Per trovare un Toro così prolifico nelle prime dodici giornate di campionato bisogna risalire fino alla stagione 1947-1948. Era il Grande Toro, quello di capitan Valentino Mazzola, quello degli Invincibili: gli eroi che un anno più tardi lo schianto di Superga avrebbe consegnato al mito, nel loro penultimo campionato misero a segno 37 reti nelle prime 12 uscite. Quello attuale, guidato da Mihajlovic, ne ha segnati 27 nello stesso numero di gare. No, non stiamo per avventurarci in un paragone che avrebbe del blasfemo: il dato, però, rende l'idea di una squadra, il Toro, che dopo un'estate di rivoluzioni si è trasformata in una vera e propria macchina da gol. La cinquina rifilata al Cagliari si aggiunge a quella con cui i granata avevano sommerso il Bologna, alle quattro reti infilate nel sacco al Palermo, al tris contro la Roma: un ruolino di marcia che, come abbiamo visto, in casa Toro assume sfumature da leggenda. Nemmeno il Torino scudettato di Radice, per dire, segnava con così disarmante facilità e regolarità.

Sinisa Mihajlovic (www.torinofc.it)

Rivoluzione granata, dicevamo. Sì, non è un'iperbole: l'avvento di Mihajlovic all'ombra della Mole, dopo un'era Ventura durata cinque anni, ha rivoltato come un calzino l'ambiente, sia dentro che fuori dal campo (leggasi allenamenti quasi sempre a porte aperte, altro aspetto spesso contestato a Ventura dai tifosi del Toro). E al di là dei risultati, che di certo aiutano e stanno dando ragione al tecnico serbo, a (ri)conquistare un popolo granata tendente alla depressione dopo l'ultima grigia stagione di Ventura è stata la mentalità che la squadra ha saputo mettere in campo, salvo rari passaggi a vuoto, in questo primo terzo di campionato. Una mentalità in linea con quello che è lo spirito granata per eccellenza, con quel "tremendismo" che secondo tanti faceva difetto all'attuale Ct azzurro: se il Toro di Ventura si affidava ad un possesso palla prolungato ma orizzontale in attesa di pungere in eventuali varchi lasciati dagli avversari, quello di Mihajlovic è di gran lunga meno paziente, ma allo stesso tempo più incisivo.

I granata versione 2016-2017 non attendono gli errori dell'avversario, bensì li provocano con un'aggressività feroce, con una pressione incessante sul portatore di palla. La straordinaria produzione offensiva del Toro è quasi una conseguenza della mentalità che Mihajlovic ha cercato di inculcare nei suoi ragazzi fin dai primi giorni di ritiro. I granata non si limitano al mero pressing fine a sè stesso, ma una volta recuperata la sfera attaccano sistematicamente con almeno sei uomini: i tre che compongono il tridente, le due mezzali e almeno uno degli esterni bassi, puntualissimi nelle loro sovrapposizioni.

Benassi: quattro gol in campionato (www.torinofc.it)

Chiaro ed inevitabile che un Toro così esondante in fase di possesso porga il fianco a qualche rischio in più in una fase, quella difensiva, che rimane il tallone d'Achille della squadra. Contro il Cagliari, al netto di una prova comunque pienamente positiva, l'ennesima sbavatura, l'ennesimo gol di testa incassato. Dieci reti subìte (su sedici totali) scaturite dai palloni alti: è questo l'aspetto in cui il Toro deve migliorare, è questo che manca ai granata per potersi stabilmente inserire nel lotto delle pretendenti all'Europa League. In quest'ottica, il mercato di gennaio, con il tesoretto scaturite dalle cessioni eccellenti dell'estate (Glik, Maksimovic, Bruno Peres), potrebbe fare la differenza.

Un altro tesoretto, questa volta tecnico, è quello composto dai giocatori che Mihajlovic sta valorizzando. Il momento del positivo del Toro è infatti la somma di tanti momenti di grazia, quelli dei singoli giocatori granata. Si parte dai giovani che stanno trovando la loro (forse) definitiva consacrazione, come Zappacosta, Baselli, Benassi e Belotti, si passa dai talentini in erba che si stanno affacciando per la prima volta sul pianeta Serie A (Barreca, che ha appena rinnovato fino al 2021), si arriva a quei giocatori approdati a Torino in cerca di rilancio: Valdifiori, Ljajic e Iago Falque hanno trovato all'ombra della Mole un'isola felice nella quale rilanciarsi dopo stagioni opache trascorse sulle panchine delle big del torneo.

Iago Falque (www.toronews.net)

Tanti fattori che, mescolati da Mihajlovic, stanno producendo il Toro più prolifico degli ultimi cinquant'anni. Se alla quantità industriale di gol realizzati corrisponderanno anche risultati di prestigio lo saprà dire solo il tempo. Per il momento, comunque, all'Olimpico Grande Torino (ancora imbattuto in questa stagione) ci si diverte come non succedeva da tempo. Un ultimo dato per rendere l'idea: stagione 2006-2007, il Torino di De Biasi, salvo alla penultima giornata, segna nell'arco dell'intero campionato 27 reti. Esattamente quante quelle messe a segno dal Toro di Mihajlovic. In dodici partite, però: son tornati i tempi d'oro? Il popolo granata, senza scomodare gli eroi di Superga ed avventurarsi in paragoni blasfemi, se lo augura.