Massimiliano Allegri aveva capito tutto, o quasi, ancora una volta. Era evidente avesse visto i suoi più distesi dai risultati, rilassati per certi versi, essendo capaci di camminare sette punti sopra gli altri senza mai offrire il 100% alla causa, complici lacune tecnico-tattiche parzialmente trascurabili e soprattutto infortuni pesanti, i quali hanno di conseguenza portato a questi buchi. Il risultato è forse anche peggio di quanto il tecnico bianconero potesse probabilmente pensare, ma sapeva che senza un cambio di atteggiamento e maggior fame, la Juventus sarebbe capitolata in casa del Genoa, perdendo malamente per 3-1. In conferenza stampa alla vigilia del match lo aveva chiaramente chiesto ai suoi: "dovremo metterci sul loro piano", di intensità e soprattutto fame agonistica. No, nulla di tutto ciò.
"Dovremo metterci sul loro piano"
La versione bianconera che mette piede in campo non è inizialmente intimorita dal pressing avversario, perchè un difensore che ha paura non azzarda un colpo di tacco dopo 3' in una situazione di pericolo: Bonucci ci prova, perde palla, Buffon e Sandro ci mettono tre pezze ma Simeone buca alla quarta. Da quel punto in poi, dopo l'errore di uno dei suoi leader, la Juventus inizia a sciogliersi come un pupazzo di neve al sole.
Il Genoa corre all'impazzata per tutto il campo, pressa, riparte, si muove. E dieci minuti dopo, altra doccia gelata per Buffon. Alla mezz'ora il sigillo del 3-0, poi, finalmente, i campioni d'Italia decidono di entrare in campo, paradossalmente mostrando tratti di gioco fin qui esposti in pochissime occasioni. Le chances di recuperare il match si infrangono realisticamente sul rigore non concesso al 41' per fallo di Ocampos su Mandzukic e poco più tardi, a inizio primo tempo, quando Khedira da pochi passi mette sul fondo. Pjanic, stranamente tra i migliori in campo, prova a riaprire la gara con la specialità della casa, ma aumenta solo l'amarezza per una partita letteralmente sciupata.
"Sette punti sembrano tanti, ma sono assolutamente pochi"
Già, sciupata. Buttata via. Allegri, previdente, aveva provato a scuotere l'ambiente, mandando un segnale forte in conferenza stampa. La Juventus con 7 punti di vantaggio non può stare tranquilla, per quanto superiore alle altre sia (e resti, per ammissione anche delle avversarie), perchè le insidie sono sempre dietro l'angolo. Ieri al Ferraris la prova tangibile di una teoria che non aveva in realtà bisogno di altre dimostrazioni.
La sconfitta della Juventus affonda però le proprie radici in un terreno fertile, le assenze dei leader e le mancanze di altri. I campioni sono essenziali per raggiungere i traguardi prefissati, ma i leader tecnici e di spogliatoio in una squadra di calcio contano probabilmente di più. Fortuna vuole che ai bianconeri queste figure coincidano. Ieri non risultavano in formazione Barzagli, Chiellini, Marchisio e Dybala, mentre Higuain si è alzato dalla panchina già sul 3-0.
Senza questi uomini, la (comunque) capolista perde buona parte dell'identità, della fame e della carica necessaria per fare punti contro un Genoa così in vena, innescando una concatenazione di eventi più o meno rari la quale determina il risultato finale: il già citato tacco di Bonucci, Lazovic che fa sembrare Alex Sandro - andato totalmente in confusione e tra i peggiori in campo - un paletto da dribblare in allenamento, Benatia che puntualmente perde l'uomo in piena area, gli anticipi a centrocampo del grifone e gli ultimi passaggi sbagliati dai rifinitori bianconeri, Cuadrado su tutti.
Parlare di esperimenti tattici da parte di Allegri sembra comunque avventato, poichè l'allenatore livornese ha messo in campo i migliori a disposizione, eccezion fatta per Marchisio e Higuain, entrambi da gestire per diverse ragioni. Cuadrado ha già ricoperto il ruolo di seconda punta, Dani Alves da interno era una mossa sensata per cercare subito miglior palleggio ed evitare la pressione, non riuscita per una cattiva interpretazione del singolo. In tutto questo si inserisce il povero Mandzukic, ripetutamente abbandonato in avanti al proprio destino senza una spalla, almeno fino all'ingresso del Pipa, con il quale ha anche cercato un paio di combinazioni - novità e nota leggermente positiva, insieme a Pjanic tra i meno peggio.
Da qui a Doha, sede della Supercoppa e spartiacque della stagione, la Juventus dovrebbe cercare un undici più o meno fisso, recuperare certezze e ristabilire gerarchie in campo. In questo senso il rientro di Dybala, che tornerà finalmente in coppia con Higuain, è più di un toccasana. La lontananza dai campi della Joya è stata spesso additata come la causa principale di tutti i mali dal punto di vista tecnico: all'ex Instituto de Cordoba dimostrare la ragione di questa scuola di pensiero. In attesa di quel tanto agognato marzo, la Juventus ha di nuovo bisogno del talento del 21 per affrontare un calendario complicato.