Poteva andare meglio. Il Toro ha staccato il pass per gli ottavi ed ha eliminato il Pisa, sì, l'obiettivo è stato centrato, sì, ma di certo i granata, e Mihajlovic in primis, pensavano e speravano di non aver bisogno dell'appendice dei supplementari per disfarsi di una squadra, quella guidata da Gattuso, che galleggia nella colonna destra della classifica della Serie B. Poteva, però, anche andare peggio: già, perchè se Padelli non si fosse scrollato di dosso la ruggine accumulata in panchina negli ultimi mesi e non avesse sfoderato il salvifico miracolo sul colpo a botta sicura di Lisuzzo, nel secondo tempo, forse ora staremmo scrivendo di una clamorosa eliminazione del Torino. Un Toro di riserva (neanche uno dei "titolarissimi" in campo dal primo minuto) che esce quindi dalla sfida al Pisa con luci ed ombre, con segnali confortanti a cui fanno da contraltare alcuni piccoli campanelli d'allarme. I granata, infatti, fino all'infortunio di Lazzari che ha lasciato i toscani in dieci, hanno evidenziato una certa fatica nel fare breccia nel fortino allestito da Gattuso: decisamente sorprendente, se si pensa che quello del Toro è ad oggi il secondo attacco della Serie A. Solo durante i supplementari, con il Pisa ridotto in inferiorità numerica, il Toro è letteralmente esondato andando a segno per quattro volte in meno di mezz'ora. Per contro, la distrazione che ha messo sul destro di Lisuzzo la palla che avrebbe potuto valere il colpaccio è stata l'unica della gara: nel resto del match, pur incontrando difficoltà nell'andare alla conclusione, il Toro ha costantemente mantenuto il pieno controllo delle operazioni, lasciando a Cani, centravanti del Pisa, solamente le briciole.
L'incontro casalingo contro i toscani, oltre a valere l'accesso agli ottavi di una competizione che il Toro, ambendo ad un piazzamento europeo, non può permettersi di snobbare, rappresentava per le seconde linee granata un fondamentale banco di prova, una ghiotta chance per scalare le gerarchie disegnate da Mihajlovic. Detto di Padelli, decisivo con il suo intervento salva-risultato, l'esame ha visto senz'altro tra i promossi Gustafson, giovane svedese al debutto assoluto in granata, chiamato in causa dopo l'infortunio, l'ennesimo, di Obi. Lo scandinavo ha mostrato un piede educato, grande dinamismo e ottimi tempi d'inserimento: Mihajlovic, insomma, può contare anche su di lui. Buone anche le prove di Ajeti, al netto di un attacco, quello pisano, che non ha dato troppo fastidio a lui e al compagno di reparto Bovo, e De Silvestri, costantemente propositivo sulla corsia di destra. Indecifrabile la recita di uno degli attori più attesi, Lucas Boyè: il giovane argentino ha alternato giocate sopraffine a clamorose ingenuità, dribbling deliziosi a sanguinose palle perse. Insomma, la qualità c'è ed è sotto gli occhi di tutti, la lucidità nelle scelte e la continuità di concentrazione vanno ancora affinate.
Tra i bocciati figura senz'altro Martinez, il solito Martinez arruffone e confusionario che non ha mai trovato il guizzo giusto, finendo per essere sostituito da Belotti, decisamente più pungente là davanti. Opaca anche la prova di Lukic, che ha messo in mostra in regìa ritmi troppo compassati: il serbo, per tornare utile alla causa, dovrà obbligatoriamente aumentare i giri del motore, ma il tempo è dalla sua parte. Sostanzialmente sufficienti le prove delle altre "riserve" granata (anche se a Mihajlovic, che sostiene di avere una rosa di titolari, questo vocabolo non piacerà): Moretti non offre la freschezza atletica di Barreca, ma garantisce solidità ed esperienza in fase di contenimento, discorso analogo per Maxi Lopez, decisamente più statico di Belotti, ma sempre utile nel lavoro di sponda e nello smistamento del pallone spalle alla porta. Quasi scontato il commento sulle prestazioni di Belotti e Ljajic, subentrati a gara in corso: è dopo il loro ingresso che il Toro ha vinto la partita, è dopo il loro ingresso che la diga pisana è crollata. Se le seconde linee hanno offerto a Mihajlovic luci ed ombre, il tecnico serbo può quindi consolarsi con i suoi uomini di punta: quelli no, non tradiscono mai.