan di sperare e a rinvigorire il possesso palla, creando varie occasioni con i suoi principali interpreti. Tra questi, Suso merita una speciale menzione; l'ala spagnola sfrutta il calo della Juve ai lati e spinge proprio dove fa più male, inventando occasioni che fanno spaventare più volte gli avversari. Il numero 8 rossonero fornisce anche l'assist decisivo per la rete del pareggio siglata da Bonaventura.
Nel secondo tempo i campioni d'Italia perdono anche Sturaro, aggiungendo ulteriori sventure ad un amaro pomeriggio. Per arginare le folate di Suso e compagni, Allegri decide di adottare qualche cambiamento nella formazione scambiando le posizioni delle due mezzali Khedira e Lemina (subentrato proprio a Sturaro), con il tedesco che va a coprire la fascia di competenza del centrocampista azzurro. Scelta azzeccata da parte del coach juventino poiché i suoi giocatori soffrono meno l'avanzata dei milanesi e azzardano maggiormente il possesso della sfera. Il successivo ingresso di Dybala e il passaggio al tridente d'attacco danno vita ad una seconda fase di arrembaggio bianconero, con Gigio Donnarumma che viene richiamato a rispondere ai tentativi avversari.
Tale fase, però, termina presto a causa della stanchezza degli uomini in campo e la partita si allunga ai supplementari. La gara di quest'anno non è come quella del 2003, quindi gli extra-time vengono giocati fino all'ultimo secondo. Allegri è senza cambi e non può aggiungere forze fresche in campo: l'unica cosa che può fare è quella di sfruttare il fattore psicologico, invitando i suoi ragazzi a non mollare e tenere duro per altri trenta minuti. Tornando all'analisi, si passa alla fase di Dybala trequartista il quale provoca qualche grattacapo alla retroguardia milanista. Paulo, però, è anche lui un essere umano e molla la presa come tutti i suoi compagni: cala fisicamente anche Mandzukic, dopo aver corso anche lui per tutto l'incontro. I giocatori non ce la fanno più, la partita si addormenta e il risultato non cambia: 1-1 e la partita viene messa nelle mani della "dea bendata", che benedice il Milan. L'immagine di Dybala in lacrime è il simbolo di un'occasione mancata.