"Mi chiamo Bruno e vengo da Maia". Così, sfoggiando un italiano tremolante, e contaminato dal portoghese, si è presentato al calcio nostrano un gracile e timido ragazzino. Il suo nome era Bruno, Bruno Fernandes.
Dagli albori in quel di Novara, Bruno, di prati ne ha calcati parecchi su e giù per lo stivale del Bel Paese. In Piemonte, sotto l'occhio vigile dell'Udinese, - club che di giovani sa il fatto suo - Bruno ha mosso i primi passi fuori dal Portogallo. Mezz'ala, trequartista o esterno d'attacco. La caratteristica che più impressiona è la duttilità, capacità di stare a proprio agio un po in ogni zona del campo. Eleganza, senza alcun dubbio, è un'altra skill che lo distingue dal resto del plotone. La cura con cui tocca il pallone, amico di una vita, è innata e lo si capisce guardandolo giocare per pochi minuti. Non a caso, oggi a 22 anni appena compiuti, Bruno Fernandes è il capitano di una delle Nazionali Under 21 più forti al mondo: quella portoghese. Pronto a compiere il grande salto verso la Nazionale di CR7, Fernandes, prima di tutto ha messo in testa l'obiettivo doriano.
In estate, dopo l'addio di Joaquin Correa, la società di Massimo Ferrero ha deciso di puntare sul ragazzo di Maia, nel frattempo divenuto un pilastro dell'Udinese. Il suo passaggio dall'altra parte delle Alpi, a ovest, viene accolto quasi in sordina in un calciomercato fatto di colpi cosmici e cifre astronomiche. Giampaolo però, ne è sicuro: l'acquisto di Bruno Fernandes si rivelerà decisivo.
L'avvio di stagione della Sampdoria è positivo. Muriel stacca dai blocchi come Bolt nei 100 metri, e la squadra blucerchiata si piazza subito in alto. Non è lo stesso per Bruno, reduce da una stagione personale più che positiva con l'Udinese. Con Iachini prima, con De Canio poi, lo spazio è lo stesso: quello da titolare. Alla Dacia Arena, Fernandes completa il processo di maturazione richiesto per diventare un crack. Tanti assist, qualche gol e una grande continuità di rendimento. Il ragazzo gracile di Novara, tutta tecnica e fantasia, si forma anche dal punto di vista fisico andando a rivestire con una certa naturalezza il ruolo di mezz'ala nel 3-5-2 friulano.
A Genova però, il tecnico blucerchiato - almeno in avvio di stagione - gli preferisce Alvarez. Lui, Bruno, tanto educato quanto rispettoso, non batte ciglio.
La carta d'identità, 8 settembre 1994, potrebbe anche giustificare un'accenno di reazione o polemica che dir si voglia. Invece, a Bogliasco non si verifica nulla di tutto ciò. Il clima resta sereno e il portoghese inizia a macinare minuti.
Che il feeling sia quello giusto, lo si capisce dal primo gettone: Sampdoria - Milan mette in luce un Bruno protagonista, anima del gioco d'attacco della 'sua' Sampdoria. I movimenti con il duo Muriel - Quagliarella sono già ben oleati; le direttive di Giampaolo vengono applicate in pieno. Arriva l'immeritata sconfitta, ma la prestazione e la sensazione, sono quelle giuste.
La sfortuna però, vuole che Bruno entri nei meccanismi doriani in un momento di difficoltà. La squadra perde improvvisamente brillantezza e partita dopo partita la situazione inizia a peggiorare. Si parla anche di un Giampaolo in bilico, ma le voci vengono alimentate solo da chi, la Samp non l'ha mai vista giocare. I fatti, dicono che la Doria gioca bene, e cosa più importante, che i giocatori seguono il Mister.
Bruno Fernandes ne è l'esempio lampante. Panchinati Ricky Alvarez e l'oggetto misterioso Praet, il portoghese diviene nel giro di poche partite il faro sampdoriano. Il giocatore da cui si sviluppa tutta l'intenzione del Mister abruzzese.
Se lo scorso anno l'Empoli è riuscito a memorizzare lo stile tentacolare offerto da Maurizio Sarri, a Genova, Giampaolo ha dato un'impronta chiara e netta di quello che è il suo stile. Sfruttando le caratteristiche della propria rosa, l'ex Siena ha creato una squadra di mezzofondisti. Tutti al 100% fino alla morte. Corsa, dunque, ma anche astuzia. Con una coppia centrale rocciosa e degli esterni di difesa anche abbastanza bloccati, Giampaolo ha ben pensato che la fase offensiva si potesse sviluppare attraverso la vecchia arte del contropiede. In questo modo, con un centrocampo fisico, - Linetty e Torreira per citarne un paio - il lavoro di raccordo tra il pallone e gli attaccanti sarebbe spettato al trequartista, appunto Bruno Fernandes.
Con l'investitura del suo allenatore, Bruno ha compiuto lo step in avanti. I gol, arrivati nel momento più difficile della stagione, hanno dimostrato la personalità innata di questo ragazzo. Gli assist e le giocate - sempre finissime ma mai fini a se stesse - hanno certificato le doti fuori dal comune. Bruno, minuto dopo minuto, partita dopo partita, è diventato anima della Sampdoria. Anello di congiunzione necessario per collegare l'esplosività di Muriel e Quagliarella con il resto dei compagni.
L'Inter e Frank De Boer - a cui la sconfitta di Genova è costata la panchina - ne sanno qualcosa. Con i nerazzurri, squadra a cui Bruno segnò un gol magnifico ai tempi dell'Udinese, il portoghese si è superato. Corsa e qualità, sì, ma anche tanto altro. Movimenti perfetti, mai indirizzati verso una porzione di campo ben precisa, abbinati ad una posizione spinta quasi a ridosso delle due punte, hanno permesso a Bruno di mimetizzarsi tra seconda e terza linea interista. Il risultato parla chiaro: la Samp ha vinto, ha stravinto per mole di gioco, per qualità, ed espressione di calcio. Le idee di Giampaolo, lo scorso anno incatenate da un calciatore con caratteristiche diverse, - Saponara - hanno preso il sopravvento con Fernandes, corridore, equilibratore e rifinitore.
La duttilità infatti, in Bruno non manca mai. Quando la Samp soffre, Fernandes scala a centrocampo. Da 4-3-1-2 a 4-4-2 con il portoghese esterno a sinistra. Il momento di riconquista, il taglio immediato al centro e poi la magia. Con il pallone tra i suoi piedi, anche il Ferraris ha capito, qualcosa di magico sta per succedere. Il brusio sale, lo spettacolo cresce, l'attesa divampa.
Così, con la semplicità di un ragazzo 22 enne, incredibilmente legato alla famiglia e alla religione, la Sampdoria ha imparato a divertire e a divertirsi.
Così, magari ricordando agli albori di Novara, vien da pensare: "Sì, il ragazzo di strada ne ha fatta...ma il meglio deve ancora venire".